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Legge Merlin/Bocca di rosa non abita più qui

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

11
OTT
2013
Mentre continua il dibattito sulla possibilità di un’abrogazione referendaria, la fondazione Nuove Proposte studia il fenomeno per proporre soluzioni alternative a una nuova legge sulla prostituzione 
 
Il fatto è noto. Questa estate è stato proposto un quesito referendario promosso da Angelo Alessandri e Matteo Iotti (Progetto Reggio) e Luca Vezzani (Pdl), sostenuti da diversi sindaci di varie città italiane, e la raccolta delle firme è partita in alcuni comuni già durante lo scorso agosto. Il quesito chiede l’abrogazione della Legge Merlin, dal nome della prima firmataria, la senatrice socialista Lina Merlin, che stabilisce la chiusura delle case di tolleranza, l'abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l'introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione.  Quando venne approvata, la legge segnò una svolta nel costume e nella cultura dell'Italia moderna, da alcuni vista come positiva, da altri invece col timore di alcune conseguenze gravi quali epidemie di malattie veneree e la presenza delle prostitute nelle strade delle città, cosa che in effetti avvenne in riferimento alla successiva diffusione dell’Aids e allo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. 
In riferimento alla “mercificazione”, e prima ancora di un quesito refendario, secondo il parere di chi scrive andrebbero prima disaminati i nuovi modelli prostituzionali, sia per approfondire il senso di questo quesito referendario (riflettere sulle nuove forme di sfruttamento) sia per trovare soluzioni adeguate ai problemi legati al mondo della prostituzione. 
Vi sono in sostanza tre modelli prostituzionali: quello tradizionale (di strada), poi quello di appartamento, e infine quello di intrattenimento e  accompagnamento (le escort). Se nel primo modello, quello di strada (donne di nazionalità nigeriana, rumena, albanese e ucraina) troviamo come primi sfruttatori i loro papponi, anch’essi di nazionalità straniera come le “madame” (per le nigeriane) e i “Daniel” (per le rumene), e poi anche i loro clienti, negli altri modelli, invece,  vi sono forme più complesse e “moderne” di sfruttamento che andrebbero sviscerate. Bisognerebbe, a tal scopo,  individuare le tipologie di clienti e riflettere: spesso si parla di individui dai valori morali ambigui e di convenienza, che incarnano uno stereotipo arcaico, quello del maschio come “specie animale” che considera “normali” le relazioni con donne del proprio ambiente e, nel contempo, considera invece “superiori” i rapporti con le prostitute, proprio perchè queste hanno maggiore attrattività e, in quanto comprate, destinate a realizzare fantasie sessuali apprese nel cyberspazio. Rientrano in questa categoria coloro che, sempre più numerosi, preferiscono le trans. 
Il maschio che ne esce fuori, a tinte fosche, è quello che desidera persino una combinazione di “sesso-affetto”, là dove la nostra società non è ancora riuscita del tutto a realizzare una pratica del rapporto dei sessi di tipo paritaria o, più semplicemente, di realizzare un rapporto autentico con l’altro. In poche parole: ci si sposa, o si ha una compagna, considerata “normale”, per tradirla con un avvenente prostituta dalla quale si desidera un mix indistinto di affetto e di sessualità che l’uomo comune non riesce ad ottenere dalla sua compagna. 
Le donne di oggi infatti sono mamme, magari lavoratrici e, nel contempo, casalinghe. Sottoposte a carichi familiari che l’uomo non è ancora in grado di sopportare. Perciò è una donna che, inevitabilmente, non riesce a prendersi cura di sé stessa risultando, agli occhi del marito o compagno, meno attraente rispetto ad una prostituta. Contraddittoriamente, poi, le donne, fidanzate o mogli, sono più corrive dinanzi alla presenza “fantasma” di una donna (un’amante) che non alla confessione di un tradimento con una prostituta. E tale atteggiamento sembra essere giustificato da motivi più pratici che strettamente emotivi. Si perdona il tradimento con un’amante mentre quello con una prostituta no, in quanto probabile veicolo di malattie: una spiegazione logica ma abietta che disvela un rapporto di genere, all’interno della coppia, non tanto più basato sui sentimenti ma su qualcos’altro di indefinito.
Attualmente sembra che l’humus perfetto, sul quale “cresce” il “maschio” consumatore sia la “cyberpornografia”, una sorta di pedagogia sessuale che informa sugli stili e sulle pratiche: dal bondage, al fetish, passando per le MILF, e roba varia). Da approfondire sarebbe il fenomeno delle “web-cam girls”: donne che si spogliano a pagamento dietro ad una telecamera del computer, e uomini che sbavano di fronte ad un monitor. Occorrerebbe chiedersi chi gestisce questi siti, quanto guadagnano, e se non si possa parlare di sfruttamento della prostituzione anche in questo caso, dove non si consuma un rapporto in senso fisico, ma si verifica comunque uno sfruttamento “virtuale” del corpo della donna a fini di lucro (per i gestori dei siti).  
Verrebbe da chiedersi, insomma, se davvero l’abolizione della legge Merlin possa semplicisticamente arrogarsi la presunzione di poter eliminare lo sfruttamento e di proporre una soluzione concreta alle abiezioni di quel mondo sub-culturale di intendere il proprio corpo e le proprie relazioni con il sesso opposto. 
 
 


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