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Dei diritti e dei doveri

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
AGO
2018

L’ultima considerazione in materia l’ha fatta il simpaticissimo Vittorio Feltri, con un post apparso sulla sua pagina facebook il 27 luglio. Per prima cosa ho fatto qualche controllo, per accertarmi che la pagina fosse effettivamente sua, poi mi sono ricordato di essere un convinto sostenitore della “Teoria dei veri”, secondo la quale per ragionare sulle cose non occorre assumerle nell’intero valore di verità, ma basta osservarne la verosimiglianza. La pagina comunque è sua e il post è davvero caruccio: accusa i pugliesi di essere sfaccendati. Il buon Vittorio parla di un regione ad alto tasso di disoccupazione e invita i nostri concittadini pugliesi a raccogliere le olive, invece di far arrivare i “negri” (cit. originale, ve lo assicuro), per farlo al posto loro.
Ho letto, ho sorriso e non mi sono affatto scandalizzato per l’utilizzo del termine “negro”. So che Vittorio ama le provocazioni e ricordo benissimo la lezione di “Lessico famigliare”, con i racconti di Natalia Ginzburg che parlava di papà Beppino, il Prof. Giuseppe Levi, che senza ombra alcuna di razzismo accusava i membri della famiglia di “essere negri”, di fare “negrigure”. Se il politicamente corretto uccide una parte di mondo, se con i nostri fratelli neri non possiamo nemmeno prenderci in giro, dandoci vicendevolmente del “negro”, siamo messi male. No, non è questo che mi ha colpito del post. Ciò che mi colpisce è il concetto di fondo, scevro dalla forma, dal pugno nell’occhio.
Per sfuggire alla disoccupazione dobbiamo dunque lavorare la terra e raccogliere olive. Faccio un passo a lato, per analizzare un video circolato in rete in questi giorni, con cui si è rappresentata l’etica del lavoro di Sergio Marchionne, l’AD del gruppo FCA, scomparso di recente. A Sergio abbiamo già dedicato pensieri rispettosi, ma vale la pena analizzare la sua idea dei diritti e dei doveri. Per lui infatti, il problema starebbe in una società che vuole diritti, ma rifiuta i doveri. Anche Piero Angela, il famoso divulgatore scientifico, l’ideatore di “Quark” e di altre meravigliose trasmissioni televisive, qualche settimana fa affrontava il tema. Anche per lui siamo una società che pretende diritti, ma rifiuta i doveri. Parliamo dunque del dovere di lavorare. Qualcuno tempo fa definì i giovani italiani “choosy”, ovvero “schizzinosi”. Il termine non portò molta fortuna all’allora ministro Elsa Fornero, così come non ebbe particolare fama l’accusa rivolta da un altro politico italiano, Tommaso Padoa-Schioppa, verso i nostri giovani, accusati di essere “bamboccioni”.
Insomma, gli italiani sono schizzinosi, bamboccioni, rifiutano il dovere e i doveri, l’impegno, non si applicano, non ricercano i luoghi e le condizioni per realizzarsi. E’ davvero così? Non so. Ricercatori universitari, con anni di studio alle spalle, che lavoricchiano con sottocontratti precari a ottocento euro al mese. Laureati, professionisti, che pur impegnati integrano quella “generazione mille euro”, che costituisce la gran parte degli stipendiati nostrani. Già, mille euro, non le famose mille lire al mese, con cui avrei potuto fare mille cose e comperarti tutto quello che vuoi tu, secondo i versi della famosissima canzone d’epoca, ma una miseria, con cui è letteralmente oltraggioso pensare di poter garantire a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Vittorio Feltri ci invita a raccogliere olive. Ma sì, a tre euro all’ora, se raccogliamo olive per quaranta ore a settimana, avremo un bellissimo stipendio di cinquecento euro al mese. Più o meno quello che Vittorio spende in una cena con gli amici. No caro Feltri, cari uomini ricchi o di altri tempi, il problema non riguarda il rifiuto dei nuovi italiani di accettare i doveri, ma l’iniquità di una società che considera “integrati” dei cittadini che, pur faticando come bestie, portano a casa redditi da fame, insultanti per la ragione e la dignità, lavorando senza garanzie, senza tutele, senza prospettive. Raccogliere olive per una sottospecie di paga, quella sì da negri, non è segno di particolare dedizione al dovere. Farlo, alle condizioni attuali, significa accettare uno stato di schiavitù. Fanno dunque bene i giovani pugliesi a non farlo, a “grattarsi le palle”, secondo la citazione da vernacoliere del nostro amico Feltri, perché un individuo che voglia bene a se stesso, tra il grattarsi le palle da uomo libero, e il soddisfare le sadiche voglie di “impegno”, definite da un vecchio arricchito, non può che scegliere la prima opzione, con tanti saluti a chi i soldi li ha fatti in un altro mondo, con altre regole, altri contesti, in cui si potevano mangiare anche le fragole e persino un simpatico tizio come Vittorio Feltri poteva fare fortuna scrivendo cazzate a ruota libera.



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