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L´UOMO SBAGLIATO

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

10
APR
2018

Conobbi Ivano in un modo del tutto casuale. Una mattina mi trovavo in un vivaio per acquistare dei vasi per il terrazzo e un signore era lì, in attesa di essere servito. Il commesso, che mi conosceva, disse che i vasi erano stati ordinati e se volevo potevo dargli il numero del mio cellulare e lui mi avrebbe avvisato quando sarebbero arrivati. Gli chiesi quanto avrei dovuto aspettare e, visto che si trattava solo di pochi giorni, gli detti il numero.
Mentre parlavo con il commesso, il signore si era avvicinato al bancone e non potei fare a meno di guardarlo: alto, occhi chiari, capelli castani e un sorriso accattivante. Era davvero un bell’uomo, uno di quelli che non passano certo inosservati.
Ringraziato il commesso e uscita dal vivaio, prima di salire in macchina, mi fermai per rispondere a un sms di una mia collega e lui era dietro di me.
«Ciao. Scusa, mi dici come ti chiami?»
La voce alle mie spalle mi fece voltare e lo vidi. Quel tipo che poco prima era nel vivaio ora stava dietro di me.
«Perché lo vuoi sapere?» Chiesi.
«Perché sei una bella ragazza e mi piaci». Rispose.
Lo fissai sbigottita e pensai che doveva essere un tipo davvero sfrontato.
«Senti, io adesso purtroppo ho fretta e devo scappare, ma vorrei poterti conoscere. Ti posso chiamare?» Aggiunse, guardando l’orologio.
«Chiamarmi?» Domandai sempre più a disagio.
«Be’, le cose che mi piacciono non le dimentico e quando hai dato il numero al commesso, l’ho memorizzato… Allora me lo dici come ti chiami?»
«Donatella». Mormorai, senza sapere perché.
Fra noi cominciò così. Sentendoci da prima al telefono, poi vedendoci per prendere un aperitivo insieme e, qualche settimana dopo, cenando al lume di candela in un raffinato ristorante della città. Insomma, nel giro di un mese mi ritrovai innamorata persa di lui.
Ivano era dolce, gentile, appassionato e sensibile. Era tutto ciò che una donna poteva desiderare da un uomo, anche se aveva un difetto: era sposato. Ma con dolcezza e parole rassicuranti mi convinse a non troncare la nostra relazione. Mi assicurò che si stava separando. Viveva ancora con la moglie, ma solo perché aspettava di trovare un’altra sistemazione. Tra loro, mi giurò, era tutto finito da un pezzo.
Avevo trentasei anni e naturalmente anch’io avevo avuto le mie storie d’amore, ma da quando Ivano era entrato nella mia vita mi ero convinta che solo lui fosse l’uomo giusto per me. L’uomo che aspettavo da sempre.
«Appena avrò sistemato alcune cose e avrò trovato un’altra casa, andremo a vivere insieme. Ora che ti ho trovato, non voglio perderti. Non voglio più lasciarti andare via». Mi sussurrava sempre, dopo i nostri momenti d’intimità.
«Ci vogliamo bene. Ci amiamo ed è sincero quando mi promette che presto lascerà la moglie e andremo a vivere insieme. Facciamo progetti». Dicevo per tranquillizzare la mia amica Laura.
«Sì, belle parole e tante promesse, ma resta il fatto che è sposato». Mi rispose un giorno Laura, quando le rivelai quanto fossi innamorata di lui, ma altrettanto insicura e preoccupata.
«Il suo matrimonio è ormai finito. Sta ancora con la moglie solo perché non ha trovato un altro posto dove andare». Ribattei accesa.
«Scusa se mi intrometto, Donatella, ma se veramente lui ha tutta questa voglia di lasciare la moglie e venire a vivere con te, come dici tu, perché non si trasferisce a casa tua. Il tuo appartamento non è grande ma per voi due andrebbe benissimo, almeno per i primi tempi, non credi?» Sbottò.
Aveva ragione, e lo sapevo. Lo avevo già proposto a Ivano, ma lui aveva risposto che aveva bisogno di tempo, che doveva riflettere su come dirlo alla moglie e io, anche se intuivo che qualcosa non andava, non avevo insistito. Purtroppo, quando si è innamorati, si tende ad accettare tutto e si giustifica ogni comportamento della persona amata. Probabilmente per proteggermi o per paura, non coglievo i segnali confusi e poco chiari che mi mandava Ivano. E tra quei segnali c’era anche il poco tempo che mi dedicava.
All’inizio della nostra relazione era sempre presente e disponibile, poi le sue giornate iniziarono a diventare piene d’impegni: la madre era sola e doveva essere accompagnata dal medico; il lavoro lo impegnava oltre misura sia il sabato e a volte anche la domenica; gli operai non la finivano più con la ristrutturazione del bagno. E poi c’era la spesa settimanale…
«Ma perché alla spesa non ci pensa tua moglie? Tra poco lascerai quella casa e lei, prima o dopo, si dovrà abituare a occuparsene da sola». Gli risposi delusa un venerdì, quando mi sentii dire che non sarebbe riuscito a trascorrere con me nemmeno un’ora di quel fine settimana.
I giorni continuavano a susseguirsi e la situazione non cambiava e se insistevo, lui trovava sempre mille scuse, finché un giorno, messo alle strette, me lo disse:
«Donatella, io… io non posso lasciare quella casa». E lo disse, senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi.
«Come non puoi?» Gli chiesi, alzandogli il mento e fissandolo smarrita.
«Be’, non è così semplice. Ultimamente con mia moglie c’è stato un riavvicinamento. Lei ha capito la mia inquietudine e ora cerca di porvi rimedio. E a questo proposito… è già da un po’ che volevo dirtelo, forse è meglio finirla qui tra noi due. Credo sia meglio non vederci più. È stato bello, tu sei una ragazza, una donna speciale, ma la nostra storia deve finire». Concluse, senza lasciarmi nessuna possibilità di replica.
Mi sentii offesa, annientata, umiliata, e solo le donne che sono state lasciate in questo modo possono capirmi.
Mi fidavo di lui, gli avevo aperto il cuore, avevo creduto alle sue parole e a tutto ciò che mi aveva detto e adesso lui, semplicemente, mi diceva che non avrebbe più lasciato la moglie e che non dovevamo vederci più. Aveva fatto di tutto per conquistarmi, e adesso che aveva ottenuto il suo scopo, mi gettava via come una scarpa vecchia.
Ma come poteva trattarmi così? Stetti male e mi sentii crollare il mondo addosso. Ero talmente sconvolta che scoppiai a piangere e lo implorai di ripensarci, di non lasciarmi, e quello fu il primo di una lunga serie di errori che feci.
Scesi dalla sua macchia avvilita e, tornata a casa, chiamai la mia amica:
«Laura, sono disperata. Ivano mi ha lasciato. Mi ha detto che gli dispiace tanto, ma che ha deciso di provare a salvare il suo matrimonio». Singhiozzai.
«Arrivo subito». Rispose Laura, senza indugiare.
Le amiche in questi casi sono una benedizione e Laura tra queste è la più cara, quella che sento da sempre più vicino. Quella sera avrebbe potuto rispondermi: ”Te l’avevo detto”, invece corse immediatamente da me, mi ascoltò, mi confortò, stette a sentire il mio sfogo anche se molte cose già le conosceva e rimase con me tutta la notte senza giudicarmi e coccolandomi.
Ma una volta rimasta sola, la voglia di chiamare Ivano, di sentire ancora la sua voce, si fece irrefrenabile. A essere sincera, il desiderio di sentirlo l’avevo avuto fin da quando ero scesa dalla sua macchina quella sera, dopo che mi aveva detto che tra noi era tutto finito, ma avevo sperato che fosse lui a farsi vivo per primo, magari con un semplice messaggio per chiedermi come stavo, ma non era successo. Allora, con il cuore che mi batteva così forte da dolermi il petto, nel pomeriggio lo chiamai io.
«Ciao Ivano. Come stai? Tutto bene?» Balbettai.
«Sì, sì, tutto bene, siamo al centro commerciale a fare spese, c’è confusione e ti sento malissimo. Scusami ma…»
Siamo? Siamo chi? Con chi era? Con la moglie? Solo pochi giorni prima parlava di venire a vivere con me e ora mi trattava come un’estranea. Non riuscivo a crederlo, ad accettarlo.
«Mi manchi Ivano. Devo vederti». Sussurrai, senza alcuna dignità.
«Okay, ti chiamo io… Ora devo chiudere, ciao». La sua voce era fredda, anche se ero certa che si fosse accorto delle mie lacrime e avesse capito benissimo ciò che gli avevo detto.
Ivano non mi richiamò quella sera, né il giorno dopo né quelli seguenti e io stavo sempre peggio. Mi alzavo, mi truccavo, mi stampavo un sorriso di circostanza e uscivo. Andavo al lavoro, ma il mio pensiero fisso era sempre lui. Lo immaginavo a letto con la moglie e stavo male. Poi pensavo che mi avesse lasciato per un’altra, per una nuova conquista, per un’altra povera disgraziata come me e stavo ancora peggio.
Laura mi diceva che dovevo smetterla di torturarmi, che dovevo ritenermi fortunata per essere riuscita a liberarmi di lui, ma io non mi davo pace. Così continuai a fare una serie di sciocchezze, come scrivere a un’amica che ero disperata, che stavo male, che mi mancava, e il messaggio lo inviavo a lui, facendo finta di aver sbagliato e aspettavo la sua reazione, ma non mi ha più degnato d’attenzione. Iniziai a pedinarlo, a seguirlo di nascosto. Sentivo il bisogno di vederlo, di sapere dove e come trascorresse il suo tempo. Lo aspettavo all’uscita dell’ufficio. Parcheggiavo lì vicino e aspettavo. Quando lo vedevo, speravo di cogliere un segno di tristezza sul suo viso, invece era allegro, rideva ed era sempre in compagnia di qualche sua collega.
E non contenta delle umiliazioni che mi stavo infliggendo, ebbi anche la brillante idea di andare a cercare Antonio, il suo migliore amico, e chiedergli sue notizie.
«Come sta? Come va con sua moglie? E di me ti ha detto niente? Sai se gli manco?»
«Con sua moglie …? Credo vada bene. Sì, anche lui è stato male per la fine della vostra storia, ma ha preso la sua decisione e non credo abbia intenzione di tornare indietro». Rispose, con evidente imbarazzo.
Che stupida, era il suo migliore amico, cosa mi potevo aspettare? Comunque mi aggrappai a quell’unica frase: “Sì, anche lui è stato male per la fine della vostra storia”.
Avevo proprio toccato il fondo e decisi di smetterla con le stupidaggini.
Trascorse del tempo e un giorno lo rividi per caso. Stavo tornando a casa, era quasi buio e riconobbi la sua macchina parcheggiata in una viuzza laterale. Lui era seduto al posto di guida e stava baciando una donna, che non era certo sua moglie. Chissà, se tra un bacio e l’altro le stava anche assicurando che il suo matrimonio era finito e che aspettava solo di trovare una nuova sistemazione prima di lasciare la moglie.
Il mondo mi crollò addosso per la seconda volta, ma a quel punto il dolore si trasformò in rabbia e mi venne una gran voglia di telefonare alla moglie per dirle cosa stesse facendo in quel momento suo marito. Ma pensai che non sarebbe servito a niente sfogare la mia rabbia su quella povera donna. In fondo la moglie era solo una vittima come me e più di me.
Vederlo con un’altra donna mi fece stare malissimo, ma quell’episodio mi aiutò a capire che razza d’uomo fosse veramente Ivano, e questo mi aiutò a guarire. Non fu facile, tutt’altro, ma con il passare dei giorni compresi che, come mi aveva detto Laura, essere stata lasciata da lui, alla fine non dovevo considerarlo un male ma una fortuna.
Qualche tempo dopo mi telefonò Antonio. Mi disse che Ivano stava malissimo, che gli mancavo, che non riusciva a dimenticarmi, che voleva tornare con me. Mi chiese se mi avesse già chiamato, se me lo avesse già detto. Io gli risposi di no, che non lo sentivo da mesi, e gli chiesi anche cosa si aspettasse da me, dopo tutto quello che era successo e quello che mi aveva fatto passare.
Ivano mi chiamò qualche sera dopo, era tardi e stavo già per andare a letto. Mi pregò di ascoltarlo; mi disse che gli mancavo, che da quando c’eravamo lasciati stava male, che della moglie non gliene importava più niente e che, se volevo, sarebbe venuto anche subito da me, a stabilirsi a casa mia, poi avremmo trovato una sistemazione migliore e avremmo deciso assieme…
Lo lasciai parlare, ascoltai quello che mi stava dicendo e presi tempo. Il mattino successivo chiamai Laura e le chiesi cosa ne pensasse lei dell’improvviso ritorno di fiamma di Ivano.
Le raccontai della telefonata. Le dissi che Ivano voleva venire a vivere con me, che insisteva per vedermi, che voleva parlarmi guardandomi negli occhi. Laura mi lasciò finire e poi mi disse di stare calma, di non precipitare le cose. Che le sembrava tutto così strano, che per il momento era meglio che lo tenessi sulla corda e cercassi di capire bene le ragioni di questo improvviso e strano ritorno di fiamma.
Ivano mi richiamò anche quel giorno e il giorno dopo, ed era impaziente di vedermi, di stare con me. Mi diceva che voleva venire a vivere per sempre con me, ma la verità era un'altra, molto semplice e altrettanto urgente, da parte sua.
Attraverso un amico di Laura, che conosceva bene sua moglie, venimmo a sapere che Ivano era stato buttato furi di casa perché scoperto a letto con un’altra donna. E questa volta la moglie non aveva nessuna intenzione di passarci sopra e perdonarlo, come aveva fatto in passato.
Così, con la mia amica escogitammo un piano, diciamo così: la vendetta. Quando mi chiamò Ivano, gli dissi che ci saremmo potuti vedere il sabato sera, però non a casa mia, ma in un ristorante del centro. Lì, avremmo potuto parlare con calma, capire cosa volevamo veramente e, magari, metterci d’accordo per ricominciare a ricostruire il nostro futuro insieme.
Quando finimmo di predisporre il tutto, chiamai Laura e lei si mise a ridere, poi informò il suo amico che provvide a prenotare un tavolo per cinque al ristorante.
Quel sabato sera Ivano arrivò puntuale alle ventuno, e mi trovò sì ad aspettarlo, ma non da sola, in compagnia di Laura, di sua moglie e dell’amico di Laura.
«Finalmente Ivano sei arrivato anche tu, e allora eccoci tutti qui. Siediti, perché vogliamo sapere, una volta per tutte, con chi vorresti andare a vivere? Con tua moglie che non ti vuole più, con quella con cui ti stavi baciano in macchina l’altra sera, con quella che sei stato scoperto a letto da tua moglie, o con me che sono qui pronta ad ascoltarti?»
Ivano mi guardò inebetito, poi rivolse lo sguardo a sua moglie che gli sorrise sprezzantemente. Guardò anche gli altri, poi lasciò cadere sulla sedia vuota il fascio di rose che teneva tra le mani, e si dileguò.
Una volta uscito tornò il silenzio e tutti noi ci guardammo, poi Laura disse che era giunta l’ora di metterci una pietra sopra e di non pensarci più.
«Bene, allora che ne dite, ordiniamo? A me è venuta una fame…» Esordì, dopo quell’imbarazzante silenzio, l’amico di Laura, ma non fu una cena all’insegna dell’allegria e si parlò molto poco.
Tornata a casa ebbi modo di riflettere sul comportamento di Ivano e anche di rendermi conto della pessima reputazione che hanno delle donne e cosa possano arrivare a fare certi uomini per soddisfare le loro smanie e dimostrare la supremazia su di noi, ma almeno questa volta a uno è andata male.
 



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