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Femminicidi/ Pensavano fosse amore

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

6
MAR
2015
La cultura maschilista, i media morbosi, la legislazione che tenta di far fronte all’emergenza. Una libera riflessione sulla fragilità delle donne e nel rispetto di quelle tante vite spezzate che riempiono le pagine di cronaca nera
 
 
Di solito, mentre si pranza o si cena con la televisione accesa, un telegiornale lo si becca di sicuro. Finita la sigla, l’annunciatrice, truccata ed elegante come una modella, e seduta dietro un tavolo grande come un eliporto, incomincia a snocciolare la scaletta del TG con le notizie più importanti. Immancabilmente, quasi come una atroce cadenza fissa, arriva la notizia dell’uccisione di un’altra donna, dell’ennesima donna. L’annunciatrice allora passa la parola all’inviata, che nel frattempo è corsa sul posto, per informare dal luogo dove è stato commesso il delitto, chi sia la vittima, quanti anni avesse, quanti figli in tenera età abbia lasciato e chi sia il presunto responsabile dell’omicidio. (Presunto, anche se magari l’assassino ha confessato ed è già stato arrestato. Ma per la consueta abitudine del garantismo assoluto, che stabilisce “Tutti gli imputati sono innocenti sino a sentenza definitiva”, la giornalista lo definisce sempre e comunque presunto). Dopo qualche altra informazione sui dettagli dell’episodio e delle motivazioni che hanno portato all’assassinio, l’inviata chiude con la solita frase: «Da…….. (e indica la località), è tutto, vi restituisco la linea». Il telegiornale prosegue con le immagini tornate in studio e l’annunciatrice che impassibile passa ad altra notizia.
Quello che cerco di evidenziare è la quasi quotidianità di queste notizie. Da una statistica è risultato, ad esempio, che nell’anno 2011, sono state uccise, in Italia, 127 donne, con un’età che andava dai 15 anni ai 70 e oltre, e che la violenza più diffusa le donne la subiscono proprio negli ambienti domestici o comunque da mariti, compagni, ex mariti, ex compagni, conviventi, spasimanti respinti, fidanzati gelosi, ecc.. Le statistiche degli anni successivi non sono migliori e dimostrano che il fenomeno è costante, se non in crescita. Ed è anche impossibile cercare di circoscrivere il fenomeno in una particolare zona del Paese. Se si appuntassero delle bandierine colorato nei posti dove si sono verificati questi delitti, o meglio, femminicidi, ci si accorgerebbe che dal Piemonte alla Sicilia, passando dal Veneto, dalla Romagna, Lazio, Campagna e Puglia, lo Stivale sarebbe ricoperto da un susseguirsi di bandierine colorate.
La violenza subita dalle donne, inizialmente, risulta quasi sempre di tipo verbale: minacce, offese, maltrattamenti psicologici, umiliazioni. Poco interessano però, a noi, le motivazioni che spingono questi uomini a offendere le proprie mogli, fidanzate o ex. Quello che deprime maggiormente è che queste umiliazioni spesso vengano accettate e subite dalle stesse come normale ménage domestico, e raramente vengono percepite come vere violenze. La sottomissione a questo tipo di maltrattamento può essere di diversa natura, e anche giustificata: paura di reazioni spropositate da parte del partner; mancanza di indipendenza economica; la preoccupazione di perdere i figli o la loro fiducia. E quasi sempre evitano di confidarsi con qualcuno per il timore di coinvolgere in litigi i familiari o, comunque, per paura di non essere capite o peggio, di essere fraintese. Spesso hanno il timore di sentirsi rispondere che sono esageratamente angosciate e preoccupate per dei semplici battibecchi coniugali. Perciò preferiscono tacere, continuando a subire quotidianamente maltrattamenti e umiliazioni. Quando poi arrivano le violenze vere e proprie: da prima sotto forma di semplici strattonate, tirate di capelli e successivamente con percosse, schiaffi, calci e pugni, che a volte fanno ricorrere alle cure dei sanitari, allora si rendono conto, ma è ormai troppo tardi, che la situazione sta degenerando ed è diventata ormai insostenibile. Nella maggioranza dei casi è quasi sempre troppo tardi quando si arriva a questo punto. Ormai l’uomo ha preso il sopravvento o crede di averlo preso. E quando la donna, finalmente, prende coscienza e si ribella a questo stato di inferiorità e cerca una soluzione, magari andando via da casa, lasciando il marito, il compagno, per cercare di rifarsi una vita più serena, lontana e da sola. Allora, per lei, incomincia il vero inferno. Certe volte, purtroppo, succede che dopo le violenze resista ancora alla tentazione di denunciare alle Autorità preposte tali comportamenti, simili abusi, e continui a subire minacce e violenze, sino alla stretta finale. Quando ormai non c’è più niente da fare. Sino a quando, in una normale giornata di follia, si trova davanti il marito, il fidanzato, il compagno, l’ex convivente con un’arma in mano, che le lascia solo il tempo di inorridire nel vedere tra le mani dell’uomo che aveva amato, la fine dei propri giorni.
Ma a pensarci bene, non è solo la vita della povera vittima innocente ad essere distrutta. Pensiamoci: ci sono quasi sempre i figli, il più delle volte in tenera età che verranno affidati a nonni o a parenti più o meno prossimi, perché la mamma non c’è più e il padre lo rivedranno, se va bene, e se lo vorranno, forse tra una trentina d’anni.
Rimedi ce ne sono? Non lo so. Ma si possono cercare, studiare e trovare. Magari, perché no, cominciando a parlarne agli studenti delle scuole superiori. Parlare loro, naturalmente con cautela del fenomeno, facendo supportare gli insegnanti da psicologi che spieghino con parole semplici ma chiare, che non è solo la donna violentata, minacciata, uccisa, la vittima. Certo tutta l’attenzione e il rispetto va e deve andare sempre alla vittima della violenza. Ma spiegare agli studenti che il Codice Penale esiste e che punisce severamente chi commette tali reati, forse servirebbe a taluni ragazzi, trovandosi un domani in circostanze analoghe, a pensarci due, forse tre volte, prima di commettere un tale delitto sulla donna che amerà, sposerà o contro colei che avrà scelto di convivere con lui. Sì, credo proprio che bisognerebbe iniziare nelle scuole a insegnare e inculcare ai ragazzi i primi elementi di diritto civile e penale. Fargli prendere coscienza che nella vita non ci sono solo diritti, ma anche doveri. Doveri verso se stessi, ma soprattutto verso gli altri e la società che li circonda. E che gli errori criminali possono costare molto caro, soprattutto dopo una certa età e che, per reati come la sopraffazione, violenza, stupro e omicidio, il Codice Penale ha previsto pene severissime. 
Gli articoli del C.P. ed altri, naturalmente, che comprendono tali reati, agli studenti glieli farei scrivere su un quaderno e poi imparare a memoria, facendo sottolineare le conseguenze, altrettanto devastanti, a cui andrebbe in contro chi dovesse violarli. E poi ne farei anche materia d’esame. E lo Stato cosa fa per fronteggiare il fenomeno? Lo Stato sino ad ora si è limitato a demandare alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine l’onere di assicurare alla Giustizia i responsabili dei crimini. E’ questo, a mio avviso, è poco, troppo poco.
Esiste nel Codice Penale il delitto di Femminicidio? Io non l’ho trovato. 
Esiste una cultura civica? Si insegna nelle scuole italiane? A me non risulta.
C’è un’attenzione particolare verso coloro che risultano violenti, particolarmente pericolosi e già segnalati? Forse sì, ma di sicuro quando questi individui decidono di agire e compiere le loro malefatte criminali sulle donne, ci riescono sempre.
 
Cosa ci resta, in conclusione, di quanto sopra esposto? Resta che i media si appropriano della notizia e la sfruttano per farne una trasmissioni ad hoc. Dilatandone l’evento e descrivendo dettagliatamente, se necessario anche con plastici e ricostruzioni, i particolari più agghiaccianti. Con parenti e conoscenti della vittima in studio (subito pronti ad accettare l’invito), assistiti dai soliti criminologi, avvocati e psicologi, cercano di scavare nel passato della vittima e dell’aggressore. Tutti solleciti e pronti a parlare di quello che in definitiva non sanno: colpe, cause, motivazioni e colpevolezze. Arrivando, a volte, a sbandierare la scoperta di nuovi testimoni, nuovi indizi e nuove prove. 
Tutto questo però, e dovrebbero saperlo, e forse lo sanno ma vanno avanti ugualmente per la loro strada lastricata con il grafico dell’audience, sposta l’attenzione degli ascoltatori e dell’opinione pubblica sul fatto in se stesso, sul singolo accaduto.
Persistono per giorni e settimane sull’argomento, senza spiegarne i motivi, ma forse sono solo in attesa che un episodio analogo possa prendere il posto di quello diventato ormai stantio, e così ricominciare da capo. Ma sempre in attesa dell’immancabile prossimo scoop criminale. 
 
 
 


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