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Se mi cacci non vale

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

3
NOV
2016
Il convivente non può essere messo alla porta senza un congruo preavviso
Molte coppie, invece di sposarsi scelgono di andare a convivere e quando l' unione volge al termine uno dei due è costretto ad allontanarsi dalla casa.
In questi casi però il proprietario dell' immobile non può mettere alla porta l' ex compagno/a ma dovrà comunicargli un congruo termine,  entro il quale dovrà liberare l'immobile. 
La convivenza che abbia il carattere dell'esclusività, della stabilità e della retribuzione non può essere paragonata a un rapporto di ospitalità.
La Cassazione rifacendosi a una precedente pronuncia (Cass. Sentenza n. 9486 del 2012) ricorda che: al convivente va riconosciuta una  situazione assimilabile alla “detenzione autonoma” fondata sulla relazione familiare.
[Corte di Cassazione sentenza n. 7214 del 21 marzo 2013]
 
Il caso
Nella vicenda in oggetto un uomo ha ceduto alla propria compagna, con regolare atto di compravendita, un immobile di sua proprietà. In questo immobile la coppia viveva durante la convivenza; dopo la fine della relazione amorosa la donna ha costretto l'uomo ad andarsene dall' abitazione in un modo un po' particolare. In buona sostanza la donna  sosteneva di essere stata vittima di un tentativo di  furto e, in considerazione di ciò,  ha chiamato i carabinieri e alla loro presenza si è fatta consegnare le chiavi dall'ex convivente. I carabinieri nella suddetta circostanza hanno appurato che la donna fosse la reale proprietaria dell'immobile. 
L' ex convivente ritenendo di essere stato ingiustamente  allontanato dalla casa ha agito davanti al  Tribunale di Roma con un’azione di reintegra nel possesso, provando una situazione di compossesso dell’immobile derivante dalla convivenza. In primo e secondo grado veniva  data ragione all' uomo riconoscendo allo stesso una situazione di compossesso dell' immobile e non di semplice detenzione.
La questione è giunta  in Cassazione e qui la Corte, pur dando ragione all' uomo ha precisato che: "la situazione di compossesso non può essere dedotta dalla convivenza more uxorio tra le parti, poiché la convivenza non produce effetti sul possesso, e la relazione sulla cosa sarebbe assimilabile a quella di un “ospite”".
Ma il convivente non può essere paragonato a un ospite, di conseguenza allo stesso va riconosciuta  una situazione assimilabile alla “detenzione autonoma” fondata sulla relazione familiare.
 


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