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Questa settimana un tè con Enrico Ciccarelli

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

24
GEN
2014
Il tratto principale del tuo carattere?
«Ho l’ambizione di credere che ci sia un pari merito fra curiosità e fantasia».
 
Il tuo principale difetto?
«La scelta è ampia. Probabilmente una certa attitudine a illudermi».
 
Se potessi cambiare qualcosa in te?
«Oltre al reddito? Cercherei un maggiore equilibrio tra euforia e momenti bui».
 
Se potessi cambiare qualcosa in Italia?
«Cercherei di eliminare o ridurre fortemente la stupidità. “Vaste programma”, lo definirebbe De Grulle».
 
Stato d’animo attuale?
«Preoccupato e intenso».
 
Indignato o rassegnato?
«Né l’uno, né l’altro: consapevole».
 
La cosa di cui vai più fiero?
«La stima e l’affetto di quelli che ho potuto aiutare a crescere. Ma anche il fatto che non mi stanco mai di imparare».
 
E quella di cui ti penti di più?
«Non avere sempre saputo dire ad alcune persone quanta riconoscenza provavo e provo per loro».
 
Cosa non riesci a capire delle donne?
«La caparbia indulgenza con cui tollerano la stoltezza dei machi. Della quale peraltro ho approfittato anch’io, talora».
 
Qual è la prima cosa che faresti se ti reincarnassi in una donna?
«A parte toccarmi le tette tutto il giorno, per citare Woody Allen? Scriverei. Perché il talento femminile per la scrittura è inarrivabile».
 
Quale personaggio storico avresti voluto essere?
«Romanticamente, Federico II, per la sua intelligenza laica. Su un piano meno mitografico Altiero Spinelli, perché ammiro chi è capace di dar torto al tempo presente e rivendicare il futuro che nessuno ha ancora visto». 
 
Di quale personaggio letterario avresti voluto rivestire i panni?
«Ettore. O Florentino Ariza, il protagonista dell’”Amore ai tempi del colera”».
 
Quale mestiere ti sarebbe piaciuto fare?
«Non ho mai pensato di poter fare altro che il giornalista. Che è sempre meglio che lavorare, come si dice».
 
Canzone preferita?
«”Il suonatore Jones”, di Fabrizio De André».
 
Cosa c’è sul tuo comodino?
«Spesso il tablet. Ma un libro non manca mai. In questo momento l’autobiografia di Claudio Martelli».
 
Oggetto del desiderio?
«Le lingue; che non so parlare e vorrei».
 
Oggetto talismano?
«Non ne ho. Forse è per questo che sono sfigato».
 
L’ultima zingarata?
«Non so cos’è. Tendo a essere uno stanziale, almeno come aspirazione».
 
Cosa ti fa più ridere?
«I romanzi di Woodehouse e i discorsi di mio figlio mi destano risate felici e solari. Il circo mediatico del discorso pubblico mi fa ridere in modo più amaro».
 
Cosa ti fa più paura?
«La tronfia arroganza degli imbecilli. È l’anticamera delle dittature».
 
Luogo del cuore?
«Bora Bora. Il segno di un’altra orbita. Spero di tornarci, prima di morire».
 
Cane o gatto?
«Ammiro i gatti, ma amo i cani. E quello che è stato con me per undici anni è ancora qui al mio fianco dopo un lustro che l’ho seppellito».
 
Con quale politico, possibilmente pugliese, riuscirebbe più piacevole un viaggio auto da Foggia a Roma?
«Direi Nichi Vendola. Ma anche Salvatore Tatarella e Raffaele Baldassarre sono compagnie gradevolissime».
 
Secondo la legge del contrappasso, quale sarebbe la tua pena più grande?
«Costringermi a leggere tutti i giorni il Fatto e il Giornale».
 
Cosa non dovrebbe mai mancare nel tuo frigo?
«Acqua leggermente gasata (Gaudianello the best), prosciutto crudo dolce, nodini dei Monti Dauni e frutta».
 
E nell’armadio?
«Un gran numero di cravatte dal prezzo minimo, sì che possa “lampiarle” (in italiano macchiarle, ndr) senza rimorsi».
 
C’è qualcosa che dici in privato e che neghi in pubblico?
«Sì. Ma come capirai non posso dirti qual è».
 


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