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Costruire per distruggere

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
AGO
2018

La Grecia come la Puglia: si tollera la speculazione edilizia e l’abusivismo così da incrementare il numero degli alloggi per turismo di bassa qualità. Imbruttendo di fatto il territorio

86 morti, 560 feriti, 100 dispersi, 4200 residenti coinvolti, 700 ettari di aree residenziali, 2400 ettari fra foreste, macchia mediterranea e zone agricole completamente distrutti. Questo è l’atroce bilancio dei due vasti incendi che si sono sviluppati nella regione Attica della Grecia centro-meridionale, coinvolgendo principalmente le località Geraneia e Rafina. Tutto ha avuto inizio il 23 luglio con 47 focolai iniziali accertati che hanno dimostrato l’origine dolosa della sciagura tanto espansa da costringere le autorità a dichiarare lo stato di emergenza. Sembra incredibile che qualcuno possa predisporre una distruzione sistematica del territorio sacrificando la vita di altri esseri umani, eppure così è stato. L’ultimo triste ritrovamento è stato quello di due sorelline disperse che sono state rinvenute esanimi fra le braccia dei nonni anch’essi deceduti. In occasione di questa strage assurda, c’è chi ha perfino pensato di speculare politicamente, accusando il governo in carica, quello guidato da Alexis Tsipras, d’incapacità. Fortunatamente anche l’opposizione in parlamento ha riconosciuto l’enorme impegno profuso per contenere nel migliore modo possibile quello che si è rivelato uno dei peggiori drammi vissuti dalla Grecia in questo secolo. Se è vero che il Paese viva il forte disagio derivato dalla crisi economica, è ancora più vero che la Grecia non ha ridotto gli impegni economici per affrontare le emergenze come quella appena accaduta. Ne è dimostrazione la pretesa del governo greco di ripristino dei Canadair che erano fermi da tempo per la totale assenza di manutenzione. Anche gli stati europei hanno prestato la loro opera per lo spegnimento degli incendi inviando uomini e mezzi offerti dalla Spagna, Bulgaria, Turchia, Cipro e Italia mentre gli altri erano divisi fra Svezia e Lettonia per domare altri roghi boschivi di vasta scala. Il motivo per cui, nonostante il grande impiego profuso per contenere gli incendi, i danni in termini di vite e sul territorio sono stati così vasti, risiede in due situazioni: la prima contingente riguarda impossibilità di prevedere azioni criminose così folli come quella che ha generato l’incendio e l’altra, sottovalutata, riguarda il territorio greco, che oltre a essere naturalmente complesso sotto il profilo geografico, è vittima di sistematiche speculazioni e abusivismi edilizi. Esattamente come accade in tutte le località turistiche del bacino mediterraneo, i territori sono presi d’assalto dall’edificazione scriteriata che, senza alcuna forma di seria pianificazione, ha deturpato interi territori oltre a renderli persino pericolosi. Sempre parlando della Grecia, in questa nazione c’è sempre stata tolleranza verso la speculazione edilizia e l’abusivismo perché, erroneamente, si crede che incrementando il numero degli alloggi, si favorisca il turismo. Questo può essere valido solo per un numero limitato d’immobili e per un breve periodo temporale oltre il quale segue una repentina inversione di tendenza dovuta proprio all’eccessiva antropizzazione dei territori poco gradita dai flussi turistici. Ma agli speculatori questo non interessa perché il loro unico intento è edificare il più possibile, al minor costo possibile e guadagnando il massimo nel minor tempo possibile. Su questa scellerata filosofia sono stati costruiti dei veri e propri indotti che hanno origine in Grecia ma vedono come protagoniste imprese edili di molte parti d’Europa, Italia compresa. Il metodo è di andare a lavorare in Grecia con capitali esteri e l’appoggio di un’impresa locale per realizzare velocemente abitazioni per poi ritornare nel paese di origine con una piccola parte dei guadagni lasciando il resto nei paradisi fiscali. Complice di quest’andazzo sono le eccessive ritrosie dei governi nel porre vincoli di inedificabilità nei territori preda degli incendi dolosi. In Italia i vincoli di inedificabilità su territori percorsi da incendi sono molto più presenti e limitanti ma c’è, ugualmente, una certa difficoltà a imporli. Per avere un’idea di quale siano state le difficoltà oggettive a evacuare le aree incendiate, bisogna pensare che l’edificazione intensiva ha completamente ignorato la realizzazione di reti viarie efficienti, cosicché ci sono moltissimi casi in cui i fabbricati distino reciprocamente pochissimi metri. È sufficiente che un ostacolo s’interponga alla via di fuga in quelle stradine che accadano sciagure come quella greca. Se sembrano situazioni difficilmente ripetibili altrove, si pensi all’edificazione abusiva realizzata sull’intero litorale italiano o quello sulle pendici dei principali vulcani italiani. Nel primo caso, se si ripetesse un’operazione criminale così vasta in Italia, con 47 focolai dolosi appiccati contemporaneamente in località balneari densamente popolate, probabilmente il bilancio sarebbe ancora più elevato. Il consumo eccessivo di suolo è una reale emergenza. Basti pensare che in Italia i dati sono cresciuti iperbolicamente passando, soltanto dal 2016 al 2017, da 2.301.042 a 2.306.253 ettari. La realizzazione indiscriminata d’immobili non può che favorire fenomeni come quello greco. L’eccessiva mutevolezza delle destinazioni urbanistiche dei suoli, che è più consona alle esigenze politiche che al fabbisogno abitativo, genera ampie aree edificate senza pianificazione e prive di opere di urbanizzazione che rendano fruibile e sicuro il territorio. A questo si aggiunge la privazione di enormi spazi verdi. Nonostante i dettami dei regolamenti edilizi, le leggi regionali e quelle finalizzate all’incremento del verde urbano, come la Legge 14 gennaio 2013, n. 10 – Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani e il Decreto 31 maggio 2016, che impongono ai comuni la piantumazione di un albero per ogni nuovo nato, la formazione di un catasto delle aree verdi e l’istituzione della Giornata nazionale degli alberi, il verde non è abbastanza tutelato e all’abbattimento di ogni albero, difficilmente seguono nuove piantumazioni. Anche l’incremento di verde urbano è sostituito dall’impianto di qualche arbusto o cespuglio fiorito. L’eccessivo consumo di suolo, al contrario, determina alterazioni ambientali con evidenze immediate. La copertura del territorio con materiali impermeabili, oltre a essere molto impattante, determina la perdita totale di assorbimento delle acque piovane e una compromissione permanente della funzionalità del suolo, inibendone il suo ruolo nel ciclo degli elementi nutritivi. Il suolo smette di produrre, di assorbire acqua e CO2, di fornire supporto alla componente biotica dell’ecosistema, di garantire la biodiversità e, spesso, inibisce la fruizione sociale. Le misure che impediscano l’abusivismo edilizio e il consumo indiscriminato del suolo sono tutte attuabili, a partire dalle leggi già esistenti e devono solo essere applicate concretamente e monitorate. Ci sono molti interventi attuabili per impedire l’edificazione scriteriata e le speculazioni edilizie causa ricorrente di disastri difficili da contrastare e contenere come gli incendi, le alluvioni e i terremoti come la demolizione degli immobili insanabili, quella delle opere pubbliche incompiute e non completabili, il blocco programmato delle nuove realizzazioni abitative affiancato all’obbligo di recupero del patrimonio immobiliare esistente e a quello d’impiego degli immobili non utilizzati. Purtroppo, queste sono scelte impopolari che richiedono grande coraggio. In questo stato di cose, sembra ancora più insensato parlare di crisi abitativa, crisi del mercato immobiliare, crisi del settore edilizio se si relazionano queste condizioni solo ed esclusivamente alla possibilità di realizzare nuove edificazioni. L’urbanizzazione condotta in modo errato ed esasperato, si sta rivelando un errore gravissimo tali da causare sciagure come quella greca. L’espansione abitativa scriteriata e la speculazione edilizia hanno generato una strage, hanno impedito i soccorsi e hanno compromesso per alcuni decenni la fruizione turistica di quei territori. Quello che per molti greci, come per gli abitanti di molti altri Paesi del Mediterraneo, è sembrato un’allettante opportunità di guadagno, si è, invece, rivelata un enorme costo a carico della comunità sia in termini di vite umane che economici.



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