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Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

13
OTT
2016
Certi disturbi, benché magari sorti a causa di una predisposizione fisica, possono presentare delle implicazioni psicologiche.
 
 
Caro dottore. Ti scrivo per rivolgerti un quesito! Come mai avendo una forma di dermatite atipica arrivo a strappare la pelle? Abbiamo una soluzione?
Francesco
 
 
A prescindere da un’eventuale componente fisiologica di stretta competenza del dermatologo, ritengo che il prurito e i comportamenti ad esso conseguenti possano anche risultare riconducibili ad una diagnosi di dermatillomania, pato¬logia psichiatrica caratterizzata appunto dall’abitudi¬ne di procurarsi, in maniera ricorrente e quasi automatica, delle escoriazioni cutanee, localizzate sulle mani, sul viso o sul corpo. Questo disturbo si presenta spesso in comorbilità con altri disturbi ossessivo-compulsivi a focalizzazione corporea, quali la tricotillomania (strapparsi i capelli) e l’onicofagia (mangiarsi le unghie).
Tutte queste condizioni risultano facil¬mente individuabili non solo dai comportamenti, ma anche dagli esiti di questi: segni dermatologici rico¬noscibilissimi, che le persone affette cercano in molti casi di nascondere. All’insorgenza di queste patologie, molto simili tra loro, concorrono diver¬si fattori eziopatogenetici, molti dei quali non risultano anco¬ra pienamente spiegati dalla ricerca scientifica. La maggior parte degli autori sostiene che in questi casi sussista comunque una certa predisposizione; che, pertanto, l’incapacità di contenersi, di inibire sul nascere gli impulsi in questione, sia innanzitut¬to dovuta a delle differenze anatomo-funzionali, le quali interessano diverse strutture dell’encefalo e alcuni circuiti neurotrasmettitoriali. Di certo, a prescindere dalla presenza di un’eventuale vulnerabilità personale, la succitata condotta viene, più o meno consapevolmente, messa in atto in risposta ad uno stato interno: ad una sensazione, ad un’emo¬zione, ad una tensione di qualche tipo. L’atto, per la secrezione di endorfine che esso induce, procura un certo sollievo, che mitiga sul momento i succitati stati interni negativi.  Ne consegue che esso possa consolidarsi come consuetudine e che, quindi, possa essere reiterato all’infinito, giacché continuamente rinforzato dal succitato sollievo momentaneo, che però non dà mai una soluzione definitiva al problema sottostante della mancata regolazione di quegli stati interni che a loro volta (si tratta di un circuito vizioso) inducono la messa in atto della compulsione di cui parliamo.
Questo disturbo, proprio per la sua natura prevalen¬temente meccanica, risponde molto bene alla psi-coterapia di tipo cognitivo-comportamentale, il cui scopo consiste nel dotare il paziente di competenze atte a migliorare il riconoscimento e la gestione degli stati interni che determinano i comportamenti disfun¬zionali, i quali vengono gestiti in maniera sempre più appropriata fino alla loro completa estinzione.
 


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