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Fiano, che razza di legge è

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

28
SET
2017

Una damnatio memoriae che nemmeno all’indomani della Seconda Guerra Mondiale era stata così feroce e sotto cui si avverte una leggera vena di malinconia di una sinistra senza idee

Quanta apologia ci può essere nel Palazzo del Governo di Taranto che se ne sta lì con la sua impertinente imponenza imperiale a ricordarci un passato con il quale non abbiamo ancora fatto i conti?
E quanto allude alla Buonanima l’architettura gigiona del Palazzo delle Poste o della Stazione Ferroviaria? E quante altre opere nella nostra città offendono i nuovi censori?
Verrebbe quasi da chiedere all’Onorevole Fiano se per caso non ritenga sia giunto il momento di procedere all’abbattimento di queste oscene costruzioni anche se, tutte insieme, costituiscono buona parte delle opere pubbliche della città.
Siamo al cospetto di un paradosso chiamato Legge Fiano, una sorta di abominio legislativo che, oltre a non chiarire bene il limiti entro i quali un comportamento diventa penalmente punibile, pretende di sanzionare le opinioni, i calendari, la gestualità, i mascelloni fino a spingersi al dibattito sull’opportunità o meno di cancellare anche l’architettura ventennina.
Una damnatio memoriae che nemmeno all’indomani della Seconda Guerra Mondiale era stata così feroce e sotto cui si avverte una leggera vena di malinconia di una sinistra senza idee, frustrata dallo scollamento con la propria base che cerca nell’antifascismo (in assenza di fascisti) un disperato modo per riannodare un dialogo “d’area” partendo dall’antifascismo di maniera.
Non è la Legge Fiano a far paura ma ciò che essa rappresenta e cioè il triste crepuscolo di una sinistra col torcicollo diventata un fantasma incapace di comprendere il mondo, rinchiusa nei soliti feticci novecenteschi che la portano a cianciare di classe operaia, piuttosto che di migranti senza comprendere che gli svantaggiati del nuovo millennio sono altrove ed attendono tutele.
Se poi qualcuno guarda dove loro si ostinano a non guardare ecco il pericolo populista, le destre becere, xenofobe, pericolose, i barbari, gli incolti.
Falli di frustrazione insomma che incattiviscono un’area politica divenuta un arcipelago litigioso, un coacervo di particolarismi il quale cerca di compattarsi in nome di un comune nemico che non esiste più e che da morto raccoglie ancora qualche simpatia, cosa della quale la sinistra non riesce a farsi capace reagendo in modo scomposto.
     
Esageriamo? Non proprio: mentre, giusto per rimanere a casa nostra, l’attualità ci imporrebbe di parlare dell’accorpamento delle ASL pugliesi, della mancata realizzazione di infrastrutture sanitarie sul territorio Ionico, del mezzo scippo della Zona ad Economia Speciale, della opaca gestione Ilva e di tanti altri argomenti che in Italia dovrebbero costituire problematiche più stringenti rispetto ad un evento patrio chiusosi tragicamente oltre settanta anni orsono, nel nostro Paese l’ANPI usa la storia – non potendo usare l’attualità che ci consegna una sinistra fallimentare – per fare del macabro proselitismo.
Così, mentre le problematiche di Taranto (e delle tante città in forte crisi) non trovano posto nel dibattito nazionale, l’Associazione dei Partigiani savonese ha deciso di ammazzare una seconda volta Giuseppina Ghersi opponendosi all’iniziativa del Comune di Noli che nel 2017 (non nel 1945) ha deciso di dedicare una targa ad una bambina di 13 anni che nell’immediato dopo guerra fu torturata, violentata ed uccisa dai “liberatori” perché ritenuta fascista.
E non si tratta di un caso isolato: sempre l’ANPI questa volta a Giaveno un comune in provincia di Torino, ha proposto di rimuovere il motto fascista "Credere, obbedire, combattere” che campeggia sulla torre campanaria della cittadina trovando il plauso delle Istituzioni.
Se due eventi possono costituire un indizio, ecco il terzo pronto a dipanare ogni dubbio: nella profonda confusione che regna a sinistra, può capitare che qualcuno - come l’assessore alla Sicurezza di Milano, Carmela Rozza – proponga di deporre una corona al cimitero Musocco uguale per tutti i caduti della Seconda guerra mondiale, senza distinzioni tra partigiani e repubblichini.
Tanto basta ad infuocare un dibattito infernale subito sopito dal Sindaco Sala che ha deciso di chiudere sul nascere ogni tentativo di pacificazione disponendo che il Comune non ponga alcuna corona al Campo X del Cimitero di Milano.
Effetti indesiderati (?) della Legge Fiano, fuochi d’artificio sparati in aria per ammantare di colore una realtà povera e decadente, diversivi posti in essere da chi non sa occuparsi della realtà coinvolgendo l’Italia in una stucchevole polemica su un passato che andrebbe consegnato alla storia.
Vien da chiedersi se sia la Legge Fiano ad aver generato tutto questo o se essa sia solo il naturale sbocco di un dibattito ormai divenuto etereo, anacronistico ed impalpabile.
Chissà cosa penseranno all’estero di questo strano Paese.



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