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Abuso o pseudoabuso?/Quando è difficile ricostruire

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

7
DIC
2012

 

Un convegno su un argomento delicato e attualissimo ha costituito l’occasione per guardare i casi di abuso sui minori – e le testimonianze minorili - dal punto di vista giuridico e psicologico
 
Abuso o pseudoabuso? Difficile oramai distinguerli alla luce della legge attuale, eppure esistono dei metodi per saperli riconoscere. Ad affrontare la questione, delicatissima, ci ha pensato la Camera Penale di Taranto in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e la Fondazione Scuola Forense, che hanno organizzato un convegno sull’accertamento della verità nei processi per abuso sessuale, presso l’Hotel Delfino a Taranto. Il numero di questi processi è enormemente aumentato negli ultimi anni e lo Stato Italiano ha adottato la Legge 1 ottobre 2012 n.172 di Ratifica ed Esecuzione della Convenzione di Lanzarote del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale; una legge forse troppo iperprotettiva nei confronti del minore, come l’ha definita l’avvocato Carlo Petrone durante la sua relazione: «Si tratta di reati infamanti puniti con pene gravissime, che portano sempre alla distruzione di una vittima: o perché la vittima innocente non viene creduta, oppure è l’accusato innocente a non essere creduto. Chiunque si occupi professionalmente degli abusi sui minori, ha potuto notare che è difficile ricostruire ciò che è successo: vero e falso sembrano indistricabilmente intrecciati», conclude l’avv. Petrone. Esistono però degli strumenti operativi, sempre più sicuri per poter distinguere il vero dal falso; ad esporli e a sapere individuare il metodo per riconoscerli il professor Filippo Petruccelli, titolare della Cattedra di psicologia dello sviluppo e dell’educazione. Le tecniche citate dal prof. Petruccelli rimandano alla capacità di testimoniare e all’attendibilità psicologica del minore, oltre che alla modalità di acquisizione e valutazione da parte del giudice. Petruccelli ha spiegato che il fatto che il bambino si ritenga “soggetto giuridico” ce lo fa considerare al nostro livello, il che potrebbe essere fuorviante per la sua incolumità; quando il giudice interroga un minore, deve tener conto di alcuni indici di valutazione. E ancora Petruccelli: «La validità della testimonianza minorile non si giudica dal contenuto, ma soprattutto da come la domanda viene posta, dal contesto in cui ci troviamo. Un buon metodo può essere l’audiovideoregistrazione, perché serve a non ripetere il contenuto; è bene sapere che le competenze del bambino possono essere apprezzabili da i 6 anni in poi, in quanto fino a 4 anni confonde molto facilmente la realtà con la fantasia. Mai ripetere una domanda, il bambino è facilmente suggestionabile, il che significa che è più facile convincerlo su cose che l’adulto vorrebbe inserire nel contesto. E’ consigliabile agire sul ricordo, perché il minore potrebbe essere attratto da cose ben diverse rispetto a quelle che noi riteniamo importanti». A seguire ha esposto la sua tesi il prof. Ruggero Ruggieri, titolare della Cattedra di Psicologia dinamica dell’Università degli studi di Salerno, che si occupa sostanzialmente  di distinguere la verità processuale da quella reale. Secondo Ruggieri, incorriamo nell’errore di dare per scontato un indizio e di pensare che il contesto sia invariabile; al contrario bisognerebbe valutare l’indizio in tutte le sue sfaccettature, tenendo particolar conto del background dell’indiziato. Argomenti alquanto minuziosi e forse difficili da mandar giù, ma sicuramente oltre che ai giudici tornano utili ai genitori, insegnanti e assistenti sociali che dovrebbero imparare a interpretare correttamente i diversi atteggiamenti dei bambini, ai fini di proteggerli nella loro integrità.
 


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