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AFFITTASI APPARTAMENTO AMMOBILIATO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

14
OTT
2016
Lo chiamavano il pianista, per il suo modo di vestire sempre elegante e per le mani lunghe,affusolate e senza un callo che lui sapeva usare con leggerezza e abilità come,appunto, un pianista.
Quando verso mezzogiorno, tutto assonnato, si presentò in cucina a reclamare la colazione, la madre si mise a gridare che quella non era l’ora della prima colazione e che lui era uno sfaticato, più di suo padre. Uno zero assoluto. Lui riuscì a gridare più forte della madre e rispose che chi guarda lo zero non vede nulla, ma se invece guardasse attraverso lo zero vedrebbe l’infinito. La madre non si preoccupò di cercare l’infinito, si limitò a guardare attraverso i suoi spessi occhiali il figlio, e per l’ennesima volta lo diffidò a non ripresentarsi a casa senza aver trovato prima un lavoro. Un lavoro qualsiasi, ma un lavoro. Aveva quarant’anni ed era ora che cominciasse a pensare a se stesso, senza dover dipendere ancora dalla paghetta settimanale.
Quarant’anni, il giro di boa della vita. Troppo giovane per sentirsi vecchio e troppo vecchio per fare il giovane. Ma non volendo rinunciare ai propri sogni fece l’offeso, finse di asciugarsi una lacrima inesistente, uscì di casa sbattendo la porta e si avviò verso la fermata dell’autobus. Ormai ne era certo, la malinconia e l’isteria delirante della madre erano arrivate ad un punto di non ritorno. 
Guglielmo scese dall’autobus e guardò verso l’alto, e solo allora si rese conto che il cielo era nuvoloso, che cominciava a piovere e che faceva un freddo cane. Nella fretta di andarsene era uscito senza indossare niente di pesante e allora si alzò il bavero del giubbotto e si avviò.
In città era in corso la festa del Santo Patrono e lui era li per quello. Ma non per la festa, era lì per la confusione, per il via vai di gente che gli avrebbe consentito di rubare qualcosa. L’aria era fredda, impregnata di odori forti, castagne arrostite, focaccia ripiena di cipolla. Avvicinandosi al centro le vie diventarono sempre più intasate e cominciò a sentire anche le note dell’’immancabile banda. Finestre illuminate, balconi addobbati, palloncini, bancarelle, voci, risate, ed era tutto un prurito per le sue mani, che presto avrebbero potuto lavorare con tutto comodo.
Ma era ancora presto, era solo pomeriggio e aveva fame. Allora si avvicinò ad una bancarella e al donnone che era dietro il banco chiese un trancio di pizza. Pagò con gli ultimi spiccioli che aveva in tasca e poi si avviò tra la folla. Percorrendo una via si imbatte in un cartello appeso ad un portone semi aperto, e lesse: Primo piano – Affittasi appartamento signorile – Ammobiliato – Si affacciò all’interno e nel buio oltre il portone, intravide delle scale poco illuminate e sorrise. Se si affittava un appartamento ammobiliato, nonché signorile, voleva dire che dentro ci poteva anche essere roba di valore…
« Desidera? » 
La voce gli giunge alle spalle. Si girò e vide una faccia arzilla che lo stava osservando. L’uomo era in piedi, sulla soglia della portineria. Sembrava che per lui la festa fosse già iniziata da un pezzo,perché aveva l’occhio spento e l’alito che sapeva di alcool puro.
« Ho letto il cartello. » Rispose Guglielmo.
« Se le interessa l’appartamento possiamo salire. Glielo faccio vedere io perché non ci abita nessuno. »E aggiunse che aveva la delega del proprietario.
Cosa fosse la delega Guglielmo non lo sapeva e non gli interessava, ma gli importava sapereche l’appartamento era disabitato e ammobiliato.
« No, no, grazie. Magari un’altra volta. Mi sono fermato un momento per mangiare la focaccia. » Gli rispose Guglielmo,prima di riprendere la sua perlustrazione tra i vicoli.
Più tardi, quando la pioggia diventò insistente, per non bagnarsi dovette camminare rasente i muri e,senza spiegarselo nemmeno lui come, si ritrovò a ripassare davanti a quel cartello: “Primo piano – Affittasi appartamento signorile -Ammobiliato”. Si fermò di nuovo e sbirciò oltre il portone d’ingresso e non vedendo nessuno,nemmeno il portiere, la decisione fu immediata.La casa era vuota, ne era certo. Se il portiere, come aveva detto, aveva la delega, ed era stato incaricato dai proprietari, voleva dire che la casa era disabitata. Ma a parte i mobili ci doveva pur essere qualcosa da mettersi in tasca, e dare un’occhiata non costava niente. Comunque era sempre meglio che girare a vuoto sotto la pioggia. 
Salì rapidamente le due rampe di scale e suonò alcampanello dell’unico appartamento del piano. Non ottenendo risposta, dopo aver atteso qualche minuto, cominciò ad armeggiare con i suoi attrezzi, ma non ci volle molto, appena fece una leggera pressione sulla manigliala porta si aprì.
Entrato in casa,rimase fermo e aspettò, poi fece attenzione a non andare a sbattere contro i mobili. Bisognava avere cautela, per via dei vicini. Era al buio e non aveva nemmeno un fiammifero, non fumava, e pensò che era proprio una serata storta. Infatti, appena fatti due passi andòa sbattere contro una sedia che cadendo fece un rumore incredibile. Sacramentò e intantoda una porta laterale vide provenireprima un filo di luce e poi una donna.
« Buonasera » Disse la donna.
« Buona… Buona sera » Rispose Guglielmo. Sul momento non gli era venuto niente di meglio. Aveva risposto tanto per vincere l’imbarazzo e fingere di trovarsi li per caso, per sbaglio. L’importante era tentare di disorientare la donna.Poi ripeté ancora buonasera, tanto per sentire il suono della sua voce, e si avviò verso l’uscita.
« E’ venuto per l’appartamento? »
“Porca vacca”, mormoròtra se, mentre capivadi essersi cacciato in un brutto guaio. Il portinaio si era offerto di accompagnarlo a visitare l’appartamento, ma mica gli aveva detto che era vuota. O forse si? Non se lo ricordava. La faccenda della delega, l’incarico da parte del proprietario, lo avevanoconfuso. Ma ora si trovava li e doveva togliersi da quell’impiccio.
Intanto la donna accese la luce nella stanza, una luce fioca, ridicola, come quella di un lumino. Lui vide la sedia capovolta e la raddrizzò, poi guardò la donna. Era anziana, la bocca quasi priva di denti, pallida, rughe ovunque e gli occhi inespressivi,vitrei. 
« Si accomodi. Non faccia complimenti » Insistette la donna.
“Ci manca solo questo. Ma dev’essere per forza matta, senza dubbio”. Pensò Guglielmo. “Sarà una donna senza parenti stretti, in attesa che si liberi un posto in qualche ospizio”. 
Intanto la vecchia fece due passi verso di lui e gli porse la mano.
“Coi matti bisogna andarci cauti, essere gentili” pensò, e allora le porse anche lui la sua.
« Che bella mano da pianista. » Dissela donna, e poi gli chiese:
« Le piace il mio appartamento? Io sono Faustina la proprietaria.»
Lui fece su e giù con il capo e la donna proseguì:
« L’appartamento come l’edificio ha più dicent’anni. Io sono nata qui. Ma le case non invecchiano, crescono assieme a chi le abita. Provi un po’ a indovinare quanti anni ho io… »
« Settanta. » Improvvisò Guglielmo, mentre la vecchiacontinuava a sorridere.
« Lei è un gentiluomo, ma bugiardo. » Aggiunse la donna,andando verso la finestra. 
“Vedrai che adesso urla e chiede aiuto e io sono spacciato”. Pensò Guglielmo, ma la vecchia non si sporse, non gridò, si limitò a chiudere la finestra. 
« Piove, e il freddo mi entra nelle ossa. ».Si limitò a dire, e poi aggiunse:« Vivo qui da sempre,in questa casa. Ho un fratello, malui sta in un’altra città e qui non viene mai. »
« Comprendo. » Rispose Guglielmo, non sapendo che altro dire. 
« Vuole che continui a raccontarle di me, di questa casa? » Chieseancora la donna.
« No, grazie. Ho una certa fretta. Mi aspettano. »
« Allora vorrà vederesubito il resto dell’appartamento. »
« Ecco, appunto, si è fatto tardi e tornereidomani quando ci sarà più luce, se a lei sta bene. »
La donna non rispose,sembrava si fosse addormentata, poi rialzò la testa e gli disse che poteva tornare quando voleva, e se non avesse trovato leipoteva chiedere al portinaio.
Con mille cautele Guglielmo riuscì ad accomiatarsi e di corsa scese le scale, ma superato il portone andò a sbattere contro due carabinieri che, in servizio per la festa, stavano transitandodi lì in quel momento.
« Scusatemi. » Disse, appena si accorse contro chi era andato a sbattere.
« Prego. » Gli rispose il brigadiere, ma poi aggiunse:
« Ma da dove salti fuori? »
« Da qui dentro. Sono andato a vedere un appartamento che si affitta. » E dicendo cosìindicò il cartello appeso al portone.
« A quest’ora?» Replicò il brigadiere, affacciandosi all’interno e vedendo tutto buio.
« Prima ho parlato col portiere e quando sono tornato mi ha aperto la proprietaria. »
I due militari si guardarono e poi gli chiesero i documenti.
« L’ho dimenticati a casa. » Rispose, con quella prontezza che la circostanza richiedeva.
« Allora seguici in caserma e intanto dicci come ti chiami. »
Con altrettanta sfacciataggine Guglielmo scelse un nome a caso e glielo disse.
In caserma Guglielmo confermò anche al maresciallo le proprie generalità false, nonché quello che aveva già riferito al brigadiere, e quando quest’ultimo tornò con un foglio in mano per dirgli che le sue generalità corrispondevano a quelle di uno morto due anni prima, rispose che quello era suo cugino, erano figli di fratelli e portavano lo stesso nome.
« E dove si trova questo appartamento che sei andato a visitare? »
Chiese il maresciallo, certo che le cose sarebbero andate per le lunghe.
« Gliel’ho detto. » Insistette Guglielmo: « In vicolo Tavernetta piccola, 24, e mi è venuta ad aprire la proprietaria, un’anziana signora. Molto gentile e premurosa. »
Il maresciallo chiamò da parte il brigadiere e gli disse di andare a dare un’occhiata in quello stabile di vico Taverna… come si chiamava lui, 24,e diattingerenotizie dallaproprietaria,dal portiere e magari anche dai vicini.
« Intanto tuaspetti qui e ci fai compagnia. Vero signor omonimo del cugino defunto? »
Quando il brigadiere tornò, riferì al maresciallo che l’appartamento in questione era disabitato da mesi e che, svegliato il portiere, questigli aveva detto che da quando era morta la proprietaria il fratello l’aveva messo in vendita e gli aveva consegnato le chiavi. Il brigadiere aveva chiesto anche agli inquilini dei piani sovrastanti e anche loro gli avevano riferito la stessa cosa, e cioè che da quando era morta la proprietaria l’appartamento era rimasto chiuso.
« Andiamoci assieme. Voglio parlarci io con il portiere. » Disse il maresciallo, rivolgendosi al brigadiere, prendendo il berretto e sempre più convinto che la notte l’avrebbe passata in servizio.
« Carabinieri. Dobbiamo parlare con suo marito. » Urlò dentro il citofono il maresciallo, dopo che la moglie del portiere si era fatta ripetere tre volte chi fosse e cosa volesse.
« Mio marito sta male. Sta vomitando. Ha una colica. Non può alzarsi dal letto. »
Il maresciallo spazientito pensò che comunque il portiere due parole gliele poteva riferire anche dal letto e allora andò a bussare alla loro porta. Il portiere confermò quello che aveva già detto al brigadiere e aggiunse che si, un tale era entrato nel portone, ma solo per mangiarsi in pace la pizza, ma che poi era andatovia e non si era fatto più vedere. 
Quando il maresciallo se ne andò, la moglie tornò dal marito e lo apostrofò:
« Io te lo avevo detto che non ero d’accordo di tenere le chiavi di quell’appartamento. »
« Ma dai… Una cortesia. In fondo è il mio lavoro. » Le rispose lui.
« Sono sempre rogne. » Ribatté lei. 
« Ma se quello sta a Roma… » Cercò di giustificarsi il portiere.
« Affari suoi. L’appartamento è suo e quando lo venderà i soldi se li metterà in tasca lui. E vedrai che con noi se la caverà con un arrivederci e grazie. » Quindi, che si decidesse a fare una telefonata al fratello della defuntae gli dicesse di venirsi a prendere le chiavi. 
Intanto il maresciallo era tornato in caserma e si apprestava ad interrogare ancora una volta il fermato. Ma si chiedeva anche quali reati avesse commesso? Di cosa poteva essere incolpato? Niente effrazione alla porta; niente furto. Vagabondaggio? In una serata dove tutti erano in giro per la festa, non stava in piedi. Forse per le generalità false poteva essere incriminato, ma era ridicolo perdere la nottatasapendo che alla fine tutto si sarebbe risolto in una bolla di sapone. Ma c’era la storia della chiacchierata con la proprietaria. Perché il fermato aveva tirato fuori quella frottola che si sarebbe potuto risparmiare.
« Allora, signor omonimo del cuginodefunto, ricapitolando:tu hai detto di essere entrato in quel portone nel pomeriggio perché avevi visto il cartello affittasi; di aver parlato con il portiere e di essere subito andato via. Poi, quando ci hai ripensato sei tornato,ma il portiere non c’era più e allora sei salito e hai parlato con la proprietaria che gentilmente ti ha fatto entrare. Giusto? E’ Così?» 
Chiese il maresciallo, alzandosi e cominciando a passeggiare nervosamente nella stanza.
« Sì sì, è così. » Rispose il fermato, non capendo dove volesse andare a parare il maresciallo. 
« Ci torna tutto e siamo anche convinti che tu non hai commesso nessun reato, o almeno nessun reato grave. Il problema èun altro però, caro il nostro omonimo del cuginodefunto, che parlando con il portiere dello stabile, lui ci ha confermato tutto quello che ci haidetto tu, ma ha anche aggiunto che non potevamo parlare con la proprietaria, e lo sai perché? »
« No. Perché? Non era in casa? » Chiese con impazienza, Guglielmo.
« No. Non potevamoparlare con la proprietaria perché la signora Faustina Giorbertini, e lo abbiamo anche verificato, è deceduta sette mesi fa in una clinica psichiatrica,e da allora l’appartamento è rimasto sempre chiuso.» 
Gli rispose il maresciallo, cercando nel frattempo di carpire la reazione del fermato. 
Ma Guglielmo non rispose. Non ebbe nessuna reazione, si limitò a sbiancare in volto e a pensare che forse la madre aveva ragione: era arrivato il momento di trovarsi un lavoro, magari umile, magari faticoso, ma serio e soprattutto tranquillo.
 


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