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Tra monili e monete/Igiene personale e abitudini post mortem nell'antichità

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

14
GIU
2018

Non solo musica e vino da primati per il capoluogo ionico ma anche un tuffo nel passato greco-romano alla ricerca degli strumenti di seduzione della donna e una scoperta molto interessante sul ruolo delle monete nelle tombe, della loro destinazione e della loro simbologia

La settimana scorsa a Taranto si è parlato poco del problema dell’inquinamento perché il capoluogo ionico, sia pur per il breve spazio di una settimana, ha vestito i prestigiosi panni di capitale della musica internazionale con il Medimex prima e di capitale italiana del vino nei giorni scorsi con la III edizione dei Due Mari Wine Fest.
Solo in pochi, però, hanno fruito di due grandi opportunità di crescita basata sulla cultura classica, sempre targata Taranto, con due straordinarie conferenze: la prima a Palazzo di Città con il prof. Angelo Conte che ha parlato degli strumenti della seduzione per farsi belle nella Taranto Antica e nel MarTa con i professori Giuseppe Libero Mangieri,  funzionario numismatico del Polo Museale della Puglia - MiBACT, e del prof. Giuseppe Sarcinelli, responsabile del Laboratorio di Studio e Documentazione Informatizzata delle Evidenze Numismatiche presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, che hanno parlato sul tema: ““L’ “Obolo di Caronte” in Puglia. Monete in tomba, da Terlizzi a Siponto”.
Ebbene, i fruitori di queste straordinarie informazioni riguardanti la società di ieri, sono stati pochi ed anziani. Mancavano i giovani che erano divisi che erano divisi tra il Medimex ma anche alle prese con le ultime interrogazioni dell’anno scolastico corrente e con la preparazione agli imminenti esami di maturità.
Tuttavia, proprio per restare nel segno del compito assegnato ad un settimanale come il nostro, cercheremo in rapida sintesi di portare a conoscenza dei nostri lettori ciò che ci è sembrato più importante nelle due conversazioni.
Il prof. Angelo Conte ha esordito con il ricordare le fonti letterarie e iconografiche riguardanti quella che potremmo definire come la civetteria delle donne di un tempo e della loro voglia di esaltare la loro bellezza non per far piacere ai propri mariti ma soltanto ai “nascosti” amanti.
Nell’antica Grecia e nell’antica Roma la donna era al centro della vita sociale ed era soltanto strumento di seduzione. Per conoscerne di più sugli strumenti di seduzione di queste donne molta importanza è stata data ai ritrovamenti di oggetti personali nelle tombe ma anche alle raffigurazioni femminili sui bellissimi vasi che formano l’orgoglio del MarTa di Taranto.
La donna antica si lavava una volta alla settimana, le più ricche usavano vasche in marmo e il bacile. Per la pulizia dei capelli si usava un mix di succo di mele e aceto, tuorlo di uovo, olio di oliva, miele, cannella e vaniglia.
La depilazione veniva fatta con rasoi rudimentali trovati nelle tombe o con delle cerette con olio di oliva e soda.
Interessante è stato apprendere che le donne tarantine, logicamente le più nobili, indossavano il tarantinidion, che era un’antica veste inventata dai tarantini e molto diffusa in epoca romana e greca, realizzata con un tessuto leggero, delicato e trasparente, probabilmente derivante dalla lavorazione del bisso marino che i tarantini tingevano con la famosa porpora. Di queste vesti pare che si servissero anche i mimi, le danzatrici, le baccanti e le usassero perché amanti del lusso ma anche perché all’epoca il clima di Taranto era molto caldo.
Le antiche donne greche e romane tingevano i loro capelli con vari colori ottenuti da una mistura di erbe essiccate e di terre varie, usavano anche un prodotto contro la caduta dei capelli formato dal laudano e dalla mirra, ma usavano anche parrucche nere e bionde con capelli derivanti dal Continente africano.
Avevano cura delle sopracciglia che in alcuni casi appaiono folte, in altre invece con una linea appena accennata.
Interessante è stato il passaggio del prof. Conte quando ha spiegato come nella sua esperienza di docente di Lettere all’Istituto Lentini di Mottola riuscì a realizzare la biacca (l’attuale fondotinta) sia in bianco che colorata.
E’ stato interessante apprendere che per avere alito sempre fresco facevano uso del mirto,  che usavano il pettine stretto, i ferma trecce, gli specchi, i profumi e i contenitori per gli stessi.
Insomma è stato veramente un viaggio affascinante nel mondo della bellezza delle nostre antenate tarantine.
Non meno interessante è stato conoscere il mondo occulto delle monete che gli antichi mettevano nella bocca aperta del defunto perché potesse donarla a Caronte che aveva il compito di traghettare il defunto nell’oltretomba.
I due professori, ciascuno per le proprie competenze, hanno tenuto due vere “lectio magistralis” facendo sapere che la figura di Caronte è  così antica che di questo vecchio non si parla ancora nell’Iliade e nell’Odissea e che la parola ‘obolo’ altro non è che nel suo significato che la frazione della monetizzazione greca.
A Taranto nella antica zecca si contano più di venti tipi di monete e, nel 1955, a Paestum su un lettino funebre sono stati trovati degli spiedini che erano gli antesignani della moneta che avevano valore commerciale e rituale. Le prime monete trovate risalgono al 530-40 a.C. Si è appreso anche che il 25% delle monete trovate a Taranto sono state scoperte nelle tombe.
I relatori hanno parlato delle monete in tomba da Terlizzi a Siponto. Si è accennato così al caso di Terlizzi ma anche ad un recente intervento di scavo nell’area della necropoli che si sviluppava intorno alla Chiesa di San Leonardo a Siponto, in provincia di Foggia.
E’ stata così scoperta una sepoltura di un individuo di sesso maschile, morto in giovane età, forse di peste, deposto supino con le braccia incrociate sul’addome. L’uomo custodiva tre pile di monete per un totale di 99 denari tornesi della Grecia franca, risalenti tra il XIII e il XIV secolo e una moneta gigliata di Roberto D’Angiò. Le monete sono state rinvenute in prossimità del collo, del petto e del fianco, conservati probabilmente all’interno di sacchetti nascosti in vari punti del vestito del defunto.
Per tutti questi motivi si è indotti a pensare che una caratteristica peculiare di deposizione di materiale monetale era dovuta ad un individuo che recava su di sé un consistente gruzzolo deposto senza che i seppellitori si fossero resi conto della presenza.
Insomma era un vero e proprio tesoro nascosto e del quale i seppellitori e i ritrovatori nel tempo di queste importanti e preziose monete o non ne erano a conoscenza o volutamente le avevano lasciate per timore di contrarre la peste che in quei tempi relativi alla scoperta della tomba di Siponto mieteva vittime a più non posso.
Scoprire tanta bellezza è stato meraviglioso ed è per questo motivo che abbiamo voluto partecipare queste notizie ai nostri lettori.



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