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Inquinamento/A Taranto si muore di nulla

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

29
GIU
2012

 

Documentato sì, ma sempre di nulla si tratta: perché è scomodo parlarne, perché neanche le istituzioni fanno il loro dovere, perché per la stampa è più conveniente tacere. Eppure, per fortuna, c’è più di qualcuno (noi di Extra compresi) che non vuole stare zitto
 
La querela facile ci mette in condizione di andare cauti con le parole mentre trattiamo questo argomento. Saremo molto vaghi. Molto. Non vorremmo mai ricevere quel pezzo di carta nel quale si dica che giorno x all’ora y siamo attesi in tribunale davanti a un Gup per discutere di una notizia di reato. Non sia mai! Si racconta in giro, voci di Facebook e di Youtube (ah, non sapete cosa siano? Male! L’informazione, la vera informazione, è sul web ormai) che un certo ambientalista -noto e antipatico a taluni che hanno un giro di affari annui a sei zeri, presidente di una associazione che si occupa da anni dei danni derivanti dalla diossina-, abbia girato un video nei pressi di un mare grande o piccolo che bagna una città che ha un Sindaco che scorrazza con un pistola tra i pantaloni per difendersi da chissà quale minaccia. Ops… c’eravamo promessi di essere vaghi ma… chi è il maggior “produttore” di diossina in Europa? quale città ha un mare “piccolo” e “grande” e quale ancora ha un Sindaco che gira allegramente da oltre 5 anni con un revolver alla cintola? vabbè, speriamo che non si sia capito un bel nulla.  Noi la querela non la vogliamo proprio. Dunque, si racconta (a noi ce l’hanno detto, non abbiamo visto nulla) che questo ambientalista pluriquerelato da una certa azienda (tutti i suoi dipendenti la chiamano AZIENDA, mai che la chiamassero con il suo nome)  abbia girato in queste settimane una serie di video nei quali si vedrebbero delle cose alquanto strane. Ad esempio, in uno di questi filmati si vedrebbe che nei fondali di questo mare si sarebbe depositata una sostanza di colore nero, simile al catrame e all’olio. Noi non pubblicheremo mai il link del filmato perché l’azienda ha minacciato querela nei confronti non solo dell’autore del video ma anche di chi si occupa di informazione. Questo ambientalista matacchi-one  qualche giorno fa di filmato ne aveva fatto un altro nel quale si evidenziava una chiazza oleosa che fuoriusciva dagli sfoghi a mare di questa azienda. L’azienda in questione ha diramato un comunicato nel quale si dice:  “Nei prossimi giorni saranno analogamente intraprese azioni equivalenti (la querela, ndr) anche nei confronti dei giornalisti che, senza alcuna verifica della fondatezza della notizia, hanno divulgato tale video". Quindi non potendo verificare con analisi certe, non possiamo andare oltre quanto vi abbiamo detto. Possiamo di certo affermare che in quella zona tutta la mitilicultura è andata al macero perché avvelenata da pcb prodotto da…. ah, non lo sappiamo. Sì, dobbiamo essere vaghi e ci dispiace non permettervi di capire bene di cosa si stia parlando. Ma concedeteci una digressione ad alta voce. Il pezzo poteva articolarsi diversamente se ci fosse stata una sorta di ufficialità della notizia. Ci spieghiamo meglio. Se al posto di quell’ambientalista ci fosse stato un ente autorizzato alle analisi, al prelievo di quei sedimenti marini o al controllo dell’ambiente,  Arpa o Asl per capirci, il pezzo in questione avrebbe potuto contenere nomi di luoghi, di persone e di aziende. Ma a realizzare il tutto è stato un semplice cittadino a cui da anni noi dell’informazione abbiamo appiccicato una bella etichetta di ambientalista. Quindi notizia proveniente da fonte “non attendibile” e querela facile per noi. Ecco, il meccanismo che nella città più inquinata d’Europa si è innescato ha dell’assurdo e dell’omertoso. Chi deve vigilare non lo fa e quindi non si hanno mai notizie ufficiali di controlli e di analisi. Non avendo ufficialità (ma anche l’ufficiosità  basterebbe a noi dell’informazione) allora non c’è notizia da riferire alla comunità. Non essendoci notizie, nessuno interviene o si allerta:  è come usare una prova in un processo non raccolta secondo quanto previsto dalla legge. Quella prova è nulla. A Taranto viviamo di nulla, documentato sì ma sempre di nulla si tratta. Di ambientalisti che denunciano, di cittadini che si lamentano e di istituzioni che nonostante l’evidente situazione tragica ambientale e sanitaria ancora non fanno il loro dovere. Questa volta il bavaglio c’è stato imposto non dall’azienda in questione, che ha tutto il diritto di difendersi dall’accusa di disastro ambientale o sversamento di sostanze tossiche, ma dalle nostre istituzioni che omettendo controlli non consente di divulgare notizie corrette ed ufficiali. Ma il bavaglio a volte ce lo mettiamo anche noi che facciamo informazione. E’ troppo facile e comodo nascondersi dietro a un ambientalista e usarlo come parafulmine adoperando espressioni “come dice il noto ecologista, secondo quanto ci riferisce mister X, a detta di…” . E no! Anche noi dobbiamo fare il nostro lavoro. Lavoro che in alcuni casi risulta essere difficile  specie quando la testata che ospita la pubblicità di detta azienda non  permette di fare quel giornalismo di inchiesta che eviterebbe al noto ambientalista di esporsi per tutta una comunità e diventare il capro espiatorio di tutti. Servono occhi aperti e vigili ma qui  si rischia di diventare ciechi, muti e sordi se continuiamo di questo passo. Benvenuti a… Taranto!   


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