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Marco de Bartolomeo/Per la mia città sono un partigiano

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

9
NOV
2012
Il musicista tarantino ci ha aperto le porte della sua casa-studio per raccontarci la storia del progetto Artisti uniti per Taranto, e per spiegarci quanto sia innamorato della sua terra, che mai come oggi si sta preparando alla svolta
 
Quando ho iniziato a fare la mia personale ricerca di artisti sul territorio tarantino e della sua provincia, in realtà non avevo ben presente a cosa stessi andando incontro, stavo solo agendo, rispondendo a un forte richiamo che mi partiva da dentro e non riuscivo a fermare. A distanza di mesi tutto è diventato più nitido e la cosa che più mi rende orgogliosa e sicura di voler continuare questa complessa ricerca è l’emozione che ogni artista che ho incontrato, conosciuto, intervistato mi ha donato, lasciando un segno indelebile nel mio profondo, nella mia anima, un segno che ha successivamente generato una mia personale crescita interiore.
In questa mia piccola presentazione riassuntiva del percorso, desidero che le parole che maggiormente rubino la vostra attenzione o meglio il vostro cuore siano emozione e animo perché io non voglio proporvi crisi, depressione o quant’altro, ma voglio che si parli delle componenti positive della nostra vita che esistono, e sono quelle emerse nel momento in cui ho avuto la possibilità di conoscere Marco de Bartolomeo, musicista tarantino, 38 anni non solo di età ma di immenso amore per la sua città, ideatore del progetto Artisti uniti per Taranto, e autore della canzone che ne è alla base, alla realizzazione della quale hanno partecipato Fabrizio Loconsole, Giovanni Caciotta, Danilo Curatti, Ottavio Lo Savio e Luigi Minonne. Marco è stato bravo a trasmettere in quaranta minuti la sua pura essenza tramite quella strana rabbia che avvolta dal velo della passione non può che essere romantica, e i suoi occhi e le sue parole hanno contribuito a rafforzare la voglia di continuare a credere in questa battaglia. La nostra intervista si è svolta nello studio di registrazione di Marco, che fino a qualche tempo fa, prima della grande crisi del mondo discografico, funzionava a tutti gli effetti. Nonostante questo, dalla sua persona, mai ho potuto percepire un sentimento di abbandono, di stanchezza, ma soltanto tanta voglia di farcela.  Per ora rimane la sua casa, il luogo dove comunque continua a vivere con la musica, il luogo dove è nato questo fantastico progetto, e che di certo non è poco.
 
Marco, raccontati e raccontaci la forza di Artisti Uniti Per Taranto.
«Alla base di questo progetto c’è la voglia di unire le forze di una Taranto che si è svegliata, che vuole il riscatto sociale e culturale, che ha scelto la via del cambiamento. 
Prima di essere un musicista, un artista, sono un uomo pazzamente innamorato della mia città e nonostante io abbia avuto la possibilità di conoscere e vivere in altre realtà è qui che sono sempre rientrato, perché se ami Taranto è difficile riuscire a lasciarla. Ho amici che vivono fuori ormai da tempo e spesso mi chiamano confidandomi la profonda mancanza che nutrono nei confronti di questa terra tanto emblematica quanto bella».
 
Perché sei rimasto qui?
«Ho deciso di restare in quella che è la mia casa, non solo per le sue bellezze, per la sua storia, per il suo mare, ma perché voglio lottare: la nostra Taranto non ha nulla da invidiare alle altre città che hanno semplicemente capito come dovevano fare per riuscire a vendere anche i loro i marciapiedi, e non lo dico per retorica ma perché è la pura realtà».
 
Parlaci del tuo progetto.
«Artisti uniti per Taranto mette insieme, fonde e rafforza l’arte di un ensemble di  musicisti, cantanti e professionisti del settore musicale, che ha detto basta al maltrattamento e all’annientamento di questa città, all’accettazione della malattia, della morte, al ricatto occupazionale. Da questa voglia di riscatto si è partiti, ma questo gruppo, questo progetto, vuole anche essere un’idea, un aiuto,  perché oggi siamo in trenta a lottare con il nostro tipo di arte e solo per amore della città, domani seguendo il nostro esempio, ci potranno essere trenta scultori che non propongono più una statua individualmente, ma fanno gruppo e ne creano una grandissima che abbellisca una delle tante zone lasciate al degrado. Ormai, bisogna superare l’idea dell’individualismo che, in particolar modo a Taranto, ha portato solo alla distruzione. Pensiamo per esempio ai ragazzi di Ammazza che piazza, anche loro con un rastrello, una scopa e una paletta hanno espresso la loro arte, sono artisti e sono stati in grado di risanare e riqualificare tante zone. Hanno fatto, hanno agito unendosi e così hanno realizzato qualcosa per il bene comune. In realtà credo che, mettendo da parte l’artista in quanto possessore di una spiccata sensibilità legata a un talento o a una attitudine, tutti abbiano una loro magnificenza e, di conseguenza, qualcosa da offrire, ed è per questo che si devono superare le barriere del pregiudizio, che in un processo lungo anni, hanno portato alla stasi della popolazione tarantina».
 
Ce n’è di lavoro da fare…
«Non è così, la nostra città vanta una storia di 2718 anni e secoli e secoli di splendore inimmaginabile che non possono essere mortificati da cinquanta anni di scelte scellerate. Taranto è storia. A questo punto voglio raccontarvi un aneddoto per farvi capire quanto il pregiudizio sia ormai permeato in una buona fetta di popolazione: qualche tempo fa, in occasione della fiaccolata tenutasi per le vie del centro cittadino, affiggevo in un bar i volantini per sensibilizzare la partecipazione della città tutta all’evento, quando un signore di una certa età ha ritenuto il mio impegno inutile riferendosi alla popolazione tarantina con la nota espressione oraziana, erroneamente utilizzata, molle Tarentum. A quel punto non ci ho visto più e ho cercato di spiegare al signore che l’eccelso Orazio era innamorato di questa Taranto, e con il termine molle, che oggi è utilizzato per identificare l’atteggiamento piuttosto statico fisicamente e mentalmente del tarantino, indicava tutt’altro, la bellezza delle acque del placido Galeso, i fertili campi, le sue primavere, il suo dolce cullarlo, tanto da desiderare di morire in alternativa alla sua terra d’origine, nella molle Tarentum».
 
Un appello ai lettori.
«Noi, attraverso il nostro sostegno, vogliamo contribuire a quel processo di culturalizzazione che deve essere attualizzato per far sì che la Taranto che ha ancora paura, che non riesce a svegliarsi, si liberi dai limiti che l’ignoranza pone e che è uno dei mali peggiori. Bisogna allontanare dalle nostre menti, l’idea che non ce la possiamo fare, che non possiamo vincere, perché non è vero. Questa è una condizione che ci è stata imposta nel corso degli anni per farci sentire inadatti e fa parte di quel ricatto che ha sempre voluto tenere a bada la nostra forza.
Siamo felici di poter pubblicamente invitare la popolazione tutta alla presentazione della nostra canzone Taranto Libera, domenica 11 novembre alle ore 10:45 presso il cinema Ariston, ingresso libero.
Il messaggio che lanceremo con la nostra canzone è che oggi siamo presenti anche noi, al fianco dei vari comitati, libere associazioni e liberi cittadini impegnati per una Taranto migliore, uniti per la nostra amata città che vogliamo finalmente libera dai ricatti e dai veleni». 
 



Commenti:

Cinzia 12/NOV/2012

Io sono figlia di due terre, di due scenari diversissimi tra loro, mia madre è tarantina, mio padre veniva dal Monte Baldo, dal Veneto, ancora oggi la natura là è quasi incontaminata. Quando tornavamo da quella terra e arrivavamo a Taranto io avevo il magone, passavamo dal mostro e già la puzza si sentiva, forte. Ero piccola e fino a qualche giorno prima avevo giocato con i miei amici tra le montagne, con le mucche, rotolandomi nell'erba, era un Paradiso, ma bisognava tornare, c'era il lavoro di mio padre e la scuola per noi figlie. Ho odiato questa città per tanti anni, odiavo la rassegnazione, amavo il mare, i tramonti e la musica, l'arte che si respirava, anche se era rassegnata, anche lei. Oggi, mi sono sentita tarantina anche io, per la prima volta, ho scoperto di amarla e come quando si vivono i cattivi amori, lo nascondevo a me stessa. Le prime ravvisaglie le ho avvertite, quando timidamente ho partecipato alle prime manifestazioni, adesso è conclamato, la amo. Grazie a questi ragazzi e a tutti quelli che stanno lottando senza sbandierare nessuna bandiera fasulla.

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