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Meglio i cartoni che gli umani

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

24
MAG
2018

“Ha un grande cuore, è grande la bontà / ma col nemico non ha pietà…” cantavano i Cavalieri del Re, nella sigla italiana del famoso “Uomo tigre”. Questa frase racconta benissimo la cultura giapponese del bushido, ovvero la via del guerriero: un insieme di regole morali e di condotta che esaltano la lealtà, il coraggio e l’ideale. Valori che i quarantenni dei nostri giorni potevano ritrovare anche nel famigerato Kenshiro, anche detto “Ken il guerriero”, che narra le avventure di Ken, maestro di karate dell’era postatomica, impegnato nella lotta ai tiranni e nella difesa dei deboli e degli inermi.
Certamente diverse erano le armi utilizzate da Merlino per erudire il giovane Semola, prima che fosse noto a tutti come il grande Re Artù. Chi non ricorda il bislacco mago, che nel capolavoro intitolato “La spada nella roccia”, tenta di fare da precettore ad un imberbe scudiero, con la mente imbevuta di pregiudizi medievali, per trasformarlo in un sovrano illuminato, reso giusto dalla cultura e dalla fiducia nel progresso dell’umanità?
Negli ultimi 90 anni i fumetti ed i cartoni animati hanno saputo ritagliarsi uno spazio sempre maggiore nella cultura popolare. Era il 16 gennaio del 1928 quando Walt Disney, sempre lui, disegnò per la prima volta il topo più famoso del mondo: Topolino. Il simpatico roditore, che ha tenuto compagnia ad intere generazioni di bambini, fu da subito connotato da astuzia ed ingegno, mai usati per fini biechi, bensì messi al servizio della collettività. Ricordo ancora un’iniziativa editoriale risalente agli anni dell’infanzia, che riproponeva in Italia alcuni dei “gialli” con i protagonisti del mondo Disney, e Topolino, Gambadilegno ed il commissario Basettoni, intenti a combattersi, nell’eterna sfida tra bene e male. Erano storie avvincenti e istruttive, in cui la giustizia finiva inevitabilmente per avere la meglio.
Anche in tempi più recenti l’animazione digitale ha saputo dare voce e anima a splendidi caratteri. Personaggi immaginari, certo, ma espressivi di un intero caleidoscopio di emozioni, pensieri e sensazioni, in grado di toccare le corde più alte dell’animo umano. Alla base dei grandi capolavori del cinema di animazione abbiamo sempre riscontrato un’attenzione per l’amicizia, l’eroismo, il sacrificio. Le storie raccontate dai narratori del fumetto hanno spesso partorito supereroi impegnati nella difesa degli indifesi, degli anziani o dei bambini. In alcuni casi, come nel meraviglioso “L’era glaciale”, persino un neonato, senza speranza o protezione, riesce a ritrovare i suoi genitori grazie alla bontà del mammut Manny, che in barba alla sua natura brontolona intraprende un rischioso viaggio per riportare un pargolo smarrito al suo papà, cacciatore primitivo.
A dispetto di un cinema e di una società capaci di allontanarsi sempre più dalla profondità, in una ossessiva ricerca dell’effimero, dell’effetto speciale e della banalità, i cartoni animati spesso hanno diffuso una sensibilità capace di fare da barriera allo scadimento morale, alla mercificazione di ogni anfratto della vita di Homo Sapiens. I modelli culturali che formano i cittadini del futuro sono spesso zeppi di messaggi predatori, che spopolano tra i pubblicitari e fanno presa sui più giovani. La corsa ossessiva alla dissimulazione, l’incapacità di accettare ed affrontare compiti, fatiche, precetti, hanno fatto arretrare, a detta di molti, il confine della nostra disponibilità all’abnegazione e all’impegno, rendendoci più svogliati, meno tenaci e in definitiva maggiormente pronti ad approfittare del prossimo, mettendo interessi personali e materiali dinanzi ai principi più nobili che la storia abbia tentato di insegnarci. Il risultato è che oggi, se vogliamo rivolgerci a chi possa rappresentare e difendere il meglio della nostra specie, non sia raro di dover cercare più tra i cartoni che tra gli umani e questo, francamente, dovrebbe essere un elemento su cui riflettere, valorizzando ancora di più i buoni cartoni animati, quali elementi della formazione dei più piccoli, ma cercando di conservare i valori che essi trasmettono anche nei prodotti culturali destinati agli adulti.



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