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PROCESSI MEDIATICI/SEMPRE PIÙ DIFFICILE ESSERE PRESUNTO INNOCENTE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
SET
2018

Troppo spesso l'avvocato penalista si trova alle prese con la curiosità morbosa della cronaca che va ben oltre il diritto di informazione

Dobbiamo ammetterlo, non ci sono plastici che tengano. Non se ne abbia a male Bruno Vespa, ma negli ultimi anni i processi penali hanno uno share da urlo. Ironia a parte (Bruno Vespa fu uno dei primi a capirlo con il plastico della villetta di Cogne, bisogna dargliene atto), il problema ci sta decisamente sfuggendo di mano. Se vogliamo parlare di ruolo sociale dell’avvocatura e di “costituzionalizzazione” della figura dell’avvocato, dobbiamo anche considerare quale immagine sia presente nella mente del cittadino medio.
Da tempo l’avvocato penalista si trova costretto a fronteggiare un doppio processo: quello nelle aule di giustizia e quello che si svolge, parallelamente (nella migliore delle ipotesi), sui media. Da tempo si cerca invano una soluzione per trovare il giusto equilibrio tra diritto di cronaca giudiziaria e diritti di chi, in quel giudizio, ci si trova personalmente (diritto alla vita privata, alla riservatezza, ma soprattutto all’imparzialità del giudizio stesso). Purtroppo l’equilibrio è lungi dall’essere individuato e la bilancia sembra sempre più propendere dalla parte di una cronaca giudiziaria che non si limita a informare, ma tende a sfamare la spasmodica e morbosa richiesta di curiosità mediatica del lettore e/o spettatore televisivo, sempre più giudice e meno osservatore.
La diffusione spesso parziale e distorta della realtà (processuale e non) comporta la costruzione di uno scenario alternativo a quello strettamente tecnico-giuridico e conduce l’opinione pubblica a leggere, e spesso purtroppo a giudicare, le vicende di cronaca giudiziaria sotto una luce innaturale e sfalsata. La presunzione di innocenza diventa un diritto difficilmente tutelabile in balia del palcoscenico mediatico fatto di soluzioni e giudizi di pronto consumo.
Proprio all’interno di queste situazioni o meglio, sotto le luci di questa ribalta, si consuma il disfacimento e l’annientamento del diritto alla difesa: il mostro è sbattuto in prima pagina e il difensore OSA difenderlo!
E sì, perché il cittadino ora non solo giudica ed emette sentenza nei confronti dell’imputato, ma sempre più spesso si ribella di fronte presenza di un difensore considerato non quale parte tecnica necessaria, ma intralcio alla giustizia. E allora l’avvocato si deve vergognare perché svolge la propria professione come se, assumere la difesa del già mediaticamente giudicato colpevole, fosse un oltraggio alla pubblica decenza. Si è indebitamente giunti a sovrapporre la figura dell’avvocato con quella dell’assistito: si accomuna il presunto autore del reato al suo difensore con crescente ostilità verso la figura di quest’ultimo che spesso si ritrova destinatario di un manifestato e pericoloso sentimento di rabbia (per non dire odio) per aver svolto la una funzione costituzionalmente garantita. La commistione delle figure reo/avvocato è totale e dilagante tanto da far cadere in tentazione anche addetti ai lavori o rappresentanti delle istituzioni e portare a ritenere che un avvocato, a prescindere dalle proprie competenze tecniche, sia totalmente inidoneo a ricoprire un incarico perché ha assunto la difesa di Tizio piuttosto che Caio. La confusione regna sovrana e il difensore è colui che difende il reato e non più il reo. Il difensore diventa colpevole di non aver rifiutato di assumere la difesa di colui che, già giudicato colpevole in via definitiva dall’opinione pubblica, non necessita di un regolare processo volto a stabilire ed accertarne la responsabilità penale, ma deve essere unicamente rivolto a comminare il massimo della pena. Il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito, viene quotidianamente demolito e attaccato a “colpi di web” e al malcapitato del turno non resterà che dire: “Che volete da me? Sono SOLO il difensore d’ufficio…” .
Televisione, social e stampa sono riusciti con sistemi, certo efficaci ed accattivanti, a far dimenticare che ogni indagato e ogni imputato sono PERSONE, esseri umani INNOCENTI fino all’emissione di sentenza definitiva e che solo un avvocato che svolga la sua funzione con dignità e professionalità potrà aiutare a stabilire la verità, senza mai vergognarsi del proprio ruolo e senza necessariamente far parte dei processi che si svolgono fuori dalle uniche sedi a ciò deputate: I TRIBUNALI

 



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