MENU

LA PASSIONE DI SCRIVERE

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

21
SET
2017

Mentre cullava il sogno di mettere insieme una raccolta di racconti o perfino un romanzo da pubblicare con una grande casa editrice, Orlando si accontentava di scrivere per delle piccole riviste locali e si barcamenava tirando avanti con impieghi saltuari, con lo stipendio della moglie Melania ed escogitando piccole truffe, dopo di che gli toccava lasciare tutto e ricominciare da capo da un’altra parte.
Per tutta la vita non aveva desiderato altro che fare lo scrittore e quando finalmente aveva cominciato a pubblicare racconti,ormai cinquantasettenne, due figli già grandi, diversi lavori etanti traslochi alle spalle più un matrimonio logorato da delusioni e tradimenti, la sua salute era ormai irrimediabilmente compromessa.
Per quanto tempo poteva ancora andare avanti così, con quella vita di espedienti e assoluta devozione alla scrittura?Con quella vita che gli era sembrata romantica a vent’anni, pericolosa e ammirevole a trenta, ma che superati i quaranta era diventata soltanto patetica?
Orlando, che da tempo si teneva in equilibrio tra l’alcolismo e un’esistenza precaria, stava ormai perdendo il controllo di se stesso: beveva superalcolici tutto il giorno; con la moglie Melania si prendeva e si lasciava;aveva l’aspetto di un uomo malato e per lunghi periodi si chiudeva in casa e in se stesso e si isolava.
Èstrano raccontare un esordio come se fosse un epilogo, ma Orlando andò davvero vicino alla morteancora prima di diventare uno scrittore affermato. Solo all’ultimo, nell’ultimo vicolo cieco in cui si era cacciato,si aprì uno spiraglio. Il libro desiderato e maledetto, perché non riusciva a finirlo, gli salvò la vita. Ma prima dovette comunque toccare il fondo – i ricoveri in ospedale, la fine del suo matrimonio, i giorni che restava rintanato in casa per sfuggire ai creditori – ma intanto il libro lo aveva finito ed era stato pubblicato e stava conquistando i lettori, riconoscimenti letterari, la stima di altri scrittori e anche l’interesse degli editori.
Quel suo primo libro cominciò a mostrargli qualcosa di cui aveva smesso di pensare da tempo: un futuro migliore. E fu proprio il desiderio di quel futuro migliore a dargli la forza di smettere di bere e a fargli incontrare la donna fondamentale per la sua felicità, la sua salute e la sua scrittura. Teresa, con cui iniziò una seconda vita, più serena e felice della prima. Non tanto lunga, purtroppo, perché il suo fisico era stato ormai minato. Ma“i dieci anni di benessere”, come li avrebbe chiamati lui in punto di morte e in cui lavorò intensamente, gli dettero grandi soddisfazioni e lo fecero conoscere a tutto il mondo.Quei dieci anni furono una seconda vitaperOrlando Coveri: lo spartiacque tra una vita e l’altra.
Si potrebbe dire che scrisse nella seconda vita ciò che gli era capitato nella prima. E serve ricordare che Orlando era figlio di contadini, passati attraverso il boom economico dal lavoro nei campi a quello in fabbrica. Era l’epoca della migrazione di massa, della speranza facile, del sogno metropolitano e lui, lassù al nord, andò a lavorare prima alla costruzione di edifici, poi allarealizzazione di strade e viadotti, e in seguitolavorò anche in una falegnameria. Tecnico specializzato, recitava il suo libretto di lavoro, ma si potevatranquillamente definire semplicemente operaio generico.Dal padre fu educato alla caccia e alla pesca e alle cose da uomini, ma non al rapporto col mondo che lo circondava.
Orlandoconobbe il lavoro duroquand’era ancora ragazzo e lo continuò a fare anche da adulto, eppure non ne scisse mai nulla. Era un uomo fragile, diviso in due, una metà della quale soffriva di un male misterioso e che lui curava con la medicina meno indicata: il whisky scadente che teneva sempre a portata di mano e che la sua seconda moglie, di nascosto, gli annacquava.
Un giorno ebbe un incidente e non riuscì più a lavorare come prima e a cinquant’anni il suo aspetto era già quello di un vecchio dimagrito, pallido, ma sempre con quell’aria trasognata che lo aveva caratterizzatoin gioventù.
Alcool, alienazione mentale, inadeguatezza al proprio ruolo di padre, una malattia psichiatrica evocata e mai curata nénominata: sono rimasti i temi più oscuri di Orlando Coveri, e furono anche i protagonisti che popolarono i suoi racconti.Ma dai suoi racconti manca invece il passaggio dall’infanzia alla sua vita adulta. Prima il mare e la sabbia, poi le montagne, i boschi, i laghi e i fiumi. Il nord degli anni sessanta e settantain piena espansione enon tanto diverso dal resto dell’Europa.
Orlando era un ragazzo goffo, e comunque più attento e attratto dalla vita di città che da quella dei boschi, e presto cominciò a frequentare,con una banda di amici, bar e locali malfamati. S’innamorò di una commessa, la prima moglie, la mise incinta che lei non era ancora maggiorenne e la sposò, così finì che a ventidue anni lui e Melania avevano già due figli, e intantolui aveva ormai deciso che voleva fare solo lo scrittore. Maprobabilmente voleva solo evadere da un luogo, da un lavoro, dal suo destino.
Una volta ebbe a dire, parlando del mestiere di scrittore, che il primo a influenzarlofu suo padre: “Per la sua tristezza, per i libri che leggeva e per il modo di narrare le cose quotidiane”.
Sentiva di assomigliare molto a suo padre, portava perfino lo stesso nome, e forse si mise in testa di fare lo scrittore proprio per non dover andare a lavorare in fabbrica, come lui.
Così fu la volta del figlio a emigrare. Non verso la fabbrica, questa volta, ma verso lostudio: un salto ancora più arduo di quello che aveva fatto suo padre, da contadino a operaio.
Si fece prestare dei soldi, prese moglie e i figli e se ne andò in un’altra cittàalla ricerca di una vita migliore, diversa e lontana dai creditori. Affittarono una casetta, Melania trovò lavoro come aiuto cuoca in un ristorante di seconda categoria e lui cominciò a frequentare una scuola privata,e lìiniziò il suo lungo apprendistatoper diventareuno scrittore, marito e padre.Ebbe a dire poi che fu proprio il nuovo ruolo di padre e di marito a influenzare i suoi anni giovanili e ripeteva:
«Sinceramente non ricordo molto della mia vita prima che diventassi genitore. Davvero, non mi sembra che sia successo niente d’importante prima di compiere vent’anni, sposarmi e avere figli. È in quel periodo che sono cominciate a succedere le cose, le scelte avventate, gli errori commessi per ingenuità, entusiasmo o paura, eanche le fughe da una città all’altra, da un lavoro all’altro. I soldi non bastavano mai, e a causa dei debiti non facevo altro che scappare, caricare mia moglie e i figli in macchina e partire. In quegli anni feci svariati lavori: taglialegna, operaio di segheria, magazziniere, addetto a una stazione di servizio, autista di camion, saldatore e stagnino. Diteun altro lavoro: l’ho fatto». Soleva ripetere agli amici.
E intanto leggeva Conrad, Cechov, Flaubert, Tolstoj, Dostoevskij, Hemingway, per cercare di imparare a scrivere, e per “essere sottile come la corrente di un fiume”, amava dire.
Maintanto non erano sottili le necessità della famiglia, i debiti e le spese quotidiane. Non erano sottili le necessità dei due figli ancora piccoli, né la fatica che portavaaddosso sua mogliequando la notte rientrava a casa stanca morta.
Ma quegli anni furono anche belli e carichi d’entusiasmo. Nelle università e nelle fabbriche soffiava un vento nuovo, di speranza e cambiamento. Erano gli anni dei Beatles, dei RollingStones, di Battisti, e in quegli anni giovanili Orlandoinseguì solo ildivertimento. Aveva amici artisti e scrittoricon cui scommetteva su chi di loro avrebbe raggiunto il successo per primo.Nella sua cerchia di conoscenze era apprezzato per i suoi racconti, ma anche famoso per riuscire a bere più degli altri. A quell’età l’alcool era già una presenza fissa nella sua vita, non era ancora un problema, ma presto lo sarebbe diventato.
Trascorrevano gli anni e intanto continuava a scrivere racconti, gli ultimi sul matrimonio. Non del suo,ormai esausto,violato dal tradimento, dal sospetto e dalla gelosia, ma di matrimoni che parlavano del valore della famiglia, del rifugio sicuro dalla durezza del mondo.
Orlando cominciò a trovare la propria strada di scrittore proprio quando si stava perdendo nella via. Disse di averlo capito mentre si trovava inofficina, aspettando che gli riparassero la sua vecchia e malandata automobile e vedendo il meccanico che scuoteva ripetutamente la testa. Il suo sogno di diventare scrittorein quel momento gli apparve talmente lontana dalla vita reale tanto da ritenerlo ormai irraggiungibile. Lì, in quell’officina,vide di colpo davanti a se il suo fallimento.
Per tirare avanti e continuare a studiare e scrivere fece i lavori più umili, quelli che prima era sempre riuscito a scansare e rimandare. Adesso di notte andava a pulire uffici, corridoi e auledi istituti scolastici,maintanto a casa non c’era più una giovane moglie ad aspettarlo a letto per aiutarlo a scaricare i cattivi pensieri.Quando finiva le pulizie non tornava a casa, ma prendeva la strada del bar più vicino, la strada della dannazionee dell’alcool.
Un paio di volte provò anche ascrivere un romanzo. Pensava che gli servisseproprio un romanzo corposo per esordire, ma del resto lui non aveva mai pensato, nei suoi sogni di gloria, di volersi raccontare come aveva fatto Kerouak.Lui scriveva racconti e, mentre per altri scrittori quella era stata solo una fase di passaggio verso la più nobile arte del romanziere, luici credeva esi accorse,scrivendo storie brevi, di aver trovato la misura giusta.
Più tardi ricordò di essere stato un lettore che perdeva in fretta la concentrazione, di essere stato uno scrittore in balia delle difficoltà quotidiane edei suoi sbalzi d’umore. E fu proprio quello il periodo in cui la carriera di scrittore gli sembrò ormai un’utopia.
Era incapace di organizzare un lavoro lungo e impegnativo ma, soprattutto, non riusciva a mettere ordine nella sua vita. Per lui sarebbe stato impensabile dedicare tanti anni per scrivere un romanzo. Un racconto, invece, si poteva scrivere in un giorno solo, di getto, e poi metterlo a posto nei momenti di tranquillità.
«Il racconto è qualcosa che si può cominciare a scrivere vedendo già la fine». Diceva.
Per questo amava scrivere storie brevi,che con un po’ di fantasia gli riusciva senza fatica.
Accennò anche ad altri momenti difficili, ma qui c’entrano l’alcool e le sue ubriacature memorabili che lo facevano stare male per giornie poi doveva ricominciare sempre da capo.
Era il tempo in cui non riusciva a rendersi conto del male che si stava facendo. E forse non era solo l’alcool ilsuo problema.Adesso, nei suoi racconti, cominciava a emergereanche un senso di angoscia e di paura.
Gli capitò di scrivere di un padre terrorizzato perché doveva incontrareil figlio che era stato sorpreso a rubarein un supermercato. Oppure raccontò la storia di un uomo che faceva una vita dispendiosa e che non si poteva permettere, che era assillato dai debiti, che beveva e per questo rischiava di perdere il lavoro, che aveva una moglie bisbetica e un’amante esigente, macredeva di poter risolvere tutti i suoi problemicominciando a sbarazzarsi della suocera. Scrisse anche di un marito che di mestiere faceva il rivenditore di auto usate e che una sera, solo a casa, aspettandola moglie che era uscita a cena con un commercialista (il piano prevedevache lei si lasciasse corteggiare per poi vedergli la macchina e così guadagnare un po’ di denaro), ma quando vide che le cosestavano andandoper le lunghe, cominciò a preoccuparsi e a essere tormentato dalla gelosia.
Scrisse di adulti in conflitto con se stessi e che avevanosmarrito il senso morale. Scrisse di gente insicura,diventatamoralmente instabile per colpa dell’alcool. Scrisse di gente invischiatanell’ansia, nella frustrazione, nel fallimento e nel rimpianto. Scrisseanche dei malidi cui il padre aveva sofferto e che luistava curando con la stessa medicina: l’alcool.
Il destino,cui da una vita cercava di sfuggire, lo aveva raggiunto sin lì, in quella casa di periferia dove si era barricato per sfuggire al prossimo e spiare il mondo senza essere visto. E in quel periodo scrisse i suoi racconti più belli. Scriveva e imparava. Scriveva continuamente e intanto piano piano diventava un vero scrittore.
Orlandocon la nuova moglie avviò anche delle attività commerciali, ma dichiarò fallimento più volte in pochi anni, e questo per poter respirare un po’,allontanare i creditori e le banche, ma intanto fu costretto arinunciare alla sua rispettabilità sociale.
Un fallito è uno che non paga i debiti,un’insolvente, e allora dovette cambiare casa e città, ricominciando sempre più stancamente un lavoro che lui non conosceva.
Grazie alla moglie riuscì a trovare anche lavoridecorosi, ma non riuscì mai a stabilizzarsi. Lei si arrangiava facendo la correttrice di bozze in un giornale economico e l’insegnante d’inglese in una scuola privata, ma lui continuava a barcamenarsi tra giornate di prova e licenziamenti, ma continuando a inseguire un tenore di vita che non poteva permettersi.
Alla fine erano diventati entrambi alcolisti, si tradivano apertamente e quando lui, da ubriaco, cominciò a diventare violento, qualcuno consigliò la moglie di allontanarsi.
Orlandorimase solo, in compagnia del suo whisky cattivo. Scriveva sempre meno e lavorava sempre più a fatica. Viveva per lunghi periodi con il sussidio di disoccupazione o con l’aiuto dei pochi amici rimasti. Beveva e basta. Verso la fine della sua vita aveva completamente perso il controllo di se stesso e si era ridotto in condizioni così penoseche era ormai diventato un uomo alla fine dei suoi giorni. Aveva un’amica però, Rosa Corolucci, che poi sarebbe diventatala sua musa e editrice. Si erano conosciuti tempo prima, quando una dirigeva una rivista in provincia e l’altro gli mandava i racconti con preghiera di pubblicarli.
RosaCorolucci,lasciata la provincia e sbarcata a Milano,aveva fatto strada e una brillante carriera nell’editoria. Ora diventata dirigente di una grande casa editrice e Orlandofutra i primi che lei chiamò per offrirgli di raccogliere in un libro i suoi racconti migliori e poi pubblicarli.
Negli anni successivi, grazie a questa amica, con molti anni di ritardo sulla vita vissuta, Orlando riuscì a diventare uno scrittore famoso. Troppo tardi per alcune cose, appena in tempo per assaporare il piacere della notorietà e della tranquillità economica.
Alla fine si accontentò di quel poco tempo che gli restava da vivere estupendosi dei mutamenti che la vita gli stava riservando. Si lasciòcullare da quella nuova e piacevole sensazione di benessere che gli aveva dato l’inaspettato successo.
La collaborazione con la nuova casa editrice, graditissima e inaspettata, era stata una grazia e insieme un addio: inevitabile e sofferto, perché la sua prima vita lo aveva comunque inseguito ostinatamente sino alla seconda e accompagnato sino alla fine.

 



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor