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Lavoro/ Sopravvivere in una società precaria

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

25
SET
2015
Un convegno organizzato da UILCA (la UIL dei bancari) nel cuore del Salento ha permesso di discutere di lavoro – ma non solo - scegliendo di confrontarsi anche col mondo esterno ai sindacati, grazie a ospiti eccellenti
 
Come le famosissime rette parallele di Euclide che non si incontreranno mai se non all’infinito, Governo e Sindacati proseguono, distinti e distanti, la loro corsa all’interno della società italiana. Quel postulato ha fatto parlare di sé per oltre duemila anni prima di approdare ad una soluzione soddisfacente mentre l’Italia, nel pieno di una burrascosa crisi economica, ha meno tempo, molto meno. Vent’anni di berlusconismo hanno convinto parecchi italiani che i malanni dell’Italia derivassero dall’opprimente zavorra di un dedalo di regole, il terreno migliore per predisporre il Belpaese alla vigente mistica del “decisionismo renziano”.  Se fosse una partita di calcio Renzi sarebbe il Pepp Guardiola del Barcellona, autore di un asfissiante possesso palla – il tiki-taka – finalizzato ad annichilire l’avversario (i sindacati per l’appunto). Ma nel calcio, come nella vita, esiste il contropiede, una regola tattica che ha trovato applicazione pratica nel convegno organizzato sabato scorso da UILCA (la UIL dei bancari) nel cuore del Salento (Cavallino, Lecce). Promotore dell’incontro sul tema L’involuzione del mondo del lavoro…. sopravvivere  in una società precaria è il responsabile leccese di UILCA, Oronzo Pedio, che ha assortito un autentico parterre de roi per discutere di lavoro – ma non solo - scegliendo di confrontarsi anche col mondo esterno ai sindacati: il professor Gaetano Veneto, mitico docente di Diritto del Lavoro e allievo del giuslavorista Gino Giugni (l’inventore dello Statuto dei Lavoratori e del TFR); l’On. Stefano Fassina, fuoriuscito dai DS per fondare il movimento Futuro a Sinistra; l’assessore al Lavoro della Regione Puglia, dott. Sebastiano Leo; la UIL nazionale era rappresentata dal segretario confederale Guglielmo Loy mentre coordinava il tavolo dei lavori il segretario UIL di Lecce, Salvatore Giannetto. E’ stato un confronto vero, tutt’altro che una passerella di luminari, la cui perfetta riuscita ha risposto pienamente ai temi in ballo: voci come sopravvivenza, involuzione, precarietà e dignità del lavoro, sommate in un unico titolo, hanno testimoniato l’urgenza di riaffermare l’imprescindibilità del sindacato dai temi lavoro e disoccupazione, sdoganandolo dall’insofferenza montante in questo periodo. Oronzo Pedio, nelle vesti di eccellente padrone di casa, attacca subito la massa critica dei problemi stigmatizzando il mainstream di Governo e Confindustria, ovvero la teoria secondo cui solo la libertà di licenziare a piacimento da parte delle imprese, passando per l’art. 18e la demolizione della giusta causa, renderebbe competitiva l’economia italiana. Pedio non la manda a dire ai politici: jobs-act e riforma Fornero altro non sono se non il distillato delle teorie della destra italiana innestate, in un abbraccio mortale, su quelle della sinistra. Tra i passaggi più efficaci del responsabile leccese UILCA ve n’è uno che merita riflessione: … l'ulteriore aumento dei contratti flessibili è affiancato dalla liberalizzazione dei licenziamenti al fine di sostituire la manodopera più anziana e quindi più costosa, con quella più giovane, più malleabile, meno propensa a chiedere atti di responsabilità all'impresa e, come se non bastasse tutto ciò, è integrato con la richiesta di un significativo prolungamento della permanenza nell'attività lavorativa fino a settant'anni. Sono pretese irricevibili! Qualcosa non quadra in questo progetto di società; mi auguro che i lavoratori innanzitutto ed i sindacati sappiano trarre le dovute conseguenze. Nell’invocare la compattezza sociale per rispondere all’attuale caduta delle tutele contrattuali, in uno slogan Oronzo Pedio riassume, per intero, l’essenza del convegno: che società  è quella in cui si delegano le proprie idee, le proprie riflessioni, la propria capacità di lottare, di costruire? … viviamo in una società precaria che fa del presentismo il proprio dogma… Agganciandosi all’intervento di Pedio, il prof. Gaetano Veneto ha allargato alla vexata quaestio del Mezzogiorno d’Italia, un problema nel problema. Il quadro complessivo è impietoso e non tralascia alcuni aspetti di “tradimento” della Carta Costituzionale (art. 18) sul piano dei diritti fondamentali con una compressione preoccupante quando si parla, senza mezzi termini, di spiare il lavoratore sul luogo d’impiego. Ma ad inquietare Veneto è anche il clima generale delle odierne vicende sindacali in riferimento all’assetto, definito spregiudicato, dei media circa la famigerata vertenza “Colosseo (le assemblee sindacali ampiamente programmate che hanno tenuto chiuso il monumento, ndr)”. Chiusura ad effetto del gagliardo professore che cita Italo Calvino (è classico ciò che tende a relegare l'attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno) per scongiurare l’ipotesi di una assuefazione passiva di cittadini e lavoratori a questa situazione e un’idea di Keynes che si domanda: ci sarà un futuro per i nostri nipoti? Il professore invita all’ottimismo, almeno come atto dovuto, ma richiama all’impegno di ciascuno di noi. La presenza del neo-assessore regionale al Lavoro, il dott. Sebastiano Leo, consente uno sguardo qualificato anche alle dinamiche del lavoro pugliese, non meno importanti rispetto al quadro nazionale quando si pensi alla delicatezza delle cifre regionali sulla disoccupazione, per di più inserite nel più generale e sconquassato quadrante meridionale. La Puglia di Emiliano e Leo è chiamata ad una sfida non facile per contribuire alla crescita dei pugliesi: muovere almeno 38.000 unità lavoro disoccupate da interfacciare alle imprese locali sul piano della riqualificazione. La nostra regione, secondo l’assessore Leo, vanta svariate eccellenze, l’agricoltura ne è un esempio, eppure deve ancora sostenere l’onta del caporalato per un’equazione senza compromessi: caporalato=mafia. La lotta dev’essere senza quartiere soprattutto in difesa di una fascia sociale che rende più debole una fascia già debole: il lavoro femminile. Ma Leo, in una inquietante visione etica, afferma che “in Puglia vi sono caporali anche in molti altri settori, costoro si fanno avanti ma trovano un muro a fermarli”. Urge una strategia concertativa forte e la Puglia se ne vuole fare carico sia per la moltitudine di giovani pugliesi in cerca di prima occupazione che per quanti sono stati espulsi dal mondo del lavoro. Basta coi “giochini” dell’acquisto di stabilimenti industriali decotti a fini speculativi per poi dileguarsi nel nulla. Che la Puglia insista sui comparti in cui ha dimostrato straordinaria vitalità, vedi la meccatronica, compatibili con la globalizzazione dell’economia. La testimonianza del segretario confederale UIL Guglielmo Loy, fresco messaggero del tentativo del segretario nazionale UIL Barbagallo di resuscitare la “triplice” CGIL-CISL-UIL infranta dal famigerato “strappo di San Valentino”, il 14 febbraio 1984 in cui Craxi, per decreto, tagliò la “scala mobile”, ha misurato la temperatura del movimento sindacale. Per Loy, siamo nel pieno di una “autentica tempesta comunicativa e normativa” che offusca il ruolo del sindacato per decenni impegnato nel miglioramento complessivo delle condizioni di vita degli italiani. Il sindacato intende proseguire su questa strada ma, afferma Loy richiamandosi anch’egli ai recenti “fatti del Colosseo”, è intollerabile sentirsi “sotto attacco” quando il Governo sbandiera un decreto a distanza di pochi minuti dagli avvenimenti. Significa che il decreto che sancisce l’essenzialità del settore Beni Culturali, con tutte le limitazioni di diritti sindacali connessi, era già bello e pronto cioè scientificamente premeditato. Il sindacato, per Loy, è ben altra cosa e si impegna su una idea di sviluppo chiara che vada oltre la “ripresina economica” passante. Ad esempio, non è condivisibile la visione governativa sugli “ammortizzatori” in cui manca “l’idea di Paese” quando si applicano identiche misure su aree distanti tra loro anni luce per densità industriale e PIL locale. Quindi di sindacato e confronto c’è ancora bisogno ma ripensando il ruolo ed il codice di comunicazione: “se la politica ha cambiato linguaggio e modus operandi anche il sindacato deve cambiare registro e rimodulare la propria azione, senza sensi di colpa” ha concluso Loy. Attesissimo anche l’intervento dell’on. Stefano Fassina, fresco transfuga dai DS, per i risvolti che il suo neo-movimento “Futuro a Sinistra” rifletterà sul quadro politico nazionale. “Questo convegno” ha esordito Fassina, “è un incontro sulla realtà vissuta del Paese e non lo specchio teorico delle azioni da intraprendere”. Per Fassina, fine economista, la crisi italiana viene da lontanissimo, dalla crisi del sistema bancario USA che ha distrutto la mid-class americana e ha finito per infettare altre economie, tra cui la nostra. Ma c’è n’è anche per il nostro premier: alla caduta di Syriza ad opera della troika, la famiglia socialista europea, ed in particolare Renzi, non ha espresso un giudizio sereno ed indipendente sulla sorte cui va incontro la Grecia. L’Eurozona incide profondamente su tutto lo scenario europeo con continui richiami alla riformulazione dei contratti nazionali di lavoro da interpretare a senso unico: l’impoverimento salariale diffuso, figuriamoci in Italia. Ma l’aspetto più preoccupante viene dal dover dipendere dal Santo Padre che, attingendo alla dottrina sociale della Chiesa, pronuncia parole forti sulla dignità del lavoro. Su tutto, continua Fassina, vige un sistema elettorale che da sé, senza contrappesi, garantisce la maggioranza a chi “arriva primo pur senza godere di una vera maggioranza” e finendo per favorire l’appiattimento delle voci, della discussione e del confronto. La ricetta Fassina, condivisa da altre forze della sinistra antagonista europea, riguarda le economie interne: inutile saltellare da un punto all’altro della crisi con  provvedimenti “a pioggia” che non aggrediscono il cuore del problema; occorre concentrarsi sulla ripresa della domanda di lavoro interna riaccendendo i lavori pubblici. “Gli investitori privati”, ha aggiunto l’economista, “vanno con i piedi di piombo quando si tratta di immettere corpose risorse finanziarie in un quadro come l’attuale che loro, ben oltre la cortina propagandistica del Governo, che loro conoscono da vicino”. La proposta è articolata per numeri e tempistica: “per un triennio immettiamo nel circuito un punto di PIL, 18 miliardi, che con interventi mirati, non faraonici per essere meno esposti alla corruzione, svincolino i comuni dalla stretta del Patto di Stabilità”. Ripartirebbero l’economia reale, l’occupazione, il sistema infrastrutturale italiani. Non manca una puntata sulla proposta di ritrovare l’unità sindacale avanzata dal leader UIL Barbagallo che Fassina vede come un processo di rafforzamento del movimento sindacale italiano per ottenere un ruolo più pesante di contrappeso in un dilagante deserto di mancanza di possibile dissenso, di discussione. “Noi ci stiamo provando, in politica, con l’esperienza Futuro a Sinistra” ha concluso Fassina, “ e credo che il nostro futuro sia nelle nostre mani”.
 
 


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