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Arditi ad aria compressa

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

26
LUG
2018

Bersagli umani, scelti fra rom e immigrati: è l'ultima follia che affolla le cronache in maniera preoccupante. A essere usate, armi in tutto simili a quelle da sparo

Le armi ad aria o gas compressi sono sia a canna corta che lunga ed espellono proiettili con energia cinetica. Per la modesta dimensione dei proiettili, in genere di calibro 4,5 e la gittata, non sono considerate armi da sparo salvo che non superino l’energia in volata di 7,5 joule. La loro detenzione non è soggetta a denuncia così come il loro porto non è soggetto ad autorizzazioni di pubblica sicurezza. Possono essere adoperate da minori sotto il controllo di maggiorenni e solo questi ultimi sono autorizzati all’acquisto dietro presentazione di un documento. La loro finalità è quella sportiva, favorita dalla grande maneggevolezza e la possibilità di ottenere risultati molto precisi. Il tiro si esegue dalla distanza di dieci metri su bersaglio fisso. Queste armi non possono essere adottate per la caccia e, a eccezione dei poligoni di tiro, possono essere usate solo in luoghi non pubblici e sufficientemente interclusi. L’ogiva dei proiettili può essere piana, concava o appuntita. Il danno che può causare un diabolo, così è chiamato il piombino, sono molto variabili in funzione della distanza di sparo e della parte del corpo colpita. Se il proiettile impatta con il tessuto che ricopre un osso, la ferita è contenuta, anche se richiede particolari trattamenti medici ma se affonda in tessuti privi di protezione ossea, può causare danni agli organi interni, anche molto gravi. Quanto esposto serve a chiarire come i ferimenti da proiettili scagliati da armi ad aria o gas compressi non siano esattamente da considerare “con modesta capacità offensiva” come definito dal DECRETO 9 agosto 2001, n. 362 Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°231 del 4/10/01, art 1 del titolo I. È proprio con l’uso di queste armi che si sono verificati ferimenti in diverse città italiane negli ultimi mesi. L’11 giugno scorso, a Caserta, due giovani stavano rincasando quando sono stati avvicinati, all’incrocio fra viale Lincoln e via Commaia, da un’autovettura dalla quale sono stati esplosi alcuni colpi di pistola ad aria compressa, che hanno ferito seriamente uno dei due. Il 22 giugno, a Napoli, un giovane chef, Konate Bouyagui, è stato affiancato da un’automobile da cui sono stati esplosi diversi proiettili che lo hanno ferito all’addome mentre si recava a Corso Umberto al termine del suo servizio. Il 3 luglio, a Forlì, una donna passeggiava con una sua amica quando le si è accostato un ragazzo in motorino che ha esploso alcuni colpi di pistola ad aria compressa, ferendola a un piede. Appena tre giorni dopo, sempre a Forlì, Hugues Messou, percorreva viale Bolognesi in sella alla sua bicicletta, quando è stato affiancato da un’automobile per poi essere colpito da un proiettile sparato da una pistola ad aria compressa che l’ha ferito all’addome. L’11 luglio, a Latina, due ragazzi di 26 e 19 anni aspettavano l’autobus, quando gli occupanti di un’Alfa 155 hanno esploso nei loro confronti alcuni proiettili con una carabina ad aria compressa ferendo i due in più parti del corpo. Il 17 luglio, a Roma, una donna camminava in via Togliatti, recando fra le braccia la sua bambina di un anno che, improvvisamente, ha iniziato a piangere e urlare mentre le sanguinavano le spalle. Prontamente soccorsa, la piccola è stata operata d’urgenza per l’estrazione di un oggetto metallico conficcato fra le vertebre e riconducibile a un diabolo sparato da un’arma ad aria o gas compressi. In conseguenza al ferimento la bambina rischia la paralisi perenne. Ciò che mette in stretta relazione le vicende descritte, è il ferimento volontario, anche grave, causato dall’uso di quelle armi definite a “modesta capacità offensiva”. C’è, però, un filo conduttore molto più indicativo: le vittime erano richiedenti soggiorno o di etnia Rom. Il modus operandi è lo stesso e gli autori dei crimini condividono la stessa finalità: ferire e deridere le vittime perché in tutti i casi, l’aggressione si è conclusa con scherno e insulti per le vittime e, com’è accaduto in altri attacchi simili, i feritori inneggiavano al nome di Salvini. È evidente il comune intento razzista delle aggressioni. C’è solo una definizione per i soggetti che si macchiano di questi crimini: idioti. Se tali non fossero, infatti, sarebbero mossi da un principio, da una motivazione, sarebbero capaci di spiegarla e sostenerla palesemente assumendosene la paternità così come le conseguenze. Invece, i loro reati sono così insulsi da essere compiuti con un’arma ad aria compressa come se fosse un’attenuante o un’azione quasi lecita. La limitazione mentale da cui sono affetti questi individui, induce loro a divertirsi nel ferire qualcuno con uno strumento specificatamente destinato a un’attività sportiva. Idioti e vigliacchi che si sentono motivati nell’impugnare un’arma come se fosse un prolungamento fallico o uno strumento compensativo alle loro frustrazioni. Sono beceri idioti che perseguono il vuoto assoluto e nel farlo inneggiano chi gli ha esaltati al nulla. Non è possibile tracciare un parallelismo fra le missioni punitive della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, meglio nota come Camicie nere che, per quanto fosse un’istituzione contorta e criminale, era composta di volontari al servizio del Partito Nazionale Fascista di cui, anche se folli, rispettavano le direttive. Queste azioni, invece, sono ispirate in maniera subdola tramite l’odio profuso proprio da chi dovrebbe essere preposto all’ordine pubblico e la sicurezza nazionale, tant’è che perfino gli idioti, appunto, nel profondo della loro ignoranza si sentono autorizzati a compiere pavide azioni punitive. Se in Italia, dov’è semplice accedere ad armi “con modesta capacità offensiva” la campagna razzista determina questo risultato, si può immaginare quali conseguenze scaturirebbero da una maggiore liberalizzazione delle armi da sparo, così come proclamato dal Ministro degli Interni. Nel clima di giustizia sommaria che si respira nel Paese, a nulla serve ribadire che, anche possedendo un’arma, è obbligatorio sottoporsi a rigide norme che ne regolano l’uso perché, nell’esaltazione generale, l’ulteriore diffusione delle armi è un rischio in cui non si deve incorrere nel modo più assoluto. Se può sembrare che la limitazione nell’uso delle armi sia un eccesso di cautela, si può avere un’idea più concreta della mentalità che si sta diffondendo, assistendo a un’intervista trasmessa durante il programma televisivo “Agorà” su Rai 3, dove un uomo ha dichiarato tranquillamente che per ferire la bambina rom di Roma, avrebbe adoperato un proiettile piuttosto che un piombino. Se qualcuno pensa che si tratti dell’esternazione isolata di uno squilibrato mentale, trascorra anche solo quindici minuti su un social network per scoprire quanto sia stata sistematicamente diffusa la cultura dell’odio fra chi andrebbe accompagnato a un livello di civiltà superiore e, al contrario, ne è sfruttato il suo stato di disagio.



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