MENU

UN CONSIGLIO TRASVERSALE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
GIU
2017

Esiste una scienza della buona amministrazione? Possono le scienze sociali essere d’aiuto nel buon governo? Una riflessione sopra le parti.

Benché amministrare significhi servire (‘minister’ in latino è il servo), di fatto chi amministra, a prescindere dalla condivisa e condivisibile logica di servizio, gestisce delle risorse, che, a seconda dei programmi stabiliti, prenderanno una direzione piuttosto che un'altra. L’amministrazione locale, per quanto territorialmente limitata, non è, alla fin fine, di tanto meno importante di quella centrale, dacché in loco si decidono di fatto tante piccole questioni che riguardano la vita di tutti i giorni, come, ad esempio, l’organizzazione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Quindi, in loco possono essere avviate anche delle piccole riforme volte a migliorare ulteriormente l’efficienza della macchina amministrativa, la qualità dei servizi o, addirittura, i comportamenti dei cittadini, al fine di renderli auspicabilmente sempre più virtuosi. Non è detto che i grandi cambiamenti debbano partire sempre e necessariamente dal governo centrale: molti enti locali, nei limiti consentiti dalla loro autonomia, si sono fatti portatori di discorsi assai innovativi, che poi, per il loro successo, sono stati progressivamente adottati in altre realtà.
Comunque, quando si tratta di riforme, piccole o grandi che siano, lo scienziato (sociale) rispetto al politico risulta sempre molto più cauto, giacché il politico si basa maggiormente sulle sue convinzioni ideologiche; lo scienziato, invece, solo su fatti comprovati. Dove il primo fa una cosa perché suppone che sia giusta, il secondo la fa perché ha già dimostrato che funziona. Ovviamente, politico e scienziato, nell’ambito di questo nostro discorso, sono da intendersi come tipi ideali: di fatto nessuno è puramente politico e nessuno puramente scienziato, ma ognuno si colloca in un punto del continuum che intercorre tra questi due estremi. E, per quanto oggigiorno l’aspetto ideologico vada dichiaratamente restringendosi a vantaggio del fatto concreto, la buona politica, nonostante ciò, necessita ancora un ulteriore apporto di realismo, quindi di scienza sociale, specie quando intende mettere in atto delle riforme.
Quindi, esse, piccole o grandi che siano, andrebbero avviate non sulla scorta di semplici opinioni, ma di fatti comprovati. Cioè, prima di dare pieno regime ad un nuovo discorso, bisognerebbe dimostrare che esso sia funzionante, bisognerebbe adottare un metodo maggiormente scientifico. Quindi, la parola chiave è ricerca sociale: testare l’impatto delle novità, monitorarne gli effetti sulla popolazione, correggere in corso d’opera ciò che non risulta funzionante. Tutto ciò implica un lavoro, costante e massivo, di raccolta e analisi dei dati, oggigiorno assai facilitato dalla connettività telematica nonché dalla sempre crescente potenza computazionale dei calcolatori odierni.
Nel Regno Unito i decisori politici vengono già coadiuvati, in certe materie, da progetti di questo tipo (cito «What Works Network»), quindi, lassù, ma anche in altre parti del globo, ci si sta progressivamente rendendo conto di quanto questo approccio – in cui convergono statistica, informatica, telematica e scienze sociali – possa aiutare le amministrazioni ad individuare effettivamente ciò che funziona e ciò che non funziona.
Quindi, che lo sviluppo tecnologico e la ricerca sociale prestino congiuntamente le loro potenzialità  al progresso civile. Non domani, oggi.



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor