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Guerrieri verdi/Questo è vero amore

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

20
SET
2013
Due anni fa nasceva, “dal basso” un gruppo impegnato per riscattare il capoluogo jonico.  “Ammazza che piazza” ci insegna che per cambiare, spesso, è necessario “sporcarsi le mani”
 
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso, canta Francesco De Gregori e il significato di queste parole lo si ritrova spesso in esperienze partecipative su base locale, il più delle volte nate in contesti di forte criticità. Emblematica, in questo senso, la storia di Ammazza che piazza (http://ammazzachepiazza.blogspot.it/), che dimostra come l’impegno in prima linea sia il mezzo principale per riscattare la dignità di una città. Nel caso specifico, Taranto. Abbiamo raccolto la testimonianza di Alessandro Occhinegro di Ammazza che piazza. 
 
Ammazza che piazza ha recentemente festeggiato il suo secondo compleanno. Vi va di raccontarci l’atmosfera, “l’aria” in cui Acp è nata? Qual è il ricordo che avete del momento in cui avete deciso di fondare Acp?
«Ammazza che piazza ha festeggiato due anni lo scorso 5 settembre, in un clima di allegria e crescita, proprio perchè lo scopo che si prefigge Acp è quello del cambiamento, cioè guardare la nostra terra in una prospettiva diversa, nuova per certi aspetti. Proprio come due anni fa, quando in otto decidemmo di dare senso alle nostre giornate, iniziando a sporcarci le mani e a dare l’esempio, perchè bisogna vivere bene a Taranto, ne abbiamo il diritto e piano piano quel diritto ce lo stiamo riprendendo».
 
Come raccontereste a chi non vive a Taranto la realtà di questo territorio? Com’è cambiata Taranto in questi due anni?
«La realtà di Taranto è una realtà cruda, un popolo da sempre abituato ad arrangiarsi, che ha dato tanto per la crescita industriale e militare, in cambio però ha ricevuto molto poco. Da questa consapevolezza nasce anche la nostra voglia di cambiare. Taranto è rimasta una città sotto ricatto appositamente, tutto quello che si poteva fare per salvare il salvabile non è stato fatto e ci ritroviamo in una situazione di malessere generalizzato, ignoranza e poco attaccamento al territorio. Ma da due  anni a questa parte possiamo prenderci il merito di aver iniziato un percorso di vera presa di coscienza e ripresa del territorio, ripulendo tutte quelle zone abbandonate, ridando vita a parchi piantando alberi e piante, riaccendendo una voce critica e di speranza con Ammazza che radio, diciamo che abbiamo lavorato tantissimo su tutti i fronti, a 360 gradi e i risultati anche se lontani ci sono».
 
Qual è la cosa che più vi rende fieri della vostra città, e cosa invece vi fa arrabbiare?
«La cosa che ci rende più fieri personalmente credo sia la potenzialità del nostro mare e della nostra storia, che in un prossimo futuro saranno le alternative di prosperità e crescita. La cosa ci fa più arrabbiare e quei mostri che hanno distrutto tutto della nostra città, l’lva, Eni e Marina Militare. Devono ripagarci per quello che ci hanno fatto».
 
Con quali realtà associazionistiche, tarantine, pugliesi e nazionali siete in contatto e collaborate?
«Noi siamo aperti a tutte le associazioni, abbiamo collaborato con i “guerriglieri verdi” di tutta Italia in una giornata memorabile in quel di Bologna. Abbiamo partecipato con vari movimenti e associazioni di Taranto e Provincia, persino a Lecce siamo stati accolti bene. Ultimamente abbiamo conosciuto dei ragazzi siciliano del No Muos, i quali si sono resi disponibili a portare la questione Taranto anche in Sicilia, davvero ammirevoli. Siamo orgogliosi di partecipare con quelle realtà che vogliono cambiare lo status quo dal basso, come ci stiamo provando a Taranto; crediamo fortemente che il cambiamento deve avvenire dal basso, dall'associazionismo senza scopo di lucro»
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Qual è stato il momento più emozionante e pieno in questi primi due anni, e da cosa ripartite, in attesa del prossimo compleanno di Acp?
«Il momento più emozionante personalmente potrebbe essere stato il 2 agosto, oppure quando davanti al tribunale nel processo Scazzi abbiamo riacceso la questione morti di inquinamento, esponendo lo striscione oramai “storico”: “Sulla morte di Sara avete speculato, delle morti di inquinamento non avete mai parlato”, di fianco a noi quel giorno c'era ancora Claudio Morabito, a lui che va il nostro pensiero fisso».
 


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