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Terremoti e trivelle

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
GIU
2012

 

E se la causa degli eventi sismici non fosse solo da addebitarsi a cause strettamente naturali? E se ci fosse qualche correlazione tra i movimenti tellurici e le perforazioni sia nel sottosuolo che nel mare? Nulla di dimostrato, ma noi intanto ci associamo ai cittadini e alle associazioni ambientaliste pugliesi che si oppongono a questo tipo di ricerca invasiva e dannosa
 
Il terremoto in Emilia di queste ultime settimane e le continue scosse che stanno piegando il territorio e il morale di una popolazione fiera e operosa come quella della bassa padana, stanno dimostrando come poco e male sia attrezzata l’Italia, paese ad alto rischio sismico, per convivere con eventi disastrosi ed imprevedibili come i terremoti. 
Il territorio epicentro delle devastanti scosse degli ultimi giorni, inoltre, già nella carta del rischio del 2003, veniva escluso dalle zone ad elevato rischio sismico, e gran parte della regione Emilia Romagna veniva inserita all’interno della cosiddetta zona 3 che riporta testualmente: “I Comuni interessati in questa zona possono essere soggetti a scuotimenti modesti”. 
Questa ripartizione, non di tipo scientifico ma esclusivamente statistico, classifica il territorio italiano in base alla frequenza degli eventi sismici avvenuti e riportati nelle cronache degli ultimi secoli. Ma si sa che i terremoti non possono essere in alcun modo previsti. Per Valerio De Rubeis, geologo Ingv (Istituto nazionale geofisica e vulcanologia)  e responsabile del sito www.haisentitoilterremoto.it, prevedere i terremoti “è come chiedere a un cardiologo quando arriverà l'infarto. E' impossibile. L'unica cosa da fare è la prevenzione”.
Prevenzione, appunto. Ma nel caso del terremoto in Emilia (al momento di andare in stampa il sisma ha allargato ulteriormente il suo raggio di azione con una scossa di magnitudo 4.5 che alle 6.08 di mercoledì 6 giugno ha visto come epicentro la zona di Ravenna, avvertita in tutto in centro-Nord, dal Veneto alle Marche. Ndr), le prescrizioni tecniche previste per le costruzioni in zona 3 non prevedevano condizioni particolarmente stringenti come avviene ad esempio in aree del Paese dove gli eventi sismici sono molto più frequenti e sono stati anche più distruttivi. A meno di colpevoli omissioni da parte di incauti tecnici e di costruttori non avveduti, sarà difficile appurare una eventuale responsabilità umana nei crolli di queste settimane, specie per le nuove costruzioni.  
Ma cosa sta accadendo di preciso? Per De Rubeis "C'è un'attività sismica intensa, come non succedeva da 200-300 anni. L'ultima forte scossa di terremoto nel modenese risale al Settecento, per esempio. E questa attività è ricominciata già dalla scorsa estate, a luglio ci fu una scossa anche nel Cuneese".
La terra quindi trema e anche se apparentemente il territorio non è classificato come sismico, in realtà c’è sempre la possibilità che possa invece esserlo. Sempre De Rubeis: “Il territorio italiano è tutto sismico e accumula costantemente energia, che poi viene rilasciata. Il problema è che i movimenti si esprimono in tempi lunghi e culturalmente ce lo dimentichiamo. In Irpinia nel 1980 ci furono 5mila morti: geologicamente è un attimo fa, ma noi quasi non ci pensiamo più. La geologia ha i suoi tempi, che sono lunghissimi”. 
La cosa, per noi pugliesi, pur distanti dalle zone del terremoto svariate centinaia di chilometri, potrebbe quindi riguardarci più di quanto immaginiamo, considerando oltretutto un dettaglio da non sottovalutare. Anche gran parte della Puglia, soprattutto quella meridionale e in particolare le province di Taranto e Bari sono quasi interamente classificate in zona 3, così come le aree dell’Emilia attualmente interessate dagli eventi sismici. Un motivo di più per provvedere per tempo e con coscienza ad azioni di prevenzione al fine di evitare che imprevedibili cause naturali, a questo punto sempre possibili e a qualunque latitudine, possano cagionare gravi danni al patrimonio umano, edilizio e produttivo del nostro territorio. 
E se la causa di tali imprevedibili e inaspettati eventi sismici non fosse solo da addebitarsi a cause strettamente naturali? E se ci fosse qualche correlazione tra il terremoto che sta sconquassando una parte dell’Emilia (17 morti, 300 feriti, 500 aziende lesionate, 100mila anziani nel disagio, 5 miliardi di danni) e alcune operazioni che si stanno svolgendo nel territorio della Pianura Padana?
La domanda è ricorrente tra i terremotati. Rimbalza ogni giorno di più, è arrivata anche sui telegiornali nazionali. Ne ha parlato diffusamente anche la puntata del 1° giugno scorso di Report Off su Rai3. C’è correlazione tra i terremoti e le trivellazioni nel sottosuolo padano  per l’estrazione di idrocarburi? Nessuno, per ora, sa dare una risposta scientifica al quesito. E’ però una discussione che da giorni circola sulla rete e si fa sempre più insistente. Alcuni sostengono che il sisma emiliano possa essere in qualche misura correlato allo stoccaggio di gas nel sottosuolo di Modena e Ferrara. L’unica cosa certa che si conosce è che dal 1895 ad oggi sono stati perforati 7.110 pozzi e quelli oggi produttivi sono poco più di mille. Inoltre, sono in essere 38 permessi di ricerca e 37 concessioni per gli idrocarburi. 
Molti esperti del settore, la parte maggioritaria dei geologi e le compagnie petrolifere, garantiscono che il problema non esiste perché le tecniche di perforazione più invasive non sono autorizzate in Italia e, ove praticate, non risulta esserci un collegamento con terremoti di sesto grado della scala Richter, come quelli avvenuti in Emilia. 
Tuttavia alcuni studi hanno evidenziato una relazione tra sisma a bassa magnitudo e trivellazioni con la tecnica della frantumazione, dall’inglese “fracking” o “hydrofracking”. Si tratta dello sfruttamento della pressione di fluidi di tipologia chimica iniettati in uno strato roccioso per creare una frattura nei giacimenti di petrolio e di gas. Le fratture sono tenute aperte introducendo materiali come sabbia e ghiaia per impedire alle rocce di richiudersi con l’abbassamento di pressione. Tra i possibili effetti dei cedimenti del terreno ci sarebbero anche le oscillazioni sussultorie e ondulatorie denominate ‘scosse’ di assestamento.
Comunque la polemica è aperta e difficilmente si potrà trovare un punto di incontro scientifico condiviso tra le varie posizioni. 
La questione delle trivellazioni e le ipotetiche conseguenze geologiche sul territorio circostante riguarda anche il territorio pugliese. Compagnie petrolifere nazionali e internazionali compiono attualmente ricerche sul territorio regionale e sono state autorizzate dal governo nazionale ad effettuare esplorazioni, ricerche e perforazioni sia nel sottosuolo che nel mare antistante le coste pugliesi.
I cittadini, le associazioni ambientaliste si stanno opponendo con determinazione contro ogni progetto di ricerca di ulteriori riserve di idrocarburi, soprattutto dopo le paure del disastro americano del Golfo del Messico. Ora incombe un’altra paura, quella delle ipotetiche correlazioni tra perforazioni e terremoti. La partita scientifica è aperta. 
 



Commenti:

Gabriella 17/GIU/2012

Per chi lo vive in prima persona è la sensazione continua della natura che si ribella all'uomo e al suo sfruttamento selvaggio

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