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CRONACHE DI UN CONNESSO VIAGGIATORE/PAUPERISTI ALLA RISCOSSA

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

22
GEN
2019

Il pauperismo, malattia finale dell’immobilismo. Ho deciso di scrivere un assaggio intitolato proprio così. Intendiamoci, descrivere la decadenza dei nostri tempi è un vezzo un po’ dandy, che rischia a volte di sfociare nel manierismo intellettuale, ma occorre riconoscere che non possiamo farne a meno. Tiene banco dunque l’affaire Sanremo, i compensi delle star, il calcolo che separa i cachet dei “big”, chiamati sul palco a pochi minuti di show, dallo stipendio degli impiegati.
Fantozzi è vivo e subisce insieme a noi? Verrebbe proprio voglia di dire di si, perché nelle frange catare della critica sociale il pauperismo è diventata una nuova religione, rigorosamente atea, capace di scatenare le brame degli immobilisti. Dobbiamo ripensare il rapporto tra il guadagno e l’impegno, questa è la verità. Ci sono impegni enormi, faticosi, utili, che vengono ricompensati con miserie, una moderna forma di schiavismo legalizzato e ci sono poi le ricompense che non premiano l’impegno, ma la capacità di commercializzare valori inumani, ma ampiamente popolari tra noi umani. Allora, vogliamo dircela tutta? Il Dio Mercato ha stufato. Abbiamo tutti ascoltato le solfe sul bene supremo incarnato dalle leggi dello sfruttamento intensivo del Pianeta, delle sue risorse, degli uomini più deboli, dei bambini. Ci hanno rimpinzato di carboidrati e vessazioni, per proporre infine delle strambe teorie neocolonialiste, che valutano le balene come un bene nazionale e i cittadini come un numero irrazionale.
Le politiche volte a favorire una seria azione di denatalità nei paesi in cui non ci sono risorse sufficienti o sufficientemente distribuite per poter assistere allo sviluppo di una società autosufficiente sono ferme al palo. Anche della disperazione si fa mercato, ma intanto, mentre i migranti muoiono, arricchiscono aguzzini impuniti, subiscono torture indicibili ed insopportabili, la comunità internazionale sembra aver globalizzato solo i pacchi che viaggiano da un capo all’altro del globo. ONU è un acronimo scomparso dal racconto politico del nostro tempo, mentre non si comprende chi o cosa possa e voglia opporsi alla scomparsa dell’etica, travolta da un solo mantra: l’utile.
E’ in questo contesto che il neopauperismo assume i tratti grotteschi di un nuovo movimento di conservazione dello status quo, seppure mediante la più classica eterogenesi dei fini. Il rogo contro il ricco diventa il momento catartico che placa l’azione profonda, complessa, ragionata, affinché si costruiscano strutture capaci di elevare i poveri. Il neopauperismo diventa dunque una forma adulterata di veteromarxismo, in cui lo scopo non è quello di togliere al ricco, per dare al povero, ma si concentra sul togliere al ricco. In questo deserto ideale e politico restano gli squarci lasciati dalla perdita di una cultura sociale, ormai largamente deficitaria all’interno delle espressioni politicamente dominanti del nostro tempo. Si ha la netta, chiara impressione che gli istinti capaci di coagulare consensi e passioni rifuggano sempre più da una dimensione complessa del pensiero, per rintanarsi della più brutale semplificazione ideale. Viviamo un gigantesco ritorno alle origini traviate, un’infanzia distorta, in cui il cittadino pare la rappresentazione di un moccioso, viziato e crudele, che ignora il valore della vita, brucia la coda al gatto di casa, mette chiodi sulle scale, insensibile al dolore del vicino che li calpesta. Una demenza puerile che mortifica l’innocenza e la ragione, da cui dobbiamo sforzarci di uscire, tutti insieme, al più presto.
 



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