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Suore di Dio, serve dell´uomo

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
MAR
2018

Un fenomeno mai discusso prima relativo al rapporto fra suore e Chiesa. Le sorelle a servizio degli ecclesiastici lamentano di essere prevaricate e relegate a ruoli inferiori e sottopagati

Pochi giorni addietro, il supplemento dell’Osservatore Romano, quotidiano edito dalla Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, “Donne chiesa mondo” ha pubblicato un articolo dedicato al ruolo delle suore nella Chiesa. La particolarità deriva dal contenuto che è volto ad analizzare un ambito, quello ecclesiastico, dove le donne a servizio della Chiesa vivono un rapporto di sottomissione e sfruttamento che le relega a compiti di servizio, spesso ampiamente inferiori alle loro reali capacità e in cui le suore sono destinate al ruolo di domestiche, cuoche e cameriere di vescovi e cardinali, o sono subalterne di ecclesiastici che mostrano un atteggiamento di preminenza verso la donna in generale e, nello specifico, verso le suore estromettendole, perfino, dal desco. Un atteggiamento, quindi, di sufficienza, tolleranza e superiorità nei confronti di una categoria che si rivela, invece, fattiva e utile nei rapporti sociali.
Quello che emerge è lo scenario di donne sottomesse, ampiamente sottopagate e che tacciono per non perdere quella piccola certezza conquistata o incorrere in sentimenti di rancore contrari al loro credo.
Chi sono le suore del XXI secolo? La figura della donna votata all’obbedienza, alla semplicità e alla castità, che vive in una congregazione, è mutata in meno di mezzo secolo. A differenza delle monache, la loro partecipazione non è racchiusa all’interno del loro istituto ma è molto più attiva nella società. Al contrario del passato, sono donne che hanno, spesso, un vissuto precedente e che scelgono autonomamente di accostarsi a un ruolo nella Chiesa. Le “nuove suore” scelgono i voti anche con l’ambizione di rivestire un preciso compito. Da ancelle della Chiesa a protagoniste attive della vita cristiana che, sovente, sono dotate di ottima cultura e studi ecclesiastici, capaci di rivestire un ruolo anche all’esterno della Chiesa e sono pronte a cimentarsi in ruoli anche rischiosi e complessi.
La maggioranza delle suore proviene dalle più svariate parti del mondo sfuggendo a condizioni di pesante povertà, degrado sociale e sottocultura. La scelta si basa, oltre che sulla vocazione, anche dal bisogno di sostenere la propria famiglia e migliorare la propria condizione. Pertanto, è giusto che le prestazioni lavorative svolte dal ruolo prettamente ecclesiastico, sia degnamente retribuito, cosa che sovente non avviene. Al contrario, le suore sono indirizzate agli ecclesiastici solo dopo una specifica richiesta. Fra esse ci sono laureate in studi teologici o in altre materie che, quindi, potrebbero essere un reale valore aggiunto alla missione, con capacità anche superiori a molti membri del clero. Spesso, invece, sono relegate alle cucine, alle pulizie, alla cura degli ecclesiastici oltre che alla catechesi. Difficilmente hanno orari di lavoro contenuti entro una dimensione utile a poter condurre una corretta vita sociale e non sempre fruiscono di un alloggio degno e riservato.
In funzione della condizione svantaggiata di queste donne, perché prima di essere suore sono donne, sono pagate con discrezionalità e comunque, senza considerare un reale parametro remunerativo. Il denaro percepito è, principalmente, inviato alle famiglie di provenienza che, a volte, dipendono da quegli introiti.
Un ecclesiastico che richiede l’assistenza di suore ha la facoltà di attribuire loro qualsiasi incarico che, quindi, è condizionato dalla sua considerazione delle donne, delle suore e dal suo metro di valutazione delle gerarchie. Se ritiene di non essere soddisfatto dei servigi di una o più suore, può deciderne la sostituzione come si farebbe per una domestica.
Le conseguenze di questo rapporto fra uomini e donne della Chiesa, generano condizioni estreme che, in nome del voto di obbedienza, inducono le suore a sottostare alle stravaganze maschili e danneggiare la propria stima sino a vivere profonde frustrazioni e psicosi non superate, confidate alle consorelle e alle superiori. L’articolo di “Donne chiesa mondo” nasce proprio dalla raccolta di confessioni delle sorelle alle superiori. È, sicuramente, un caso senza precedenti che solleva una realtà taciuta forse per troppo tempo. Lo ripetiamo, le suore sono donne e come tali devono essere trattate alla pari degli uomini anche vincendo l’arretratezza conservatrice di una parte del clero. La realtà è che una suora anziana o malata è sostituita mentre un prete nelle stesse condizioni pretende cure e venerazione.
La Bibbia e alcuni brani dei Vangeli riportano il dovere di sottomissione della donna all’uomo. Questo era un normale comportamento dei popoli prima e al tempo di Cristo, che ritenendo Eva responsabile dei mali dell’umanità, per assimilazione, la identificavano in tutte le donne. Evidentemente, considerare ancora valido questo principio è strumentale, così come lo è decidere di interpretare o lasciare inalterate parti dei testi sacri secondo la maggiore o minore utilità di una parte della Chiesa. In questo caso, gli studi teologici ripiegano alla funzionalità. È sicuramente comprensibile che gli scritti redatti nell’arco di millecinquecento anni e di datazione incerta riportino comportamenti legati a ordinamenti sociali. Al contrario, è inammissibile che, alla luce della conoscenza, questi siano attribuiti alla volontà di Dio. La sottomissione delle donne all’uomo contrasta con le parole di Cristo che esalta la figura della Madonna e quella della donna come fonte della vita. La condizione della donna nella Chiesa risente anche dell’interpretazione e dell’attuazione di alcuni passi del Libro della Genesi, scritto da autori ignoti presumibilmente nel VI-V secolo a.C. o di altri della Prima Lettera ai Corinzi e della Prima Lettera a Timoteo, attribuite a Paolo di Tarso. Questi fu fra i primi missionari ma non conobbe Gesù. È necessario, quindi, un sufficiente discernimento nel considerare il contenuto degli scritti laddove siano influenzati dagli usi e costumi terreni, così abituali da essere ritenuti logici. Compito, questo, che spetta alla Chiesa per proporre ai credenti la vera essenza della religione cristiana. Se è vero che la fede comporti l’incondizionata convinzione nelle parole di Dio, è altrettanto vero che essendo queste scaturite dall’entità suprema capace d’immenso amore per l’umanità, non possano indicare atti di sottomissione o violenza fra gli stessi uomini. Il confronto fra i testi sacri delle diverse religioni ha un’importante funzione storica e filologica. In questo caso confermano che il modo di scrivere la volontà divina è influenzato da usi e costumi dell’epoca di trascrizione. Anche il Corano riporta, ad esempio, che l’uomo deve prevaricare sulla donna e ciò dimostra che testi contemporanei scritti in regioni geografiche vicine, risentano dei costumi, tanto da considerarli così logici da attribuirli alla volontà del rispettivo dio. È questa una realtà riscontrabile in svariate epoche e diverse parti del mondo. Semplificando, se alcuni scritti cristiani inducono a prevaricazioni sociali, in questo caso fra uomo e donna, ce ne sono molti di più che ispirano all’uguaglianza e all’amore.   
Eppure, i conservatori della chiesa cristiana, fondamentalmente oscurantisti, protendono verso la superiorità dell’uomo sulla donna o fra uomini. Al contrario, Papa Bergoglio ha un occhio molto attento alle contraddizioni presenti nel cristianesimo, isolando le forzature e ponendo un accento critico sulle interpretazioni della parola di Dio anche ricevendo l’accesa opposizione di una parte del clero, come quella del Cardinale Raymond Burke massimo esponente dei conservatori della Chiesa. Ci sono, inoltre, laici che, in nome del fondamentalismo cristiano, hanno costruito le loro carriere sociali e politiche come Antonio Socci e Mario Adinolfi.  
Sotto il profilo prettamente sociale, disconoscere le capacità femminili anche all’interno della Chiesa non può che essere un chiaro segnale di arretratezza oltre che un ingombrante ostacolo al progresso.  

 



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