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La vera natura dei tarantini

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

12
APR
2018

Una massa enorme di porcherie è stata sversata in mare dai cittadini. Saranno gli stessi che sfilano per le strade chiedendo salute e lamentandosi dell’inquinamento?

Sui fondali di Mar Piccolo è stata scoperta la vera essenza di Taranto, l’atto fondativo della città, il dna del perfetto tarantino, una sorta di “stele di rosetta” che molto riesce a dirci del nostro territorio: centosessantacinque pneumatici, novanta auto, venticinque moto, rifiuti ingombranti, taniche contenenti diversi liquidi e materiali in vetroresina.
Il tutto rinvenuto nell’ambito di un’operazione che porterà a schedare il materiale depositato sul fondo del Mar Piccolo, censimento propedeutico alla successiva rimozione ad opera del Commissario Straordinario per le bonifiche.
Il volume del ritrovamento sembrerebbe importante tanto che il Commissario per le bonifiche, in un resoconto delle attività svolte, ci ha fatto sapere che i fondali del Mar Piccolo sono ricchi di «autovetture ed imbarcazioni navali, metalliche o in vetroresina,batterie, oli motore, vernici», materiali che «possono costituire fonte continua di degrado ambientale. Altrettanto dicasi per i bidoni contenenti oli e catrame o loro residui, che sono stati scaricati abusivamente sui fondali. In particolare i rilievi svolti hanno evidenziato la presenza di molteplici e diversi rifiuti ingombranti e di cumuli di rifiuti di piccole dimensioni di natura antropica. Nello specifico i materiali rinvenuti sono costituiti da autovetture intere e/o parti di esse, fusti metallici, natanti. Sono stati rilevati un numero significativo di pneumatici di auto ed autocarri, alcuni cassonetti per rifiuti urbani e resti di impianti per la mitilicoltura.
A tutto questo materiale vanno aggiunti altri materiali di natura antropica come pali in legno, cassette in legno, imbarcazioni in legno di varie dimensioni spesso da tempo affondate e ricoperte di organismi animali e vegetali incrostanti».
Viene da domandarsi chi mai abbia potuto inquinare il mare con tanta brutalità: forse quei cattivoni dell’Ilva? Forse le lobby massoniche che vogliono dividersi Taranto occultando sotto il mare i pezzi che avanzano? Forse quei manigoldi della raffineria che non hanno rispetto per Taranto ed i suoi martoriati cittadini? Oppure sono stati i politici corrotti i quali hanno occultato così il frutto di anni di ruberie?O addirittura quei birbanti di Cementir?
No, fermi tutti, abbiamo scoperto i colpevoli: si tratta degli odiati baresi i quali, insieme agli assessori, portano in riva (e non solo in riva) allo Ionio ogni genere di rifiuto con l’intento di delegittimarci, con il fine recondito di deturpare il nostro territorio evitando che quest’ultimo dreni turisti dalle altre località pugliesi facendole impallidire di rabbia.
Fuor di metafora, quella massa enorme di porcherie è stata sversata in mare dai tarantini, quegli stessi cittadini che prima sfilano per le strade chiedendo salute, lamentandosi dell’inquinamento e della ferriera che li sta ammazzando onde poi buttare la macchina vecchia in mare.
Sono gli stessi che gettano la lavatrice dalla discesa Vasto mentre cianciano di turismo, di percorsi enogastronomici e valorizzazioni del territorio.
Sono quelli che pretendono di avere credibilità mentre chiedono a gran voce le bonifiche, dimentichi del treruote che nottetempo hanno inabissato manco fosse il Titanic.
E non parliamo di casi isolati perché novanta autovetture fatte colare a picco sono un’enormità che induce giustamente a fare generalizzazioni senza che nessuno si possa sentire offeso.
Questa è la città delle mille contraddizioni signori, quel coacervo di cazzeggio in libertà misto a civismo di facciata con un pizzico di privatissimo cemmenefuttammé; la città dei temini di fantasia sul futuro e dei buoni propositi cui segue il nulla (quando va bene) se non addirittura comportamenti incoerenti rispetto a ciò che si era affermato un attimo prima.
Questa è la città che ti permette di fare questi ritrovamenti da terzo mondo proprio mentre si riempie la bocca con piastre logistiche e concetti recitati a memoria fissandoti con lo sguardo dell’asino bigio che osserva la vaporiera ansimante nella famosa poesia di Carducci.
Tutti bravi a fare la fiaccolata al grido di “Taranto libera” un attimo dopo aver spostato la propria cantina a Mar Piccolo. Tutti bravi a fare qualunquismo ambientale ma solo dopo aver usato questi metodi di smaltimento da Marocco (con mille scuse ai marocchini). Con quale coraggio reclamiamo rispetto dal Governo e dalla Regione? Mistero.
I ritrovamenti di questi giorni sono un reperto archeologico da conservare al MarTa a futura memoria in modo che i posteri possano avere la prova provata di chi siano stati i tarantini unitamente ad una chiara disamina riguardante le ragioni del declino inarrestabile.



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