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Taranto/Non siamo più pecore

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

24
AGO
2012

 

Già, perché è così che molti ci avrebbero voluti, cittadini mansueti e pieni di veleni come quelle povere bestie abbattute per la diossina. Alla manifestazione del 17 agosto noi c’eravamo. Ecco cosa abbiamo visto
 
Una giornata torrida diventa irrespirabile se vissuta nella morsa della rabbia. Rabbia che è sete di giustizia, rabbia che è preludio di disperazione, rabbia che è attesa di un domani migliore. Ma mentre si stringono nel corteo cittadino, ciascuno celando in cuore la sua fetta di dolore, i tarantini si sentono soli, tristemente abbandonati a un destino impietoso e devastante. E non è gratificante sapersi pedine sul tabellone di gioco dei potenti… “Non siamo numeri: oltre la statistica c’è molto di più…”.
Da piazza Castello a piazza Immacolata il passo è breve. E non saranno certo il caldo insopportabile o la presenza dei ministri in città a scoraggiare i tantissimi partecipanti alla manifestazione del 17 agosto. Operai, ambientalisti, cittadini di tutte le età, arrivano numerosi a portare la propria testimonianza di solidarietà alle vittime del disastro ambientale. E vittime lo siamo tutti. Perché la questione Ilva riguarda ciascuno di noi. Perché quel disastro ambientale che ha mietuto e miete vittime, non risparmia nessuno. C’è chi va in giro per le strade del centro indossando insoliti copricapo, chi rinunciando al mare ricorre agli ombrelloni in piazza per tentare di ridurre gli effetti dell’afa! Ma si è tutti lì, a far sentire la propria voce. Anche alcuni frati sono scesi a manifestare, particolarmente sensibili a questa piaga cancrenosa che non ha pietà neppure dei bambini. E tra i tanti che sfilano in protesta c’è Mauro, il papà di Lorenzo, un bambino di appena tre anni affetto dal cancro. Quel padre è uno di noi, la sua rabbia è la nostra, il suo dolore è impresso nei nostri cuori. E d’altronde come si potrebbe restare indifferenti dinanzi a un bimbo che viene privato del futuro?  E del futuro a Taranto sono privati tutti i cittadini per anni vittime del ricatto occupazionale, e oggi consapevoli di uno scenario inquietante che dovrebbe preoccupare l’Italia intera. Mancava l’Ape Car che è diventato il simbolo di questa protesta. E’ raffigurato intento a spazzar via diossina, veleni, PCB, e corruzione mentre trasporta un carico di vita, aria pulita, mare pulito, salute, lavoro che non uccide. Ne è stato impedito l’accesso alla piazza. Finché all’improvviso è arrivato un Ape Car di cartone! E Cataldo Ranieri, operaio Ilva portavoce del comitato “Cittadini e lavoratori liberi pensanti” ha spiegato come quel motocarro trasporti in realtà la disperazione dei tarantini. Come dargli torto… Oggi siamo consapevoli di essere pericolosi con le nostre ragioni, perché le nostre teste iniziano a riappropriarsi di quella verità che sola può farci liberi. Ci avrebbero voluti eternamente pecore, come quelle abbattute per la diossina. Ma non c’è più tempo da perdere e non è tempo di piegare il capo. Occorre guardare in faccia la realtà e restare uniti in quel cammino arduo che coinvolge tutti indistintamente. Perché Taranto ha diritto ad avere un futuro, e i tarantini non dovranno mai più trovarsi in condizione di accettare di morire lentamente in nome di quella sopravvivenza che sfugge dalle mani giorno dopo giorno irrimediabilmente… 
 


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