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IRENE & ISIDE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

20
OTT
2016
L’inverno era cominciato all’insegna del gelo e il mare in burrasca. Il vento di tramontana aveva soffiato per tre giornicontinuo e violento, ma poi, la notte del terzo giorno si era acquietato. Dalla superficie del mare era scomparsa la cresta spumosa e ne aveva preso il posto un’onda continua, lunga e morbida, che si andava a spegneredolcemente e senza rumore sulla riva.
Quella sera, Iole Vergara era appiccicata al vetro della finestra di casa sua e si stava sorseggiando, prima di andare a letto, la solita tisana.Continuava a guardare lontano, oltre i tetti, verso il mare, senza nessun pensiero particolare. Vivevasola. Aveva trentadue anni e lavorava come impiegata presso il comune del suo paese. 
Il mattino seguente, alla solita ora uscì di casa per andare al lavoro eOreste, dalla sua postazione all’interno del bar,la videarrivare ele andò incontro.
« Vuole un biglietto della lotteria, signorina Iole?»Le chiese allegramente.
« Che lotteria? »Si informò lei.
« Quella della befana. Estrazione il 6 gennaio. »
« Me ne dia uno. Quant’è? »
Oreste le disse il prezzo e Iole frugò nella borsetta, ne trasse un grosso portamonete che si aprì immediatamente in due scomparti.
« Sta cerniera… »Sbuffò Iole, pagando e riprendendo il cammino verso l’ufficio.
Un minuto più tardi lo stesso Oreste raccolse da terra, sulla soglia del bar, una carta d’identità. L’aprì, ed era di Iole Vergara, nata nello stesso paese il 7 dicembre…, nubile, impiegata, altezza uno e settanta, capelli neri, occhi marrone, eccetera... 
Oreste notò la coincidenza delle date e rise di gusto. Mise in tasca il documento e si avvio alla volta del municipio. Entrò nell’ufficio, salutò e chiese della signorina Iole.
« Le ho portato la carta d’identità. L’ho trovata per terra, davanti al bar centrale. »Le disse Oreste, appena si accostò alla sua scrivania, e poi aggiunse:« Buon compleanno signorina Iole. »
Iole arrossi, il viso le si fece di brace, e rispose:« Devo averla persa prima, quando ho tirato fuori il borsellino per pagare il biglietto della lotteria. »
« Auguri Iole. Stavi facendo finta di niente per non offrire la consumazione? »
Le disse la sua collega Iside, ridendo. Il messo comunale,dal corridoio,sentendo tutta quella improvvisa allegria,si affacciò nella stanzae a sua volta fece gli auguri a Iole. Il segretario generaleallungòanch’eglilo sguardo nella stanza e si unìagli auguri.
« Ma no. »Si schernì Iole.« Anzi. »Disse, rivolgendosi al segretario:« Se me lo permette offro volentieriil caffè a tutti. »
« Anche a me, eh. » Precisò il commesso, alzando un braccio.
Iole era confusa, ma accennò di si e sorrise: “se non fosse stato per quella stupida carta d’identità smarrita, nessuno si sarebbe accorto di nulla,” pensò. 
Da quando era morta la madre era abituata a trascorrere gli onomastici e i compleanni in solitudine e anche a farsi gli auguri e i regali da sola. Come il nuovo televisore che aveva deciso di acquistare quell’anno, con i soldi della tredicesima.
Quell’inverno sembrava proprio non voler finire mai. Solo verso la metà di marzo l’aria cominciò lentamente ad intiepidirsi ed il sole a riscaldare un pochino. 
Intanto in municipio erano già iniziate le grandi manovre per approntare al meglio le elezioni amministrative, che si sarebbero svolte a fine giugno. Il segretario comunale Zamberletti, che aveva amici presso la prefettura, venne a sapere dell’imminente ispezione e ne informò subito il responsabile dell’ufficio elettorale. 
Quando arrivò il vice-prefetto Sorana, ispettore dell’ufficio elettorale mandamentale, il segretario generale e il capufficio se lo squadrarono da capo a piedi e poi gli andarono incontro.
« Prende un caffè, dottore? »Chiese il segretario all’ispettore, più per rompere il ghiaccio che per cortesia.
« No grazie. Preferisco iniziare subito. Vogliamo andare? »Fu la sua risposta.
« Cominciamo bene. »Sibilò sottovoce il capufficio al segretario.
Gli impiegati erano già al lavoro e l’ispettore si accomodò alla scrivania del segretario generale, il quale a sua volta prese una sedia e gli si mise a lato. L’ispettore immerse la testa nel primo fascicolo che gli venne sottoposto edopo cinque minuti,perché aveva già trovato il primo errore, scosse la testa e dopo dieci minuti, la riscosseancora più forte.
« Voi avete le elezioni tra qualche mese… Ma, ma chi tiene aggiornati i registri elettorali? » Chiese.
« L’impiegata Rusconi. Iside Rusconi. »Rispose il capufficio, incrociando lo sguardo con quello del segretario generale, che intanto stava sudando copiosamente, anche se era ancora il mese di marzo. L’ispettore continuò ancora per un po’ a scorrere le pagine dei registri e poi sbottò:
« Non ci siamo. Non ci siamo proprio. »
Il segretario e il capufficio si guardarono senza dire una parola. 
« Qui emergono e sono evidenti grossolani errori. Risultano nomi di elettori trasferiti in altri comuni e non ancora depennati. Nomi di elettoriche compaiono in un registro e anche in altri. Eancora,ci sono elettori che da una parte risultano celibi e dall’altra sposati e con prole. »
Dalla sua scrivania, l’impiegata Iside Rusconi seguiva con trepidazionela discussione e intanto il suo viso si stava facendo di cera. Invece il segretario comunale la guardava e taceva.
« Ciò mi obbliga a controllare per forza tutti gli elenchi. »Continuò l’ispettore Sorana, voltandonervosamente le pagine dei registri.
Quella che seguì non fu una buona notte per il segretario generale, né per il capoufficio.Il segretario generale pensò che quelle erano le elezioni più rognose che gli fossero mai capitate, e mentalmente augurò a chi le avesse vinte di avere tanti guai quanti ne stava passando lui in quel momento.Eil mattino dopo, da casa, chiamò il capufficio per trarne insieme le conclusioni, che in definitiva erano quelle di sollevare dall’incarico l’impiegata Iside Rusconi, ed affidarlo alla sua collega Iole Vergara.
« La colpa è mia. Non dovevo fidarmi di quell’oca. » Gli rispose consenziente il capoufficio.
Infatti il vice-prefetto Sorana era rimasto in ufficio sino a notte inoltrata eil segretario generale gli aveva affiancato l’impiegata Iole Vergara, e insieme avevano rilevato altri errori.
Iside Rusconi non si illudeva di passarla liscia e perciò passò il resto di quella giornata e la successiva nottata ad elaborare piani per la propria difesa. Lei era stata assunta sei anni prima con la qualifica di dattilografa, addetta allo stato civile e anagrafe e aveva accettato quell’incarico elettorale solo per poter arrotondare lo stipendio con lo straordinario che quell’ufficio mensilmente prevedeva. E se il segretario generale o il capufficio fossero stati troppo duricon lei, si era prefissata di rispondere a tono, sia sulle competenze che sulle responsabilità.
Anche il capufficio dedicò parte della mattinata a prepararsi il discorso da fare all’impiegata. La conosceva bene: permalosa e spigolosa. Perciòaveva programmato di entrare in argomento gradatamente. Tuttavia, tutto il discorso così bene elaborato, non servì, perché si limitò a chiamarla e dirle che l’ispezione aveva dato esiti catastrofici e che era stato costretto a sollevarla dall’incarico ed affidarlo ad altri.
Iside si irrigidì in una smorfia nervosa, diventò paonazza, non disse una parola, ma tornata nel suo ufficio già pensava alla vendetta.
La notte tra il sabato e la domenica Iole aveva dormito male. Prima di coricarsi, infatti, aveva ricevuto la telefonata di Iside, che senza tanti giri di parole le aveva chiesto di rinunciare a quell’incarico e di lasciarlo ancora a lei. Si doveva sposare a settembre e quell’arrotondamento di stipendio le faceva comodo.Anzi, le era proprio indispensabile.
« Non spetta a me decidere. »Rispose Iole, non sapendo che altro aggiungere. 
Ma Iside insistette e le suggerì di andare dal segretario generale e dirgli che lei era già oberata di lavoro e che non se la sentiva di accollarsi anche le liste elettorali.
« Fallo per me, per favore. Me lo prometti che ci parlerai? In fondo tutti possono sbagliare, no? Due nominativi uguali, delle omonimie… »
« Certo. » Le buttò lì Iole.
« Ci pensi allora? » Chiese trepidante, Iside.
« Ci penserò. » Le rispose Iole, che intanto non vedeva l’ora che la telefonata avesse termine.
Il lunedì mattina, appena Iole fu chiamata dal capufficio, Iside le rivolse una significativa occhiata, ma quando la vide tornare con i registri elettorali sotto il braccio, capì tutto e da quel momento non le rivolse più la parola e, offesa com’era, non l’invitò nemmeno al matrimonio, né le mandò la partecipazione.
Quando il capufficio ed altri colleghi, chiesero a Iole se voleva partecipare alle spese per un regalo collettivo, lei capì che avevano ricevuto l’invito ma non si scompose, e rispose che lei preferiva farlo da sola. 
Doveva essere qualcosa di esclusivo, particolare, ma cosa regalare perché dimostrasse e racchiudessein se la sua superiorità intellettuale e nel contempo non facesse trapelare il risentimento per ilmancato invito?
Il regalo lo trovòtre giorni dopo,esposto nella vetrina di una libreria del centro: era una lussuosa edizione della Divina Commedia, con rilegatura in pelle e titoli impressi in oro. Tre volumi in cofanetto. Sino a quel momento Iole aveva vagliato ogni specie di regalo; bicchieri, piatti, vasi, tazzine, ma li ritenne tutti regali senza personalità. Quello invece, un capolavoro della letteratura, aveva tutte le caratteristiche giuste: era diverso, superiore e soprattutto avrebbe costretto Iside a pensare. Entrò in libreria, lo comprò, scrisse un biglietto da allegare al pacco regalo, lo firmò Iole e Dante e poi pregò il libraio di farlo recapitare allafutura sposa. 
La stessa sera il pacco venne consegnato a casa di Iside:« Regalo di nozze! » 
Disse il fattorino, appena si aprì la porta d’ingresso. Iside lo guardò, prese il pacco,non ringraziò e richiuse la porta. Tornata in cucina scartò il pacco e si chiese chi poteva essere così stupido da regalare libri in occasione delle sue nozze. Appoggiò distrattamente i tre volumi sul tavolo e aprì il biglietto che accompagnava il regalo e lesse. “Con i più sentiti auguri, Iole e Dante”.
“Iole“. Esclamò stizzita Iside. “Come pensavo è proprio una stupida. Ma c’era da aspettarselo, da una rapa come lei non si può cavar sangue”. Rilesse il bigliettoe si chiese: “Ma questo Dante chi sarà?”
Quando tornò dal viaggio di nozze però non c’era traccia di rancore sul viso di Iside, anzi, era allegra e con tuttiprese a parlare normalmente, anche con Iole.
« Che bella gonna che hai. » Le disse Iole, per rompere il ghiaccio, una mattina che Iside le aveva chiesto se voleva prendere il caffè con lei. Accettò ma non poté trattenere lo stupore quando Iside dapprima insistette per pagare le consumazioni e poi pagò veramente.
« Qui c’è sotto qualcosa. » Pensò Iole. Iside si stava comportando in modo strano.
« Ti devo ancora ringraziare per il regalo. » Aggiunse.
« Oh ». Rispose Iole, come a dire: sciocchezze, e fece per avviarsi. 
« Ma…Scusa se sono indiscreta. »
Iole si fermò e Iside chiese:« Ma si può sapere chi è questo Dante? » 
E dicendo così sfoderò un sorriso complice. Iole credette di non aver compreso la domanda e chiese:« Chi? » « Quel Dante che ha firmato con te il biglietto. Chi è?»
Iole, confusa, non sapeva cosa rispondere e fece l’unica cosa che non doveva fare: arrossì. Iside, vedendola in imbarazzo,credette di aver colpito nel segno e si animò.
« Ti sei fidanzata, eh? » « Ma no… » Tentò di opporsi Iole.
« Non si può proprio sapere chi è? » Insistette Iside. Iole fu li li per dirle che quel Dante altri non era che l’Alighieri, l’autore dell’opera, che lei evidentemente non aveva nemmeno degnato di uno sguardo, ma Iside la fermò con una mano e ribatté:
« Se non me lo vuoi dire ora, me lo dirai in seguito. » Concluse, poi le dette un colpetto d’intesa sulla mano e lasciando Iole esterrefatta, si avviò da sola verso il municipio.
Iside,dimostrandointeresse vero il segreto di Iola, nei giorni seguenti continuò a farle mille domande. Quando restavano sole le schiacciava l’occhiolino e le chiedeva di questo Dante, cosa facevano la notte, com’era, quanti anni aveva?Finché una mattina, dicendo di sentirsi poco bene,si alzò dalla scrivania e chiese a Iole di accompagnarla. 
« Si tratta di un semplice accesso di nausea. Ho anche conati di vomito. » Le disse, avviandosi verso il bagno. 
Ma Iole aveva compresobenissimo le ragioni di quel malessere e malignò che non avevaproprio perso tempo. Poi Iside non ce la fece più e sbottò: « Gli avevo detto che per un paio d’anni non ne volevo. E invece, guarda qua! »
Iole le asciugò la fronte con il suo fazzolettino e poi la riaccompagno alla scrivania.
Dal giorno dopo Iside non si fece più vedere in ufficio perché aveva chiesto l’esenzione per maternità.Ma qualche mese dopo, quando Iole inviò al segretario generale, al capufficio, aicolleghi e anche a Iside l’invito al suo matrimonio, Iside,stupita, e tenendosi con le mani il ventre ormai diventato enorme, la chiamòal telefono e le chiese se si sposava proprio con Dante. Quel Dante di cui non aveva mai voluto rivelare niente.
« Si. Con quel Dante lì. » Le rispose Iole.
« Ma almeno adesso, mi vuoi dire chi è questo Dante? Dove lo hai conosciuto? » 
« È Dante Sorana. » Rispose Iole.
« E chi è? Da dove salta fuori? Dove lo hai conosciuto? »
« Ci siamo conosciuti in occasione delle elezioni, quando è venuto in municipio per l’ispezione. » Rispose sorniona, Iole.
« Ma chi è, in definitiva? Io lo conosco?» Insistette spazientita, Iside. »
« Si. Certo che lo conosci. Si tratta dell’ispettore inviato della prefettura per controllare i registri elettorali, quello dell’ispezione di marzo, ricordi? Dante Sorana. »
Iside stette un attino a riflettere in silenzio e poi la salutò freddamente. Chiuse la comunicazione e finalmente le venne in mente chi era quel Dante, e capì anche perché avessero tolto a lei l’incarico di tenere in ordine i registri elettorali e lo avessero passato a Iole.
 


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