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NOSTRA SIGNORA DELLE ACQUE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
LUG
2017

Mentre l'Italia brucia a causa di incendi dolosi che necessitano di grandi quantità d'acqua per il loro spegnimento, in Puglia, nella Valle d'Itria, le acque depurate verranno disperse nel sottosuolo sottraendole all'utilizzo e favorendo il danno ambientale

Non è mai abbastanza affrontare argomenti inerenti alla tutela dell’ambiente perché è necessario credere che la certezza del futuro sia direttamente proporzionale alla qualità dell’aria, dell’acqua, del suolo e all’approccio che l’uomo ha con questi elementi fondamentali per la sopravvivenza umana. Come in un karma, dove la rinascita è determinata dalle azioni compiute durante la vita, il pianeta cambia in funzione del nostro operato su di esso, perché ciò che si semina si raccoglie.
Mentre da un lato c’è un esercito di uomini che curano con attenzione la relazione con la Terra, lottando contro ogni alterazione dell’ecosistema, dall’altro c’è chi è ancora restio a comprendere il significato di danno da inquinamento e considera la vita, nel suo complesso, come un investimento a breve termine. Industrie, rifiuti, scarichi, fitofarmaci, fonti energetiche, se gestiti con totale noncuranza per l’ambiente ne determinano mutazioni spesso irreversibili. Gli enormi proventi economici da essi derivanti, specie se gestiti indiscriminatamente, sono la fondamentale causa di una diffusa coscienza anti ambientalista. Il raggiungimento di obiettivi immediati ha condizionato una vasta area della popolazione che ritiene la tutela ambientale come un ostacolo al progresso. Questo è il frutto di campagne sistematiche che alterano le convinzioni sino a condurle dalla parte sbagliata del confronto Uomo-Natura.
Può apparire una problematica a noi distante ma, nella realtà non lo è, tant’è che anche le azioni semplici della popolazione, come la differenziazione dei rifiuti, è percepita come un onere, mentre è una sana abitudine probiotica per l’ambiente, il territorio e la salute.
Il danno ambientale appare più eclatante se è riconducibile alle istituzioni che, attraverso le opere pubbliche, non esercitano la sufficiente lungimiranza atta a comprendere che le soluzioni odierne possono diventare un grave problema per il futuro.
Extra ha raccontato più volte di un annoso disagio che affligge una delle più belle e note aree del territorio pugliese, la Valle d’Itria, compresa fra i comuni di Martina Franca, Cisternino e Locorotondo, causato dal malfunzionamento del depuratore fognario a servizio della città di Martina Franca e del relativo recapito finale dei reflui. Gli interventi di adeguamento degli impianti, procrastinatisi per troppo tempo, hanno trasformato il cuore della valle, in un putrido e malsano pantano che per decenni ha deturpato quello stupendo angolo di Puglia, tanto da danneggiare anche la strada statale 172 percorsa giornalmente da migliaia di utenti. Solo l’intervento dei cittadini e della Magistratura ha indotto le diverse amministrazioni responsabili a ricercare una soluzione. La Procura della Repubblica di Taranto, pregna dei continui rimpalli di responsabilità e costatando l’inadeguatezza delle azioni politiche, ha posto sotto sequestro l’area e un tratto della strada statale, per 202 giorni, allo scopo di tutelare la pubblica incolumità e la salute collettiva.
Nonostante l’impellente necessità, l’importanza dell’opera, il bisogno di salvaguardare ambiente e territorio, sono prevalse la volontà politica, l’eccessiva disinvoltura nel movimentare denaro pubblico e la mancata assunzione delle responsabilità.
Le scelte da operare in ambito ambientale, infatti, richiedono coraggio, determinazione, profonda conoscenza, senso di responsabilità e tempestività perché un errato intervento sul territorio si trasforma facilmente in un danno irreversibile.
Mentre in agro di Fasano, a una manciata di chilometri, si è concretato il progresso compatibile, attraverso il trattamento delle acque depurate tanto da renderle potabili, nella valle dei trulli si assiste alla realizzazione di opere che, anche essendo provvisorie, muteranno definitivamente quel territorio.
L’ingente danno ambientale, l’enorme disagio arrecato ai cittadini e alle attività economiche dei comuni contermini, la necessità di ripristinare il decoro di quelle aree, avrebbero dovuto indurre verso scelte innovative e mirate al rispetto del territorio, della salute e alla razionalizzazione della spesa pubblica. Al contrario, durante la vacatio amministrativa intervenuta nella città di Martina Franca, gli enti responsabili degli impianti hanno concorso alla realizzazione di un recapito finale delle acque reflue, tramite trincee drenanti disposte su un’estensione di circa 1,5 ettari. Un metodo obsoleto che prevede lo smaltimento dei reflui depurati nel suolo, attraverso canalizzazioni disperdenti. Si stanno attuando le volontà dell’AQP, titolare dell’impianto, di una parte della classe politica locale e regionale, del già Commissario prefettizio presso il comune di Martina Franca ma non quelle degli abitanti della Valle d’Itria. La scelta adottata è tuonata come un diktat per stabilire chi può e cosa può fare, come e quando vuole, anche disattendendo le originarie indicazione della Regione Puglia, superando le reali esigenze di smaltimento e ignorando ampie sezioni delle discipline urbanistica e ambientale vigenti.
Questo è anche ciò che afferma la CGIL locale insieme al Comitato per la Tutela e la Salvaguardia della Valle d’Itria costituitosi per la difesa di quel territorio. L’azione di contrasto tende alla sospensione dell’intervento e alla modifica delle opere che, evidentemente, appaiono un pessimo investimento della P.A., pari a circa 3 milioni di euro. In contrapposizione, ci sono alcune figure satellite che, a titolo privato, politico o professionale sostengono l’intervento. L’amministrazione comunale non si è mai espressa chiaramente tanto da dimostrarsi contraddittoriamente, ostile alla Magistratura, contro e, contemporaneamente, a favore del progetto realizzando. Un esempio di sostegno all’opera, giunge dal comunicato di un amministratore che, in data 7 aprile 2016 divulgava “La verità sulla vicenda del depuratore di Martina Franca” ripercorrendo, secondo le sue fonti, le fasi di approvazione del progetto e convalidandone il contenuto. L’indeterminazione, manifesta da centinaia di dichiarazioni pubbliche rilasciate dagli amministratori, ha permesso le scelte di AQP e dell’impresa appaltatrice che hanno optato per la soluzione a essi più consona.
Subito dopo l’insediamento della nuova amministrazione comunale di Martina Franca, definita “Ancona bis” per la rielezione in extremis di buona parte dei vecchi membri, l’attuale sindaco Franco Ancona ha recentemente avuto un incontro con l’Autorità Idrica Pugliese, alla cui conclusione ha dichiarato: “…Nei mesi scorsi, in vista del rinnovo dell’Amministrazione Comunale, ho sollevato più volte la problematica relativa alla questione delle acque, posta oggi in drammatica evidenza dalle difficoltà causate dalla persistente siccità…” e “...L’obiettivo è di garantire, ai nostri agricoltori, l’acqua per poter produrre in maniera competitiva, sia per quel che riguarda le produzioni arboree e vegetali, che per gli allevamenti di bestiame…”. Nello stesso comunicato apparso sul sito istituzionale del comune di Martina Franca, in stretta connessione, si fa chiaro riferimento al reimpiego dei reflui depurati a fini irrigui.
Appare complesso comprendere come possa essere compatibile l’uso irriguo dei liquami depurati, che richiedono bacini d’accumulo, con le trincee drenanti che hanno proprio la funzione di smaltire i reflui nel sottosuolo. La dichiarazione del sindaco Ancona, evidentemente, lascia intravedere una più attenta riflessione, forse scaturita dalla necessità di un migliore uso delle risorse naturali, da un maggiore rispetto per l’ambiente e da un più attento impiego del denaro pubblico. Eppure, quale massima autorità sanitaria del comune ove è reggente, la sua parola, se ferma e decisa, avrebbe potuto porre fine a questo inutile, dannoso e costoso intervento. Anche se la precedente esperienza amministrativa di Franco Ancona è terminata anzitempo, non si comprende perché il problema sia stato affrontato, forzatamente, solo alla fine del suo governo. Ora ha la possibilità di risolverlo. Solo seriamente.

 



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