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Giovani/Quanto è difficile fare la giusta scelta

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

1
FEB
2013

 

Setacciando le idee dei ragazzi che si apprestano a compiere il balzo verso il proprio sogno lavorativo, alla scoperta delle tematiche, degli interrogativi e delle problematiche degli studenti del liceo classico di Martina Franca
 
I giovani sono il futuro, ma se persino loro sono indecisi, la cosa non promette bene. Intraprendere una carriera universitaria in maniera superficiale o non rispondente alle proprie vocazioni può essere fortemente pregiudicante per il futuro lavorativo e non solo.
Non essendoci l’obbligatorietà dopo la scuola secondaria superiore, gli studenti sono liberi anche di pensare a intraprendere i mestieri di bottega, di manovalanza o di gestione di esercizio, anche se purtroppo nell’immaginario collettivo questi ultimi sono meno prestigiosi rispetto alle categorie di imprenditorie o di professionista. Peccato, perché in una società equilibrata non ci sono solo avvocati, ma anche contadini e falegnami.
Per capirci qualcosa di più abbiamo scelto un campo d’indagine, il liceo classico Tito Livio di Martina Franca, che ha accolto noi di Extra nell’aula magna, dandoci la possibilità di avere un brainstorming con tre alunni per ogni quinta classe. Il preside e i docenti si sono dimostrati disponibili e aperti a questo confronto, che è stato parecchio utile a fornire un quadro generale dei fattori che influenzano le scelte dei giovani e ciò che secondo loro funziona o no.
Dopo un paio d’ore piene di dibattito, ne è emerso fuori un primo risultato insolito: nonostante l’inchiesta sia avvenuta in un liceo classico, dove privilegiata è la materia umanistica, il 41,2% dei ragazzi opterà, nei propri studi universitari, per una materia scientifica.
«Di sicuro anche la scelta sbagliata di una scuola superiore aiuta a orientarsi verso una scelta giusta in seguito», e alla domanda sul perché non abbiano cambiato in tempo, migrando verso una scuola più consona ai loro bisogni, la risposta più frequente è che «non me ne sono accorto in tempo, e cambiare sarebbe stato solo un ostacolo in più!». Questo forse è un punto chiave: l’orientamento, che è davvero il punto cruciale, nella scelta di un futuro. Di sicuro un ragazzino di 13 anni ha molte probabilità di fare una scelta affrettata o superficiale, mentre invece, con strumenti cognitivi più maturi, la scelta diventa più consapevole.
Scegliere la facoltà sbagliata è di sicuro una causa demotivante della carriera scolastica di uno studente, e anche una grossa perdita di tempo e di risorse. Perciò rimane sempre, anche fino agli ultimi mesi disponibili, una percentuale di ragazzi ancora indecisi. Questo anche a causa di un altro risultato parecchio interessante emerso nelle nostre due ore di indagine. Una grossa pecca, riscontrata dai ragazzi, e dai risultati ottenuti, è proprio nella fase di orientamento. L’orientamento fornito dalla scuola è servito per il 5,3% dei ragazzi nella scelta della facoltà ideale, mentre più della metà ha sviluppato ricerche personali, in base alle proprie passioni e attitudini, spesso attraverso Internet, o tramite amici che frequentato le medesime facoltà in sedi distaccate dalla città. E una non indifferente percentuale viene spesso indirizzata dalla propria famiglia a intraprendere un determinato percorso.
Un dato allarmante invece è quello della crescita spropositata di ragazzi che scelgono di iscriversi a università private, poiché spesso i servizi di quelle pubbliche non sono all’altezza delle loro aspettative. Ed è, a parer di tutti, una vera e propria sconfitta sociale. Mentre una minoranza del 5,9% degli studenti opta per continuare gli studi all’interno del corpo dello Stato, preferendo una via sicura, con uno stipendio e controlli rigorosi. E la domanda cruciale è stata proprio quella riguardante al trasferirsi: nord o sud? E’ stata forse l’apoteosi della discussione, soprattutto per il coinvolgimento dei ragazzi, e le argomentazioni valide che ne sono risultate. Dai risultati è emerso che la maggioranza decide di trasferirsi al nord. «Le sedi universitarie del nord possono garantirti persino un impiego lavorativo, al termine degli studi, e un riconoscimento della laurea maggiore di quello delle sedi al sud», è stato il commento più frequente. “Che sia frutto di un pregiudizio?” ha risposto il 26% di loro, che come luogo sceglie il sud.
Di sicuro ciò che non funziona qui è il fattore organizzazione, che spesso viene sostituito dall’incompetenza. Non ci vuole un’inchiesta in una scuola per capirlo. Ed è anche spesso della mancanza di fondi, che non sempre è un problema esclusivamente meridionale.
Però c’è quasi una tendenza a voler lasciare il nido, e migrare. Magari anche solo per staccare la spina dalla famiglia, e responsabilizzarsi un po’. 
A volte il fattore che influenza la scelta di una facoltà del sud è la difficoltà di intraprendere un certo lasso di tempo in una nuova realtà, con parecchie responsabilità addosso, e lontani dagli affetti.
E questi fattori operano soggettivamente, perché c’è chi li cerca appositamente, e chi invece tende ad evitarli.
Mentre c’è invece chi è stufo del proprio paese o dei metodi italiani, come il 10,5% dei ragazzi che scelgono di studiare fuori Italia. Chi per facoltà mirate a contatti internazionali, chi per approfondire lo studio di una lingua, questa decisione si insinua sempre più nelle menti dei giovani. E nei ragazzi che tendono a voler compiere questo passo, l’unico ostacolo sono le rette universitarie, a volte troppo alte.
Le lamentele sono fioccate, poi, a proposito dei test d’ingresso.
Forse l’ostacolo più grande, ben più della scelta di un corso di studi o di trasferirsi lontano da casa.
«I test tagliano le gambe»: è la dichiarazione unanime. Spesso, anche il risultato degli esami di maturità va ad influenzare l’ammissione ad una facoltà, ed è uno svantaggio per una larga fetta di gente, abbiamo visto prima, che sbagliando la scelta della scuola media superiore, di certo non ha avuto occasione di ottenere il massimo al punteggio finale.
E la critica maggiore, è quella di una non adeguata preparazione a un test simile. Un’altra lamentela unanime è quella riguardante alle basi fornite dalle scuole antecedenti all’università.
Molti sono concordi sul fatto che il metodo di insegnamento, alla base, sia errato.
«E’ inutile far tutto, ma male! Alcune scuole ti indirizzano specificatamente, facendoti scegliere le materie da studiare, tenendoti più tempo all’interno dell’istituto, ma senza assegnare una valanga di compiti per casa. Spesso il carico diventa allucinante, e lottiamo solo per toglierci il carico di dosso, senza assimilare davvero ciò che studiamo. Diventa una lotta contro il tempo, e non ci rimane nulla di tutte quelle ore di studio!».
Una preparazione non adeguata a sostenere i test. Mentre c’è anche chi si lamenta della piaga che prende il nome di “raccomandazione”. Anche se molti sono fiduciosi sul fatto che, nonostante molti riescano a far strada grazie ai soliti “calci”, la volontà e la determinazione possano vincere sulle raccomandazioni.
 
Più che un’inchiesta, tutto questo si è trasformato in una discussione costruttiva. Lo si evince dal fatto che comunque rivelare i problemi alla base di ogni cosa è il primo passo per risolverli. 
«Perché privilegiare lo sviluppo solo al nord e non a noi?». Ma indipendentemente da nord e sud, facoltà umanistiche o scientifiche, università pubbliche o private, la cosa più importante è credere nel futuro che li attende, e nei prossimi anni che plasmeranno questi ragazzi insicuri in uomini e donne che dovranno risollevare le sorti del nostro Paese.
 
 



Commenti:

Franco 1/FEB/2013

Ottimo articolo; il problema della "migrazione" degli studenti verso nord è a volte una mera foglia di fico con le solite scuse del mezzogiorno a mio parere; a meno che non si prediliga delle facoltà puramente tecniche e scientifiche, scegliere di andare a studiare a nord è solo un modo per sprovincializzarsi e andare a vivere da soli. Massimo rispetto per chi riesce a mantenersi da solo, ma c'è molto da discutere su coloro che si fanno mantenere da genitori con molti sacrifici per uno stupido desiderio di "autonomia"

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