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QUI E ORA/EMERGENZA TERRA

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
NOV
2018

Il bilancio drammatico causato dalle ultime calamità alle soglie dell'inverno pone nuovamente l'interrogativo sulla correttezza delle pratiche adottate dall'uomo verso l'ambiente e il territorio

“Non esiste più la mezza stagione”, “Il nostro clima si sta tropicalizzando”, “È colpa del buco dell’ozono”, “L’inquinamento sta distruggendo il Pianeta”. Sono queste le affermazioni più ricorrenti e concomitanti con le manifestazioni atmosferiche più evidenti che, spesso, generano ingenti danni al territorio, a cose e persone. Proprio nelle ultime settimane, il maltempo ha causato conseguenze devastanti sull’intera nazione tali da arrecare danni economici per alcuni miliardi di euro, lasciare senza abitazione centinaia di famiglie e procurare la morte di alcune decine di abitanti. Considerando che la stagione invernale non è ancora iniziata, è purtroppo fondato il timore che quanto accaduto possa ripetersi. È anche più preoccupante pensare che le devastazioni causate dal clima stiano assumendo una ricorrenza ciclica che tende a incrementare i suoi effetti. È, quindi, necessario analizzarne le cause. Il triste bilancio di vite e di danni anche permanenti deve assolutamente essere dimensionato perché quanto accade da alcuni decenni, è anomalo e, sicuramente, eccessivo. Quello che ci si chiede è se le affermazioni che si riferiscono agli eccessi climatici siano solo dicerie popolari o abbiano un reale fondamento. Per trovare una risposta concreta è necessario ricorrere alla scienza e ai dati statistici che riportano le reali variazione di stato. Riferendoci all’Italia, è possibile affermare che l’effetto delle condizioni climatiche scaturisce da due componenti fondamentali: le variabilità climatiche e i mutamenti climatici. Nel primo caso, si tratta di cambiamenti naturali ad andamento ciclico che riguardano intervalli temporali millenari, centenari e decennali che, anche avendo conseguenze sul Pianeta e sulla popolazione terrestre, appartengono alla sfera di caratteristiche intrinseche del clima alle quali la Terra tende a dare risposte compensative che, nel medio-lungo termine, si traducono con l’alternanza di periodi caldi e freddi che, nel breve tempo, possono manifestarsi come vere e proprie anomalie. La Terra è, infatti, in continua evoluzione e alla perenne ricerca di equilibrio. A questo si aggiunge l’attività solare che influenza quella dei pianeti e le loro variazioni d’orbita attorno ad esso. Nel caso dei mutamenti climatici, invece, le mutazioni sono causa dell’antropizzazione e dell’intervento dell’uomo sul Pianeta. Sono classificate come cause interne perché dovute all’azione dell’uomo sul territorio e sull’ambiente che, piuttosto che cercare soluzioni compensative alle variabilità climatiche, continua a generare cause che accentuano l’acme climatica. Il fenomeno definito “effetto serra”, causa l’accumulo nell’atmosfera di gas nocivi e il rallentamento del naturale scambio termico. Inoltre, l’eccesso di produzione industriale, l’impiego quasi esclusivo di mezzi di trasporto a combustione interna, la concentrazione di ampie coltivazioni, l’allevamento intensivo, la sistematica deforestazione, hanno avuto una notevole incidenza sui mutamenti climatici. Per comprendere in modo più immediato le conseguenze dell’antropizzazione incontrollata possiamo riferirci a modelli ridotti tali da dimostrare come l’azione delle variabilità climatiche sia molto meno dannosa dei mutamenti climatici. Per averne cognizione, si possono esaminare i valori medi decennali relativi alle temperature minime, massime, alle precipitazioni atmosferiche e all’evapotraspirazione sull’intero territorio italiano. Le temperature minime sono variate, dal 2008 a oggi, di +0,9°C, quelle massime sono rimaste costanti, le precipitazioni sono diminuite di 221,2 mm e l’evapotraspirazione si è ridotta di 10,5 mm (dati Mipaaf). Come si può notare, le variazioni riguardano l’aumento delle temperature minime e la diminuzione delle precipitazioni e dell’evapotraspirazione che sono conseguenti sia delle variabilità climatiche sia dei mutamenti climatici. Questi valori, però, non sono tali da giustificare gli enormi danni causati dal clima sui nostri territori. Seppure le precipitazioni siano più intense e concentrate in brevi periodi, l’effetto da esse causato è imputabile, quasi esclusivamente, all’intervento dell’uomo sul territorio. Partiamo dal presupposto che, in periodi medi di tempo, l’acqua che precipita sulla Terra è la stessa che raggiunge l’atmosfera per poi ritornare sulla crosta terrestre seguendo il Ciclo dell’Acqua con cui bisogna necessariamente relazionarsi ogni volta che si esegua un’alterazione del territorio. Le cause dei disastri e delle vittime che ogni anno si contano insieme ai miliardi di danni, sono imputate al maltempo ma, in realtà, sono riconducibili all’inarrestabile attività di mutazione che l’uomo esercita su ambiente e territorio. Può apparire un’affermazione estrema e lapidaria ma è una realtà che bisogna affrontare se si vuole porre termine o, almeno, mitigare le conseguenze degli eventi calamitosi. Se si può trovare una mediocre giustificazione per i disastri causati dai terremoti, non è assolutamente possibile non individuare una stretta relazione fra l’edificazione incontrollata, l’agricoltura intensiva, la deforestazione e i danni causati da alluvioni, valanghe, frane e smottamenti. Lo stesso problema riguarda la realizzazione delle grandi opere che seguono criteri strettamente utilitaristici e speculativi senza considerare l’inserimento nell’ambiente. Pensare di poter dominare gli elementi, è un’illusione cui, però, l’uomo continua ad ancorarsi. Partendo dal presupposto che se la superficie terrestre ha una sua naturale configurazione è perché la sua modellazione è dovuta agli elementi, si può comprendere che mutandola, si mutino anche i rapporti che gli elementi stessi hanno con essa. È così che rendendo impermeabili vaste superfici del territorio, si muta il naturale assorbimento dei terreni generando flussi fluidi concentrati e possenti. Lo stesso per quanto concerne il livellamento di aree ad andamento variabile che, alterando il flusso naturale delle acque, ne varia anche le zone di flusso e deposito, favorendo allagamenti ed esondazioni. Circa il disboscamento sistematico di vaste aree del territorio, questo causa due effetti deleteri: il primo è la riduzione delle fonti naturali di ossigeno prodotto attraverso la fotosintesi clorofilliana e l’altro riguarda l’eliminazione di drenaggio e ancoraggio esercitati dall’apparato radicale della vegetazione sui terreni. Ciò che rende ancora più incomprensibile l’azione irrazionale dell’uomo sull’ambiente è che gli interventi eseguiti non sono giustificati da concrete necessità. Circa il continuo incremento di edificazione, questo si scontra con il progressivo decremento della popolazione e il totale abbandono del patrimonio edilizio esistente che solo dopo un adeguato recupero o eliminazione consentirebbe la valutazione di un reale bilancio abitativo. Succede la stessa cosa nei settori industriale e artigianale, dove per un nuovo opificio realizzato ne esistono almeno due inutilizzati. Nei casi rari di abbattimento dei manufatti inutilizzati, inoltre, non è attuato il ripristino dello stato originario dei luoghi che, pertanto, non tornano a svolgere la loro funzione naturale. Eppure, nonostante ci sia una sovrabbondanza di alloggi e di immobili strumentali, ci sono inspiegabili situazioni di emergenza abitativa e disoccupazione. Anche la deforestazione a fini agricoli è ingiustificata perché tende a generare enormi coltivazioni intensive utili soltanto allo sfruttamento e al condizionamento agrario e alimentare che, anche in questo caso, determinano notevoli disparità fra sovrabbondanza alimentare e denutrizione della popolazione. Nell’uno e nell’altro caso si giustificano azioni scriteriate dell’uomo con la necessità di sviluppo e occupazionale che, ancora una volta, si scontrano con realtà assolutamente differenti. L’agricoltura tradizionale e il recupero del patrimonio immobiliare esistente sono prassi che offrono maggiori opportunità occupazionali, generano un prodotto di maggiore livello qualitativo e sono ecosostenibili. L’umanità è, inesorabilmente, di fronte a un bivio: aumentare progressivamente il prezzo da pagare per le scelte sinora intraprese o dare una svolta decisiva a favore dell’ambiente. A noi la scelta.  

   
   
   
 



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