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Qui e ora/ Eletti al disopra di ogni sospetto

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

15
MAR
2017


Stiamo vivendo nel pieno dibattito politico nazionale e mentre questo accade, si configurano le prime immagini del futuro amministrativo di alcune realtà locali del nostro Paese che, con le elezioni, raggiungeranno il loro punto apicale


Salvo cambiamenti di rotta, prima o durante l’estate, in diversi comuni italiani, si voterà per nominare nuovi sindaci e consigli comunali. Nel nostro più immediato bacino geografico, Taranto e Martina Franca sono fra i centri maggiormente interessati dalle prossime tornate elettorali. Circa Taranto non è difficile immaginare quanto sia delicata la scelta di una classe dirigente preparata, concreta e onesta, sia per l’evidenza generata dal caso ILVA, sia per la pregnante condizione di degrado economico, sociale e territoriale che la città subisce, oltre che per il susseguirsi di pessime amministrazioni che hanno notevolmente contribuito all’affossamento di questa città dalle eccezionali doti intrinseche.
Citare Martina Franca ha un significato differente. Oltre ad essere questo un comune con una spiccata valenza propria, è uno dei più popolosi che, storicamente, ha sempre dimostrato una marcata estraneità, intesa nel suo reale significato, dalle restanti realtà regionali e, talune volte, nazionali. Queste peculiarità lo rendono quasi unico nel suo feudale modo di amministrare il bene comune con l’adozione di formazioni politiche perennemente fluttuanti e difficilmente definibili. In questo, la cittadinanza è un’entità relativa.
Taranto e Martina Franca sono due campioni estremi della vita politica e amministrativa che s’inquadrano in un difficilissimo momento per l’intera nazione.
È evidente che le prossime elezioni amministrative avranno un’importanza quasi vitale per la rinascita del territorio. Il loro esito anticiperà il trend comportamentale dell’elettorato anche su scala nazionale e potrebbero assumere sviluppi risolutivi o deleteri. Ciò che conta molto più del passato, sono l’enorme responsabilità che dovranno assumere i prossimi amministratori oltre al notevolissimo impegno da profondere. L’improvvisazione, quindi, è un fattore da escludere categoricamente. Chi vorrà tornare o si approccerà a governare le città italiane dovrà avere grande rispetto per le pubbliche esigenze, dovrà essere dotato di notevoli competenze e adottare illimitata trasparenza mantenendo, nello stesso tempo, un rapporto continuo con l’elettorato con il quale dovrà relazionarsi costantemente, dettagliando il proprio operato.
Con queste premesse, si presume che, chi ambisca a governare paesi, città e metropoli, abbia già fatto profonde riflessioni, comprendendo che la politica sino ad ora adottata, specie nelle emergenze davvero importanti, abbia rivelato la sua totale inadeguatezza. Di conseguenza, il panorama politico atteso dovrebbe essere composto di eccellenze, già impegnate con successo in ambito sociale che, con notevole esperienza affiancata dal perenne contributo dei cittadini, riescano a dare un reale incipit alla rinascita di un Paese devastato dalla crisi economica, dalle calamità naturali e da una classe politica che da sola ha generato molti più danni delle prime due sciagure messe insieme.
Con i primi deboli segnali politici si dovrebbero poter tracciare le direttrici che condurranno agli schieramenti elettorali ma, esattamente all’opposto dei bisogni, si propongono al governo delle città, una miriade di figure ancora più improbabili di quelle del passato, per altro prive di qualsiasi programma amministrativo. Cosa ancora più sconcertante è la forma operativa che vecchi e nuovi politici stanno adottando nel loro tentativo di aggregazione. Come in un déjà vu, si torna indietro col tempo di oltre quarant’anni, assistendo a trafelati gruppetti di aspiranti che si spostano freneticamente fra luoghi fisici simili a logge massoniche o covi della carboneria, e ambiti virtuali come internet e l’etere, alla ricerca di possibili maggioranze in nome di unico e preciso scopo: essere eletti.
Tutto questo mentre la popolazione è al colmo della sopportazione e chiede disperatamente risposte a problemi sociali improcrastinabili.
Proprio per soddisfare queste esigenze, i politici e gli aspiranti amministratori hanno affinato le loro tecniche di convincimento moltiplicando iniziative pubbliche di politica partecipata. Nel tentativo di generare una buona campagna marketing e consci che un errore di comunicazione potrebbe avere per loro un costo troppo elevato, si sottopongono alla cittadinanza chiedendo una partecipazione diretta ai programmi amministrativi nella speranza di ottenere due grossi risultati: captare progetti validi da copiare, vista la totale vacuità dei propri, e illudere l’elettorato di agire direttamente sul proprio futuro. In queste operazioni strategiche sono coinvolte figure di supporto suddivise fra cittadini probi e volenterosi ma enormemente ingenui, nuovi apprendisti indottrinati come bonzi e vecchi mercenari della politica tanto famelici di denaro quanto di potere.  
Come Vestali consacrate al fuoco, gli aspiranti si propongono come candide vergini immolate ai bisogni del popolo, anche quando hanno appena terminato il loro mandato che, nel migliore dei casi, ha generato malcontenti e insoddisfazione. Certo, questo non vale per l’intera popolazione fra cui ci sono anche i sostenitori appagati e quella parte di cittadini affetta perennemente dalla Sindrome di Stoccolma, avvezza a chinarsi e paga dalla sottomissione indipendentemente da chi provenga il sopruso.
Questa valutazione potrebbe apparire pessimista, pregna di illazioni e maligne supposizioni, se non fosse avvallata dall’interminabile serie di insuccessi politici degli ultimi decenni, giustificati solo da misere consolazioni e perenni termini di paragone con il passato e con l’azione altrui.
Come in ogni confronto con la concretezza, sarebbe un grave errore abbandonare la speranza che la società possa essere governata in funzione dei propri bisogni e in forza delle proprie virtù, tanto da indurre politici e amministratori a smettere di ritenersi entità supreme detentrici della verità in un perenne delirio di onnipotenza. In parte, la presa di coscienza popolare sta già avvenendo, anche se lentamente e silenziosamente come in tutti gli eventi positivi della vita: la popolazione, stanca di attendere, inizia a ricostruire, a generare, a purificare adottando le proprie forze e condividendolo con i propri simili. Una ricostruzione pacata ma solida e prolifica.
In tal senso è doveroso richiamare l’esempio di Taranto che sta operando lentamente il suo riscatto.
Questa dolce rivalsa costringerà chiunque voglia intraprendere la carriera politica o quella amministrativa ad accettare di essere al servizio del popolo e non il contrario.
L’iniziativa popolare incentrata alla rinascita culturale, economica, imprenditoriale, artigianale e turistica del proprio territorio è il peggior nemico dei politici di mestiere che così vedono vacillare le loro ambizioni e la loro credibilità. Neppure il ricatto occupazionale operato per controllare una vasta popolazione del Meridione è riuscito a soffocare l’orgoglio e l’istinto di sopravvivenza degli italiani.
Ai politici del passato possiamo solo consigliare di riflettere sul loro operato ancora prima di riproporsi, ai novelli aspiranti chiediamo di accostarsi alla politica con il solo spirito di servizio, a entrambi suggeriamo di lavorare ispirandosi e imparando dalla restante popolazione e non pensando mai di essere privilegiati. A chi, infine, guarda alla politica come un’opportunità personale, in virtù del principio che mai nulla è cambiato e che così sarà, invitiamo a leggere la Storia cosicché, dopo, non ne sarà così tanto certo.
Agli elettori che amino il loro paese raccomandiamo di mirare diritto agli interessi della propria città e dei propri concittadini. Il resto, come per tutti i castelli di sabbia, per quanto possa essere attraente, è destinato inesorabilmente a essere spazzato dal vento.
 



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