MENU

Ilva, l´ostacolo ai progetti di ArcelorMittal

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

17
MAG
2018

Supponiamo che un magnate dell’acciaio abbia l’obiettivo di liberarsi di tutti gli stabilimenti siderurgici concorrenti per acquisire il primato assoluto, anche impiegando costi, specie se relativi al lavoro, molto più bassi di quelli praticati in Europa e senza neppure essere soggetto ad alcun regime di tutela per l’ambiente e la salute

Qualche decennio addietro, qualcuno trascorreva il suo tempo, e non solo quello libero, frequentando i circoli ricreativi. C’era chi ci andava per una partita a carte o a biliardo e chi, invece, per giocare con i flippers o i primi videogiochi. I più giovani erano particolarmente interessati a questi giochi individuali con i quali si cimentavano per ore nel tentativo di superare i punteggi record. Alcuni circoli avevano perfino stabilito delle soglie oltre le quali era possibile ricevere bonus per continuare a giocare e fissavano premi in denaro per chi superava i limiti più alti. In funzione di questo trend, si erano formati veri professionisti del flipper che trascorrevano ore manovrando quelle macchine, di cui avevano imparato tutti i segreti alla ricerca del punteggio massimo, spesso in precedenza, ottenuto sempre da loro. Ogni flipper aveva le sue caratteristiche e, una volta conosciute, si diveniva invincibili. I gestori dei circoli non avevano molta simpatia per queste figure che, a target raggiunto, reclamavano il monte premi tanto da divenire sempre meno graditi al crescere delle vincite. Un altro motivo della ritrosia, risiedeva nel fatto che, attorno ai campioni, si creava una cerchia di attenti osservatori che ne carpivano i segreti rendendosi, a loro volta, potenziali recordmen. Per questo motivo, i gestori avvicinavano i plurivincitori e gli sottoponevano una proposta che, comunque, non avrebbero potuto rifiutare: l’offerta era di accettare un importo in denaro una tantum per smettere di vincere o per non farsi più vedere. C’erano perfino provetti giocatori per i quali questa era divenuta una fonte integrativa di reddito e si spostavano fra i vari circoli per riscuotere vincite e liquidazioni. Circa nello stesso periodo, un pugliese si dilettava nel progettare piccole invenzioni finalizzate a rendere più semplice la vita quotidiana. Una, ad esempio, riguardava le iniezioni che, a quei tempi, si praticavano con l’uso di pesanti siringhe in vetro. Durante l’aspirazione del farmaco, capitava che il vuoto creatosi all’interno della siringa fosse insufficiente a sostenere lo stantuffo che cadeva frangendosi. L’inventore individuò la soluzione e brevettò un economico sistema che impedisse allo stantuffo di fuoriuscire dalla siringa. Lo propose a una nota azienda del settore che gli offrì una cospicua somma in denaro chiedendo in cambio l’impegno di non inventare mai più nulla che riguardasse le siringhe in vetro. Questi due aneddoti hanno in comune la stessa conclusione. Nel primo caso, i gestori dei circoli preferivano privarsi di una cifra in denaro pur di liberarsi di una perdita economica costante che avrebbe potuto compromettere la loro attività e, nel secondo, il produttore di presidi sanitari preferì liquidare l’inventore purché le siringhe continuassero a rompersi per essere riacquistate. Sono, ormai, decenni che si cercano soluzioni affinché l’Ilva di Taranto - e qualcuno si chiederà che nesso ci sia fra lo stabilimento siderurgico, i flippers e le siringhe di vetro - continui a produrre acciai innovativi a prezzi concorrenziali, non inquini il territorio dove è insediata e assicuri l’occupazione, magari incrementandola. E sono decenni che governi e parti sociali non riescono a conciliare le tre cose per il semplice motivo che, soddisfare completamente le singole esigenze, è ora impossibile. Se Ilva dovesse restare una fucina di consensi elettorali, sarebbero soddisfatti soltanto i politici che la adoperano a questo scopo, se invece fossero attuate le garanzie per la sicurezza e l’occupazione dei lavoratori, l’attività diverrebbe antieconomica e se si riuscissero a contemplare queste due condizioni, si dovrebbe, comunque, realizzare la bonifica delle aree e l’abbattimento delle emissioni nocive scaturite dall’industria. Ciò tutelerebbe l’incolumità dei cittadini ma svantaggerebbe la produzione a detrimento dei relativi guadagni. Per quanto ci riguarda, l’incolumità dei tarantini, degli operai e la bonifica delle aree contaminate, queste sono una priorità, anche se non tutti hanno la stessa esigenza nonostante si moltiplichino le morti sul lavoro e quelle per molteplici malattie a danno degli abitanti di Taranto, entrambe imputabili a Ilva. Gli ultimi avvenimenti raccontano della rottura delle trattative fra il governo italiano, rappresentato dal ministro dello Sviluppo  economico Carlo Calenda, e i sindacati. In sostanza, la proposta del governo uscente prevede che l’azienda sia ceduta ad ArcelorMittal, capo cordata di Am Investco, a fronte di alcune condizioni. Il Mise ha approntato una proposta affinché "tutti i lavoratori avranno a fine piano (2023 N.d.R.) garanzia di continuità occupazionale a tempo indeterminato". Inoltre, ArcelorMittal dovrebbe assumere 10mila lavoratori e Invitalia "individuerà soluzioni per dare prospettive stabili a tempo interminato ai lavoratori rimasti in carico all'amministrazione straordinaria" escludendo, inoltre, licenziamenti collettivi per cinque anni. Secondo i sindacati, seduti dall’altra parte del tavolo delle trattative, la proposta è inaccettabile decretandone, di fatto, la bocciatura e causando grande disappunto in Calenda che ha definito le obiezioni: “populismo sindacale”, mentre incassava una solenne sconfitta per se e per il governo Gentiloni. Intanto, l’imprevisto ha causato nuove fratture all’interno del PD, dove Michele Emiliano, ormai avvezzo a saltellare fra una sponda e l’altra del fiume Ilva, questa volta ha scelto di restare sulla riva opposta a quella del governo nella speranza di non essere trascinato dalla corrente. Teresa Bellanova, invece, s’indigna di Emilano, dei sindacati e a prescindere, seguendo la scia lasciata da Matteo Renzi nella crociata contro il Presidente della Regione Puglia e inscenando un’uscita a effetto mentre abbandona definitivamente le scene. Il termine degli ammortizzatori sociali si avvicina e con esso anche quello dell’offerta di Am Investco. Intanto, nessuno dei personaggi interessati ha seriamente approntato le reali garanzie per far fronte all’emergenza ambientale. Tantomeno il sindaco di Taranto che, fosse solo perché respira la stessa aria inquinata dei suoi concittadini, avrebbe dovuto assumere una posizione decisa e, invece, negli ultimi tempi si è limitato a scegliere la casella “non so/non rispondo”. L’immediato sviluppo impone il rinvio del problema al nascente governo Lega/Cinque stelle con tutte le imprevedibili conseguenze che ciò comporti. Nell’attesa, l'Ilva di Taranto avrà facoltà di procedere direttamente ad assunzioni e licenziamenti superando qualsiasi accordo. Pochi, però, si sono chiesti il motivo per cui un colosso mondiale dell'acciaio voglia acquistare uno stabilimento che non è all’avanguardia, risente di gravi problemi occupazionali e richiede costosissimi interventi di adeguamento che lo rendano compatibile con la salute dei cittadini e con il territorio garantendo, nello stesso tempo, l’incolumità dei lavoratori. L’interrogativo verte a comprendere se Ilva è davvero un buon investimento a fronte delle innumerevoli problematiche che presenta insieme e una prospettiva economica tutt’altro che rosea. Probabilmente a più di qualcuno non interessa conoscere la risposta. Noi, invece, abbiamo formulato qualche ipotesi facendo anche assumere significato alla relazione che pensiamo intercorra fra ArcerolMittal, L’Ilva, i gestori di flippers e i produttori di siringhe in vetro. Supponiamo, ad esempio, che un magnate dell’acciaio abbia l’obiettivo di liberarsi di tutti gli stabilimenti siderurgici concorrenti per acquisire il primato assoluto, anche impiegando costi, specie se relativi al lavoro, molto più bassi di quelli praticati in Europa e senza neppure essere soggetto ad alcun regime di tutela per l’ambiente e la salute. Se perseguisse questa scelta, potrebbe divenire il leader incontrastato dell’acciaio evitando, inoltre, di spiegare come lo produce, alla pari solo delle imprese omologhe cinesi. Con questi ipotetici presupposti, immaginiamo che lui abbia fra i suoi obiettivi quello di trasformare l’Ilva di Taranto in un “centro di studi e ricerca”, liberandosi gradualmente della manodopera ed eseguendo le opere di bonifica al minimo indispensabile. L’intento ultimo, quindi, sarebbe rendere lo stabilimento inutilizzabile sopprimendo, di fatto, un ostacolo al suo progetto. Sempre per ipotesi, il sistema sarebbe, quindi, lo stesso adottato alcuni decenni addietro dai gestori di circoli ricreativi e dai produttori di siringhe in vetro: investire un capitale per rimuovere un ostacolo. Se la nostra ipotesi (e forse non lo è) si dovesse rivelare troppo astrusa o ardita, noi saremmo i primi a esserne contenti perché, evidentemente, è già pronta una soluzione alternativa valida ed efficace. Intanto, prendiamo in considerazione la nostra supposizione e ci affidiamo al tempo per una smentita o una conferma, auspicandoci che qualsiasi cosa si decida faccia prevalere la tutela della salute dei tarantini e la salvaguardia del territorio ionico. Circa il problema occupazionale, forse, ci stanno già pensando menti illuminate, sperando che non siano le stesse che hanno lasciato immutato nella sua aberrazione quel mostro chiamato Ilva.



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor