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Mafia e cattiva politica: trovate le differenze

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

17
NOV
2016
L’attuale dibattito che vede l’Italia schierata sui due fronti del Referendum Costituzionale, oltre a offrire le rispettive opinioni nel merito della tematica, ha confermato la notevole distanza fra la politica e le realtà sociali
 
 
Un argomento, come la Costituzione, così vicino al popolo italiano, è divenuto opportunità di scontro fra i diversi schieramenti politici, allontanando le proprie finalità dal loro reale scopo: rappresentare l’elettorato. E’ evidente la difficoltà di comprensione che gli italiani hanno nei confronti di temi a loro strettamente connessi.
Due mondi ormai completamente distinti separati da una totale assenza di dialogo che dimostrano quanto la politica non rappresenti più le opinioni della cittadinanza, sostituendole con scelte presunte e raramente popolari. Eppure la politica, dal greco polis, dovrebbe essere l'attiva partecipazione degli abitanti alla vita.
Questa distanza, apparentemente accettata in modo passivo, non è, nella realtà, astratta e priva di effetti concreti. Ascoltando le opinioni “della strada” si evince la profonda insoddisfazione il malcontento, la sfiducia e, ancora peggio, la mancanza di prospettive. Emerge la grande diversità fra i cittadini della stessa nazione, fra le periferie e le centralità, fra Nord e Sud del paese, evidenziando, inoltre, l’incremento della sperequazione fra le classi sociali.
La politica non conosce le realtà sociali perché, salvo casi sporadici, si autogenera e genera provvedimenti differenti dalle concrete esigenze. Le problematiche della sanità, della scuola, della fiscalità, del lavoro, accanto ai bisogni primari della popolazione, stazionano irrisolte in un limbo di provvedimenti senza riscontri positivi.
Questo spazio fra cittadinanza e politica però, non resta inoccupato. Oltre al tipico ingegno italiano che cerca soluzioni alle mancanze, ci sono entità sociali che hanno imparato a supplire agli insuccessi dello Stato e della politica, nutrendosene e acquisendo consensi. Le mafie.
Spesso abbiamo una visione letteraria e romanzata delle mafie, dove l’aspetto criminale e sanguinario prevale sugli altri. Ma queste entità hanno una storia, un’origine e una struttura così precisa e funzionale da potersi ritenere un temibile stato parallelo.
Il Meridione d’Italia, dopo il Regno Borbonico e quello delle Due Sicilie, vide l’occupazione savoiarda e la successiva Unità d’Italia nei cui contesti nacque il fenomeno del Brigantaggio. La storia scritta dai vincitori e non dai vinti racconta le pessime condizioni sociali ed economiche in cui versavano le Due Sicilie imputandole all’amministrazione borbonica più che alla spoliazione piemontese. Di fatto, il Meridione d’Italia iniziò il suo declino e con esso l’assenza del nuovo stato se non per la richiesta di contribuzione fiscale. In questo contesto, occupando lo spazio lasciato dal Brigantaggio ormai soppresso, si costituirono le Mafie, proponendosi come associazioni segrete di assistenza e controllo del territorio. Precedentemente, risulta traccia di una setta segreta denominata Beati Paoli che, nella Sicilia del XII secolo, si proponeva di eseguire sommari processi e relative condanne secondo un personale codice malavitoso.
Definire le mafie “stato parallelo” può sembrare un paradosso ma, nella realtà, queste forme di criminalità organizzata sono dotate di una gerarchia, ordinamenti precisi, una fitta rete di operatori e un vero e proprio esercito che si contrappone all’altro stato, quello ufficiale.
Le mafie sono così radicate sul territorio da divenire invisibili. Appaiono come una realtà distante dalla vita comune, anche essendo molto vicina alla quotidianità, tanto da essere indistinguibile.
Al contrario di quanto si creda, la mafia, nelle sue variegate espressioni, riscuote sostegno popolare in particolar modo nelle fasce sociali meno abbienti, proprio quelle dove emerge maggiormente l’assenza dello Stato. La mafia presta denaro, anche senza interessi, trova lavoro o lo offre nelle sue fila, propone protezione, assicura assistenza, procura case e terreni, si oppone alla fiscalità. E’ violenta con gli oppositori ma amorevole con chi la sostiene. Non è un’eccezione che i boss della Mafia, della Ndrangheta, della Sacra Corona Unita, di Cosa Nostra e delle nuove compagini criminose, siano considerati benefattori se non figure sacre da una parte dei poveri e diseredati della società. La chiusura al credito operata dalle banche la favorisce ulteriormente: le mafie sostengono gli affiliati bisognosi e forniscono altissimi interessi a chi le finanzia. Non è raro l’affidamento dei propri risparmi alla malavita organizzata affinché porti a termine transazioni nel traffico internazionale degli stupefacenti, per riceverne, in breve tempo, cospicue quote d’investimento. Prima della nota Operazione Primavera contro il contrabbando dei tabacchi lavorati, c’erano molti investitori in questo settore illegale tipicamente gestito dalle mafie. Inoltre la manovalanza, occupata nelle operazioni di scarico, trasferimento e vendita, era ampiamente remunerata. 
Traffico di stupefacenti in primis, prostituzione, racket delle estorsioni, tratta di esseri umani e organi, appalti pubblici, attività immobiliari, collusione con politica e malgoverno, fruttano alla Mafia SpA circa 105 miliardi di utile annuo solo in Italia. Un valore sottostimato proporzionale ai beni sequestrati. L’unico problema che impegna la malavita organizzata non è procurarsi il denaro ma occultarlo.
E’ difficile definire quali possano essere le misure per combattere la malavita organizzata oltre a quelle già ampiamente messe in campo. E’ certamente necessario assicurare la soddisfazione dei bisogni della popolazione e diffondere maggiormente la cultura, perché le mafie si alimentano proprio dalle necessità e dalla mancanza di conoscenze. Un’altra azione importante, forse la più complessa, è demolire la mentalità mafiosa, fortemente radicata nella collettività. L’insoddisfazione, la mancanza di concrete risposte ai bisogni, lo scarso senso di protezione, spingono alla ricerca di scorciatoie per raggiungere gli scopi, con modalità irrituali se non illegali. Che il benefattore si chiami mafia o cattiva politica il risultato e l’operato non cambiano.
Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, noto per la sua trentennale lotta alle mafie di cui è profondo conoscitore, ha dichiarato: “La politica non ha alcuna volontà di combattere la mafia. Anche in parlamento ci sono persone colluse e in mala fede, che scientificamente non fanno andare avanti quelle modifiche normative che consentirebbero di lottare davvero contro la criminalità”. 
Solo uno Stato che abbia una precisa cognizione delle realtà sociali, sano, presente e vicino alle necessità, può combattere l’antistato rappresentato per eccellenza dalle mafie. Diversamente si protrarrà all’infinito la sfumata distinzione fra legalità e illegalità come quella fra il bene e il male.  
 


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