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UN INCONTRO INASPETTATO

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

4
GEN
2018

Le coincidenze della vita possono essere davvero sorprendenti, oltre che inaspettate.
Lo avevo notato subito, in mezzo alla folla, nella fila di passeggeri che aspettavano di fare il check-in, prima dell’imbarco. Era girato di spalle, riuscivo a vedere solo la nuca ma lo avevo riconosciuto senza esitazione.
Umberto! Il suo nome era esploso dentro di me come una bomba, e il mio cuore aveva cominciato ad accelerare i battiti. Umberto, sì, proprio lui, ed ero rimasta a guardarlo mentre in fila attendeva il suo turno.
Avrei voluto chiamarlo, e così interrompere quella cascata di emozioni che mi stava travolgendo, ma ero spaventata della mia reazione inaspettata. Non lo vedevo da quattro anni, esattamente da quando c’eravamo lasciati. Pur abitando nella stessa città, non c’eravamo più incontrati, ed era davvero strano incontrarlo ora, dopo tanto tempo, all’aeroporto di una città lontana mille chilometri dalla nostra.
Umberto era stato il mio primo ragazzo, la mia prima storia seria. Con lui avevo varcato le porte del paradiso, scoperto tutte le emozioni dell’amore, e tornai a pensare a quel periodo che era stato il più bello della mia vita, quando ero poco più di una ragazzina.
Socchiusi gli occhi, perché mi sembrava di sentire ancora il sapore dei suoi baci sulle labbra, ma appena formulato questo pensiero mi sentii in colpa. Non era giusto nei confronti del mio attuale ragazzo che pensassi una cosa del genere, che sognassi a occhi aperti, ma in quel momento Sandro mi sembrava così lontano, mentre Umberto era lì, a pochi passi davanti a me.
Morivo dalla voglia di andarlo a salutare, ero curiosa di sapere cosa avesse fatto in questi ultimi quattro anni, e mi stavo chiedendo come avrebbe reagito se si fosse accorto di me, che ero dietro di lui.
Non sapevo come comportarmi, ma in quel momento si voltò e lo vidi stringere gli occhi, corrugare la fronte. Se non mi avesse riconosciuto o avesse fatto finta di niente ci sarei rimasta malissimo, invece...
«Vittoria». Esclamò, e sorridendo uscì dalla fila e mi venne incontro.
Sentii il viso incendiarsi e il cuore che mi stava uscendo dal petto. Mi stava sorridendo, era contento di vedermi, e quei quattro anni non sembravano mai passati.
Mentre si avvicinava, cercai di nascondere la mia emozione e gli sorrisi.
«Vittoria». Ripeté dolcemente, mentre mi abbracciava. «Sei proprio tu?»
«Già, proprio io». Risposi.
Mi sfiorò le guance con tre baci. I numeri dispari sono sempre stati una sua fissazione. Invece, quando ci siamo conosciuti e anche lasciati, i giorno erano pari e forse per questo non ci hanno portato fortuna.
«Quanto tempo!» Esclamò.
«Quattro anni». Replicai di getto.
Un altro numero pari, mi ritrovai a pensare, ma scacciai quel pensiero con stizza, come se fosse un brutto presagio.
«Mamma mia… sembra sia passata una vita, eppure rivederti qui ora, è come se il tempo si fosse fermato. Solo che adesso sei ancora più bella…»
«Sono più vecchia». Replicai ridacchiando, e cercando di camuffare il mio imbarazzo per quel complimento che mi stava mandando in visibilio.
«Che cosa ci fai tu qui?» Chiese.
«Sono venuta a trovare un’amica d’università. Ha avuto dei problemi di salute e sono venuta a vedere come sta, a farle un po’ di compagnia».
«Non sei cambiata per nulla, allora. Sei sempre la stessa crocerossina di sempre, pronta a dare sollievo a chi soffre».
«Be’, Francesca è una delle mie più care amiche. Dovresti ricordartela. Condividevamo lo stesso appartamento, quando frequentavamo l’università».
«Sì, certo. E ora si è trasferita qui?»
«Sì, si è trasferita per lavoro. Finalmente è riuscita a ottenere quel posto a cui aspirava tanto. Ha mollato tutto e ora vive qui».
«E tu, invece?» Chiese, ma prima che potessi rispondere, aggiunse:
«Ma stai rientrando a casa anche tu? Hai il mio stesso volo?»
Controllammo i biglietti e sì, era proprio lo stesso volo. Non riuscivo a credere che il destino potesse essere così imprevedibile. Dopo quattro anni di assoluto silenzio, ora si stavano verificando una serie di coincidenze inaspettate.
«Facciamo il check-in insieme e vediamo se possiamo occupare i posti vicini. Ti va? Così abbiamo tutto il tempo per parlare un po’, di raccontarci tutto». Propose.
Ero frastornata e non risposi nulla, ma dal suo entusiasmo che sembrava sincero, non potevo sperare niente di meglio che trascorrere le due ore di volo con lui, seduti uno accanto all’altra.
Stavo provando delle sensazioni che ritenni davvero eccessive, e allora cercai di calmarmi. Tra noi era finita da un pezzo e nel frattempo ero riuscita a ricomporre la mia vita. Avevo un nuovo ragazzo, e ora Umberto non centrava più niente con me. Ma era evidente che il mio stato d’animo andava ben oltre le mie considerazioni, e non potevo farci niente. Allora cercai di calmarmi e mi dissi che era stato comunque bello incontrarci dopo tanto tempo.
Ero stata molto felice con lui, non potevo negarlo. Quello era stato il periodo più bello della mia vita. Umberto era stato il primo ragazzo che mi aveva fatto sognare, che mi aveva rubato il cuore. Il mio primo vero amore, quello che credevo sarebbe durato per sempre. Invece quattro anni fa le nostre strade si sono divise e adesso scorrevamo su binari paralleli, separati e distanti. Ma intanto mi stavo chiedendo se lo avessi davvero dimenticato.
Pensai anche a Sandro e mi chiesi se lo amassi veramente. Non stavamo insieme da molto, ed è stato il solo ragazzo che era riuscito a suscitare in me un certo interesse dopo la rottura con Umberto. Ero confusa, ma stavo così bene che smisi di farmi domande.
«Magnifico! Allora facciamo il viaggio assieme». Esclamò Umberto, e sembrava euforico come un bambino davanti ai regali di Natale. Io invece trovavo tutto così strano, anche se bello.
Non capivo perché lui fosse così felice ed io così contenta di averlo rivisto.
«C’è ancora tempo, che dici, andiamo a prenderci un caffè? Lo so, tu non bevi caffè, ma puoi sempre prenderti il tuo solito succo di frutta, all’albicocca… giusto?»
Annuii sorridendo, e intanto provai un sottile piacere nel sentire che ricordava ancora i miei gusti e le mie abitudini.
«Allora? Dimmi tutto. Voglio sapere tutto di te, cosa hai fatto in questi ultimi quattro anni?»
Mi chiese, quando ci trovammo seduti al tavolino di un bar, uno di fronte all’altra.
La sua era stata una domanda semplice, eppure non sapevo cosa rispondere. Che cosa avevo fatto in quei ultimi quattro anni? Avevo finito gli studi, mi ero laureata. Avevo trascinato avanti la mia vita e di recente mi ero messa con Sandro. Avevo cercato di dimenticarlo e, sino a pochi minuti prima, credevo di esserci riuscita.
«Niente di che…» Risposi.
«Ma dai, non è possibile. In quattro anni avrai fatto pure qualcosa?» Replicò lui.
«E tu? Dimmi di te, dai». Gli chiesi. Guardò l’orologio e alzandosi mi rispose che era meglio avviarci verso l’aereo.
Una volta a bordo, mi raccontò delle iniziative che aveva intrapreso, i cambiamenti di lavoro e di società che gli avevano permesso di avanzare, di fare carriera. Poi mi disse delle vecchie amicizie che continuava a frequentare con assiduità e spensieratezza.
«Tu ti sei dato parecchio da fare. Mentre io sono rimasta al palo. Sì, mi sono laureata e ora lavoro nello studio con mio padre, ma questa era una cosa scontata da sempre… Nulla è cambiato e come vedi non ho nulla d’interessante da raccontarti» Commentai.
Avevo soltanto un nuovo ragazzo, ma non glielo dissi. Lui non mi chiese nulla sulla mia situazione sentimentale e nemmeno io chiesi della sua, anche se morivo dalla voglia di saperlo.
«Hai sempre lo stesso numero di cellulare?» Chiese.
«No, quello è cambiato». Risposi.
«Vedi? Allora qualcosa di diverso c’è! Mi daresti quello nuovo?» La sua richiesta mi spiazzò, comunque glielo diedi senza problemi, anche se non capivo cosa se ne potesse fare, visto che negli ultimi quattro anni non mi aveva mai cercato.
Mentre memorizzava il mio numero sul suo cellulare, lasciai scivolare lo sguardo sulle sue mani. Aveva solo un anellino all’anulare della mano destra. Non aveva fedi né fedine, e pertanto ipotizzai che non avesse legami. Avrei voluto chiederglielo, ma non lo feci, mi sembrava una domanda troppo personale e pensai che comunque se ci fosse stata una fidanzata o una moglie, me lo avrebbe detto. E d’altronde nemmeno a me avrebbe fatto piacere parlare di Sandro.
Tirò fuori quasi un sorriso e, presa la mia mano sinistra, osservò:
«Vedo che anche tu non hai legami».
«Già». Mi limitai a rispondere con un filo di voce, mentre quel contatto mi stava turbando.
La ritrassi subito, anche se mi sarebbe piaciuto continuare a tenerla lì, racchiusa nella sua. E intanto mi chiedevo cosa mi stesse succedendo. Adesso nella mia vita c’era Sandro, un ragazzo dolcissimo che mi aveva conquistato piano piano ed era riuscito a scalfire quella corazza di diffidenza che sino a quel momento avevo verso tutti gli uomini. Mi voleva bene.
Ma non volendo pensare a queste cose, scacciai ogni pensiero e rivolsi lo sguardo oltre l’oblò che in quel momento rifletteva sotto di noi solo le nuvole.
«Ti ricordi che ero vegetariano? Ebbene, ho smesso di esserlo, e adesso mangio la carne».
«Ma dai?! Finalmente ti sei convertito». Replicai incredula.
«Sì, da qualche anno, e ti voglio portare in un ristorantino, dove fanno certe costolette… che poi mi diari». Aggiunse.
Aveva già pensato di portarmi fuori a cena e aveva anche dato per scontato che io avrei accettato. Socchiusi gli occhi e non risposi. Eravamo in fase d’atterraggio e distolsi quel pensiero fingendo di cercare le cinture di sicurezza.
«Tranquilla. Andrà tutto bene». Sussurrò lui, poi mi prese la mano e me la strinse. Sentii le ruote del carrello che toccavano terra e quando riaprii gli occhi vidi Umberto che mi stava guardando. I nostri sguardi s’incrociarono e mi sentii persa, deglutii e tornai a guardare fuori.
«Scusami Vittoria ma dobbiamo salutarci qui. Mi stanno aspettando e devo correre». Mi strinse la mano, mi dette i soliti tre baci sulle guance, afferrò la sua sacca e sparì tra la folla e un attimo dopo non c’era più. Perplessa presi il mio trolly e scesi dall’aereo anch’io. Fuori, sentii gridare il mio nome, mi voltai e mi trovai davanti Sandro. Mi abbracciò e mi baciò sulle labbra.
«Quanto mi sei mancata!» Esclamò, prendendo dalle mie mani il trolly.
Mi era mancato anche lui, poi avevo rivisto Umberto e tutto si era mescolato, confuso. Ma cosa mi stava succedendo? Ero sempre stata bene con Sandro, mi piaceva stare con lui, ero felice che fosse venuto a prendermi, che fosse entrato nella mia vita. Da quando stavamo insieme, le cose erano tornate ad andare bene e mi sentivo anche più sicura e serena. Ma forse i miei ero soltanto dei sensi di colpa, perché non me la sentivo di dire a Sandro che avevo rivisto il mio ex. Umberto faceva parte del passato e Sandro rappresentava il presente, e non volevo chiedere niente di più.
Nei giorni successivi, cercai di levarmi dalla mente Umberto, ma non era così semplice.
Guardavo spesso il cellulare, come ad aspettarmi da lui un segnale, e sinceramente ero anche piuttosto seccata perché non aveva mantenuto la promessa di chiamarmi. Aveva voluto il mio numero ma non mi aveva chiamato, né mi aveva mandato un messaggio. Mi sentivo presa in giro, aveva detto che desiderava rivedermi, portarmi a cena fuori e poi… Ma in fondo era meglio così.
Poi, un pomeriggio, stavo alla mia scrivania, quando mi arrivò un messaggio da un numero sconosciuto: “Ciao, Vittoria, scusa il ritardo ma sai, ho un sacco d’impegni… Ma non mi sono dimenticato di te, e ti chiedo quando ti puoi rendere libera per la nostra cenetta”. La risposta giusta non poteva essere che una: “Mai”. Ma poi pensai che in fondo non ci sarebbe stato nulla di male a trascorrere qualche ora con lui, andare a cena con Umberto, come due vecchi amici.
Ma intanto era inutile che mi prendessi in giro, mi stavo inoltrando su un sentiero impervio e stavo facendo anche uno sgarbo a Sandro. Ma poi mi chiesi perché sarei dovuta essere sempre così assolutamente corretta, e allora non ci pensai più.
Il locale dove mi portò Umberto era molto carino e si trovava in una zona elegante della città, e dalla terrazza si poteva ammirare un panorama stupendo. Finimmo la cena e andammo in terrazza. Lui era dietro di me e mi circondò le spalle con le sue braccia e io rimasi lì, ferma a guardare le luci nella notte. Non gli avevo detto che nella mia vita era entrato Sandro, e non sapevo se dirglielo. Umberto mi strinse ancora più forte e cercò di baciarmi e allora mi scostai e farfugliai:
«Il fatto che io… io sono impegnata. C’è un altro nella mia vita ed è una cosa importante».
Lui, come preso da un senso di colpa allargò le braccia, mi lasciò andare e chiese se lo amassi. E io gli dovetti rispondere che in quel momento mi sentivo confusa.
Mi strinsi le spalle e sospirai, perché mi accorsi che mi stavo trovando in una situazione delicata. Volevo trascorrere quella serata spensieratamente, essere solo felice, ma in quel momento non capivo quale fosse la cosa giusta da fare, e allora gli chiesi di riaccompagnarmi a casa. Quando arrivammo sotto il portone, non scese dalla macchina e mi salutò a denti stretti.
Quella notte stentai a prendere sonno, e il mattina dopo mi svegliai ancora più confusa della sera prima Sul cellulare trovai un messaggio di Sandro: “Buongiorno, amore mio. Ieri mi sei mancata tantissimo e non vedo l’ora di rivederti… Aspettami. Passo a prenderti tra un’ora”. Poi lessi anche il messaggio di Umberto che mi chiedeva quando ci saremmo potuti rivedere. Adesso mi restava solo da capire cosa avrei dovuto fare. Mi si stringeva il cuore al pensiero di dover deludere Sandro, ma la ricomparsa di Umberto aveva scompaginato le mie certezze. Cercavo di capire cosa provassi ancora per lui, in quale direzione stesse andando il mio cuore. All’epoca lo amavo, poi lo avevo scoperto mentre flertava con un’altra ragazza e l’avevo lasciato. Avevo sofferto parecchio, anche per il fatto che lui aveva accettato la fine della nostra storia così, senza fare nulla per cercare di riconquistarmi. Quando arrivò Sandro, io ero ancora un fascio di nervi.
Mi venne incontro, sorrideva, si vedeva che era felice di vedermi. Mi salutò con un bacio e porgendomi una rosa rossa, e io in quel momento sarei voluta sprofondare. Non avrei mai potuto lasciarlo e mi accorsi di amarlo. Ero più che certa dei miei sentimenti. Umberto era stato solo un abbaglio e tutte le emozioni che avevo provato non avevano nulla a che fare con l’amore, e non volli più pensare a lui. E invece fui costretta a pensarci, perché poco dopo lo vidi.
Eravamo fermi al semaforo, Sandro mi prese la mano, volse lo sguardo verso di me e sorrise. Girandomi, vidi che nella macchina ferma davanti alla nostra si stavano baciando.
Ah, il destino a volte sa decidere da solo cosa uno deve fare. In quella macchina davanti a noi, c’era Umberto che stava baciando la ragazza seduta accanto a lui. Non me la presi, e mi accorsi che non mi importava più nulla di lui.
Mi voltai, guardai Sandro e gli sorrisi.



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