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Alessandra Lumachelli/Scrivo dunque sono

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

3
AGO
2012

 

Un talento, il suo, che si esprime in numerosi campi, fra cui anche la scrittura e la sua forma. Ecco l’intervista alla grafoterapeuta che ci esorta a coltivare un “narcisismo sano”    
 
Alessandra Lumachelli, nata in Toscana ma trapiantata a Macerata, dopo una brillante laurea in Economia e Commercio – indirizzo sociologico - con una tesi sull’immigrazione,  si specializza in consulenza grafologica a indirizzo familiare. Già assistente al Parlamento europeo (Lavori per la Commissione per i Diritti Umani), docente di sociologia, scrittrice, saggista, perito grafologico, matura esperienza in materia di abusi sui bambini.  
Alessandra cosa ti spinge a specializzarti in grafologia?
«Durante gli anni del liceo classico, ero affascinata dall’interpretazione grafologica delle diverse scritture che apparivano su alcune riviste. Ma all’epoca abitavo in Toscana, e purtroppo a Firenze non avevano ancora attivato gli studi grafologici. Così scelsi in prima istanza il percorso di studi economico-sociologico, per poi iscrivermi a grafologia solo dopo la nascita di mio figlio».
Essere diventata mamma in quegli anni ha dunque in qualche modo condizionato questa tua scelta?
«Assolutamente sì! La nascita di mio figlio ha suscitato in me una miriade di emozioni, tra cui una gioia infinita, connessa anche a un grande senso di responsabilità sul suo allevamento emotivo. La grafologia rappresentava allora uno strumento in più di conoscenza, mia e di mio figlio, strumento scientifico, ma silenzioso e non invasivo». 
Oltre che saggista, come dicevamo, sei anche scrittrice. Nei tuoi racconti un punto di riferimento costante è proprio il tema del figlio. Questa attenzione particolare cosa vuole significare dal momento che hai scelto di lavorare al fianco di bambini sfortunati, vittime di abusi anche in seno alla propria famiglia: un grido affinché si spalanchino gli occhi sui figli? Un’esortazione a vivere con maggior impegno la propria genitorialità? O cos’altro?
«Non so se ti riferisci alla mia fiaba “Il palloncino a freccia e la mamma di Marco”, col quale vinsi il primo premio del concorso letterario internazionale “Emozioni in bianco e nero”, o al saggio “Distruggere il muro del silenzio”, che contiene la prefazione della prof. Maria Rita Parsi. Comunque, il tema del figlio è importante, sì, nel mio lavoro, in generale. Ma allargherei il discorso alla responsabilità sociale dell’essere adulti, quindi dell’essere persone che hanno il dovere di tutelare i minori, che siano nostri figli oppure no. Questo è il vero muro, il pregiudizio più forte da abbattere: il ritenere erroneamente che la condizione di bambino sia non solo estremamente e incontrovertibilmente felice, ma anche saldamente protetta dal nucleo familiare di provenienza».
Ami definire la maternità come “l’esserci interiormente, sempre, per poter fornire un ascolto empatico e attivo”. Una missione estremamente impegnativa, non c’è che dire…
«Sì. Io la chiamo, con una terminologia economica, responsabilità illimitata, illimitata nel tempo, illimitata nella sostanza. Nel nostro millennio, con le conoscenze che abbiamo, nel tipo di società in cui viviamo, sarebbe assurdo pensare di donare la vita, senza metterci altissima responsabilità, nel donare appunto».
Cosa ti trasmette quest’esperienza a contatto coi bambini abusati, sul piano professionale e personale, di donna e mamma?
«E’ un’esperienza forte. Mi addolora, profondamente. Ma mi dona anche una visuale molto ridimensionata del nostro senso adulto, illusorio, di quasi onnipotenza nell’azione. E mi offre la possibilità di analizzare le pieghe della società, in maniera magari disillusa, ma sicuramente realistica e capillare».
In che modo la grafologia si pone al servizio di questi bambini?
«Offrendo loro lo spazio di ascolto, di accoglienza, di comunicazione vera, il tutto in silenzio e con rispetto assoluto del loro mondo».
Oltre che agli abusi la tua attività di grafoterapeuta si rivolge a quali altri ambiti?
«All’ambito “classico”, cioè al recupero della disgrafia infantile, quando il bambino ha difficoltà nell’esprimere una scrittura leggibile e fluida. E poi la grafoterapia per me si rivolge a tutti, anche e soprattutto a noi adulti, che sentiamo il bisogno di irrobustirci nell’autostima e nel benessere interiore, così da esprimerci in maniera più sana, emotivamente costruttiva».
Dopo aver pubblicato lo scorso anno un tuo romanzo “Trovare le parole”– che tra l’altro ha registrato un enorme successo in termini di vendite…- attualmente stai traducendo dall’americano il libro di un’amica che spiega come relazionarsi all’interno di una storia d’amore, una sorta di coaching sull’amore appunto…
«Già. Questa traduzione mi rende particolarmente orgogliosa.  Dal punto di vista professionale, perché la mia amica - della quale per il momento non svelo l’identità - è davvero un gran personaggio nel mondo del coaching e della PNL. Ma anche dal punto di vista emozionale, in quanto ritengo importantissimo parlare di sentimenti, anzi educare ai sentimenti, ritornare al recupero di un sapere antico, che conoscevamo e che abbiamo quasi del tutto perso: l’intelligenza emotiva di cui scrive Daniel Goleman».
E poi porti in giro per l’Italia il tuo evento “Dimmi come scrivi”, che sta riscuotendo un enorme successo. Lo scorso 21 luglio hai preso parte all’11° raduno nazionale dei gemelli a Porto Recanati per analizzare la loro scrittura: cosa ci racconti di queste esperienze?
«E’ bellissimo incontrare persone di diverse età, provenienze e culture, che si approcciano con entusiasmo alla scoperta del proprio mondo interiore attraverso il gesto grafico. Esiste ovunque una “fame” di interiorità e di profonda comunicazione che ha dell’incredibile. Mi capita frequentemente di accogliere una forte commozione nel potersi svelare con fiducia. E’ meraviglioso. Il raduno dei gemelli è stata poi una tappa particolarissima: gemelli monozigoti, quasi identici dal punto di vista morfologico, ma diversissimi nella scrittura… hanno testimoniato il nostro essere sempre e comunque unici e irripetibili!».
Prossimi obiettivi?
«Ho in cantiere diversi libri da terminare: due romanzi gialli e due saggi, uno di sociologia e uno di grafologia. Intendo anche potenziare gli obiettivi di un’associazione che si occupa di lotta agli abusi, di cui faccio parte. E diverse collaborazioni/commistioni col mondo dell’arte… mmh… moltissimi progetti! Ci risentiremo, Irene! »
Senz’altro! Sarà un autentico piacere! Un messaggio ai nostri lettori?
«Mai per gli altri, ma sempre e solo per te. Il narcisismo sano è la forza che crea l’individuo riconoscibile e vitale, e che permette all’individuo di dividere la propria illuminazione con gli altri. Amare sé per amare davvero gli altri, senza aspettative egoistiche né insane.
E… scrivi, scrivi, scrivi! Per permettere a te di conoscerti meglio, e agli altri di avvicinarsi profondamente a una persona (te) autentica.
Un forte abbraccio».


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