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LA PROFESSIONE 4.0/PAROLA D'ORDINE: CREARSI LE OPPORTUNITÀ

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
SET
2018

Internet, innovazione, interconnessione. Come cambia la libera professione nell’era della crisi e dei social. Ne abbiamo parlato con il giovane avvocato Angelo Lucarella: uno a cui il coraggio di certo non manca


Spesso si arranca. Talvolta si perde la speranza o, il più delle volte, si è costretti a rimettere tutta la propria vita o carriera professionale in discussione. Proprio mentre si lotta quotidianamente con le evidenti difficoltà che la categoria riserva ai propri iscritti: cattivi pagatori, consulenze gratuite che spesso si è costretti a prestare per onorare un’amicizia, contributi da autoliquidarsi, costi per tenersi continuamente in aggiornamento, come anche avversità fisiologiche, stress e scadenze varie. Perché lo ammettiamo: l’avvocato, da sempre, è una delle professioni più affascinanti ma al contempo più difficili da intraprendere da che mondo è mondo. Dai fori dell’Antica Roma ai forum delle nuove piazze virtuali.
Ma cosa significa oggi per un giovane, specie se del Sud, fare l’avvocato? Quali competenze e quali capacità deve possedere per fare della propria passione - quella per il diritto in tutte le sue forme e declinazioni - un’attività conveniente e redditizia? Quali opportunità sfruttare per districarsi in un mercato irto di ostacoli e gremito di concorrenti sfrenati?
Un’idea ben chiara ce l’ha il giovane avvocato pugliese Angelo Lucarella, il quale con molta passione e coraggio esercita (e interpreta) la sua attività in chiave moderna e in un modo senz’altro innovativo. Con lui abbiamo scambiato quattro chiacchiere.
 
Si dice che la libera professione sia in crisi, ma le facoltà di Giurisprudenza sono sempre popolate da studenti iscritti. Cosa spinge i tanti giovani italiani a voler ancora intraprendere la carriera da avvocato?
‹‹Che la libera professione sia in crisi lo sento dire ripetutamente e costantemente sin da quando ho scelto di studiare giurisprudenza. In molti mi dicevano testualmente: “che studi a fare diritto? Sai quanti avvocati ci sono in giro? sai che fate tutti la stessa cosa? Qui non c’è lavoro”. Ecco, credo che la risposta alla prima parte della domanda sia nella considerazione stessa di chi etichetta il territorio nel quale ho deciso di rimanere alla stregua di un semplice “laureificio” da cui far partire ed andare via tutti. Personalmente credo molto nelle potenzialità del mio territorio benché a oggi sia un deserto inesplorato.
Diciamo la verità. Questa lagnanza, un po’ generalizzata, ha creato e crea solo sfiducia e negatività nelle nuove generazioni con l’effetto che la società prima o poi si svuota di coscienze (e non solo competenze) professionali. Paradossalmente il mondo forense non è mai stato così tanto sproporzionato tra Nord e Sud, tra avvocati di prima generazione e di seconda, tra studi delle multinazionali (il più delle volte di richiamo estero) e studi di nicchia, tra i rassegnati alle dinamiche mercato e coloro che il proprio mercato se lo inventano.
Cosa spinge i giovani italiani a voler intraprendere la carriera di avvocato? Sicuramente oggi non più il titolo in sé, ma il valore che ognuno sa di avere costruito al termine di un percorso di sacrifici, talvolta non solo individuali ma di famiglia››.

Si sta andando sempre più verso una "americanizzazione della libera professione". Il futuro è nelle mani di grandi studi, portati avanti da giovani e ambiziosi professionisti, contro cui i piccoli studi di provincia devono battersi e sostenere una quasi impari concorrenza...
‹‹Oggi l’avvocato, soprattutto del Sud Italia, deve fare i conti con un mercato globalizzato se vuole crescere sul piano della diversità strutturale e di offerta del servizio legale su larga scala. Il punto è avere un’idea chiara del mercato da conquistare o della clientela da assistere e curare.
È un percorso difficile e arduo: bisogna rapportarsi con la diffidenza dell’interlocutore il quale spesso e volentieri non comprendere immediatamente cosa significhi costruire relazioni legali al di fuori del proprio contesto. Ed è altrettanto ovvio che il tipo di strutturazione (locale, nazionale od internazionale) condiziona il tipo di clientela da avvicinare.
Io non parlerei di “americanizzazione” della professione benché gli statunitensi siano stati tra i primi a capire come rendere più efficiente il lavoro di squadra di professionisti specializzati, parlerei piuttosto di una stratificazione della professione tanto più accentuata quanto più in effetti sia in ritardo la cultura d’impresa dell’avvocato italiano.
L’Italia è fortemente in ritardo su questo aspetto perché nell’offerta universitaria non si considera il professionista del “domani” come un imprenditore di se stesso. Da qui, a cascata, tutto ciò che implica il fuggitivo animo di dover mettere le professionalità dei giovani nelle mani delle multinazionali e soprattutto al Nord.
Il problema della concorrenza, pertanto, ritengo sia una giustificazione che prescinde dalla categoria forense. Soffrire la concorrenza è una vera e propria scelta attiva di chi svolge un ruolo di mercato. In buona sostanza il concetto è avere chiaro nelle mente cosa offrire professionalmente e con quale tipo di livello qualitativo, mettendo in conto anche quale identikit deve avere il cliente››.    

E allora come restare sul mercato?

‹‹Bella domanda. Da avvocato, a questo punto, vorrei giovarmi del segreto professionale. Battuta a parte, non c’è una ricetta per essere validamente spendibili nel mercato sino a quando non si ragiona impreditorialmente e soprattutto non si rischia. Oggi bisogna puntare, dico in primis a me stesso, alla salute giuridica dei clienti in quanto il mondo globalizzato tenderà sempre più a uniformare il diritto su diversi livelli. Un mondo nel quale, a mio parere, gli stati condivideranno sempre più regole, principi e sistemi economici. Questo sarà un processo totalizzante anche per le professioni, specie quella dell’avvocato.
E allora non può immaginarsi che un cittadino pugliese per potersi difendere, ad esempio, innanzi la Corte di Giustizia europea ha pochissima scelta professionale nel territorio di appartenenza (causa la carenza di specialisti in materia) a tal punto da doversi spingere a desistere o a rivolgere le proprie economie altrove.
Oggi la scommessa è nella diversità di specializzazione che non vuol dire isolamento del professionista. Anzi ciò significa confrontarsi e cercare di mettersi in rete in maniera completare l’uno all’altro per fronteggiare il condizionamento del sistema da parte delle multinazionali.
Ma attenzione. Le multinazionali non sono il male assoluto. Sono i piccoli che per diventare grandi (e non nel volume d’affari, ma per livelli qualitativi di assistenza) devono mettersi necessariamente insieme e sapersi proporre. E soprattutto questo si può fare a costo zero nell’era di internet.
Ricordo le parole di un grande imprenditore che una volta mi disse: “per auto-motivarti a fare sempre meglio ricorda che nella vita devi essere zero tutti i giorni e considerarti uno come gli altri”››.

Food e Diritto alimentare, Tutela d'immagine e Fisco a portata del cittadino contribuente. Targettizzare la propria clientela e specializzarsi su settori di nicchia può essere forse il segreto vincente?
‹‹Non so se può essere il segreto vincente, ma di sicuro chi non risica non rosica. Dopo i primi approcci con i clienti, le prime difficoltà professionali e le prime notti passate insonni per cercare di capire errori e migliorare strategie, ho iniziato a studiare davvero il mercato al quale rivolgermi.
La mia regione, la Puglia, ad esempio, ha produzioni alimentari e tessili che fanno invidia al mondo intero perciò ho deciso di calarmi nello studio del Diritto Alimentare e della Tutela d’Immagine considerando il fatto che pochi sono gli studi settoriali in materie del genere. Ma sarei incompleto se trascurassi il Diritto Tributario nella misura in cui questa materia è stata sempre monopolio dei commercialisti pensando che i contenziosi delle c.d. cartelle esattoriali fossero per gli avvocati quasi “arabo” (con molto rispetto per la lingua, ma questo è un capitolo a parte).
Anche qui il punto non è targettizzare la clientela, quanto piuttosto formarla a un metodo e a una sensibilità diversa rispetto al passato tenendo ben saldi in mente però due elementi fondamentali: lo studio e l’aggiornamento costante››.

La piattaforma web è uno strumento ormai imprescindibile di marketing, a volte anche sfrenato. Ma può essere anche opportunità di interconnessione e scambio di clientela o informazioni tra professionisti, non crede?
‹‹A differenza del passato oggi noi avvocati abbiamo due modi paralleli sui quali giocarci il futuro: uno classico come il passaparola e uno evolutivo come l’informazione diretta sul web che passa direttamente dal sito vetrina al social. Ma quest’ultimo metodo non è solo rivolto ai possibili clienti quanto piuttosto ad altri professionisti del mondo.
Per dare un’impronta diretta di quanto sto dicendo, a me ad esempio è nata quasi subito l’idea di creare una rete in tutta Italia partendo dal presupposto che per farne parte occorresse quale requisito indispensabile la rinomata competenza in materia del libero professionista aderente. Il tutto grazie al web.
Non bisogna però sottacere che questo è solo un punto di partenza. Certamente però la domanda è giusta: il marketing on line è imprescindibile per l’avvocato che voglia raggiungere livelli di clientela diversificati e crescenti senza trascurare la strutturazione reale dell’attività. E oggettivamente se si vuole puntare all’internazionalizzazione delle proprie competenze (per curare clienti italiani od esteri) è oltremodo imprescindibile sapersi relazionare interagendo partendo dalla conoscenza di una o più lingue››.

 



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