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Non ce sta bene che no, la grande lezione di Simone / "Qui e ora" di Paolo Bruni

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
APR
2019

Torre Maura. Quartiere di Roma fra le vie Casilina e Tuscolana nei pressi del Grande Raccordo Anulare. Uno dei tanti alla periferia della Capitale, “sanza ‘nfamia e sanza lodo”, che nel pomeriggio del 2 aprile scorso è salito agli onori della cronaca per gli episodi clamorosi che l’hanno avuto come scenario.

Un gruppo di 70 ospiti del centro di accoglienza di Torre Angela, chiuso per decisione del comune, è stato trasferito in quello di Torre Maura. Questo è stato sufficiente per scatenare le ire di un gruppo di abitanti del quartiere che ha inscenato una protesta bloccando la strada prospiciente al centro, con cassonetti della spazzatura incendiati. Una reazione così aspra che non è stata effetto di pericolose potenzialità epidemiche o di gravi rischi per la pubblica incolumità ma conseguenza dell’etnia degli accolti, appartenenti alla popolazione Rom. Settanta ricollocati in grave emergenza abitativa dei quali 33 erano bambini e 22 donne. Perché, in Italia, Rom è sinonimo di una vasta antologia di luoghi comuni contro gli “Zingari” o “Gitani” originari del nord dell’India. La ghettizzazione e l’esclusione sociale dei rom, già ampiamente praticata nel Paese, è divenuta una prassi istituzionalizzata tanto che, chi parla la lingua “romanì” subisce pregiudizi maggiori di chi organizza assembramenti non autorizzati, danneggia beni pubblici, esterna minacce, inneggia al fascismo e interrompe il pubblico servizio.

Subito dopo l’arrivo delle Forze dell’Ordine, intervenute per sedare la rivolta, sono subentrati gli attivisti di Forza Nuova e Casapound, che hanno preso il controllo della protesta, fomentando la folla e impedendo la somministrazione di generi alimentari destinati agli ospiti per poi distruggerli al grido di  “Zingari, dovete morire di fame”. Questo è il racconto della “ ’nfamia” e, così come Manzoni citava la Provvidenza, quale misura inaspettata contro i soprusi e le prevaricazioni, è sopraggiunto il “lodo” della vicenda. Facendosi spazio fra la folla, Simone, un ragazzo di 15 anni, ha affrontato verbalmente quella schiera di braccia tese, con una pacatezza disarmante. Con assoluta spontaneità, incurante degli atteggiamenti minacciosi dei suoi interlocutori, ha espresso la sua opinione in modo semplice ma, proprio per questo, incredibilmente efficace. Alla sua osservazione in merito alla finalità speculativa dei neofascisti, un esponente di Casapound ha chiesto se a lui facesse piacere la presenza di 70 rom nel quartiere. Il ragazzo, noncurante della sua condizione, ha risposto: A me 70 persone non mi cambiano la vita. A me il problema non è chi me svaligia casa, il problema mio è che me svaligiano casa. Se me svaligia casa un rom, tutti je demo anna' contro, poi quando è italiano mi devo star zitto che è italiano. A me sto fatto che bisogna sempre annà contro la minoranza non me sta bene. Non me sta bene che no. Così, per giustificare il comportamento facinoroso, e controbattere gli argomenti di Simone, un altro attivista di Casapound ha obiettato che il Comune di Roma non fornisce nessun servizio a Torre Maura, ottenendo la risposta inoppugnabile del ragazzo: “E la colpa è dei rom?”.

Quindi, l’unico argomento che ha tenuto in vita i contestatori, è stato quello dell’accoglienza che sottrarrebbe denaro agli italiani, infondato, trito e ritrito ma sempre abusato per giustificare razzismo e xenofobia. Tutti argomenti filmati per diffondere la propaganda, con l’uso, però, di smartphones rigorosamente esteri. Ciò che è emerso da questa sommossa impopolare non è edificante per l’immagine già logora del Paese e della Capitale, perfettamente in linea con gli attuali usi e costumi governativi. Eppure, ha offerto l’opportunità di trarre una morale positiva, proprio per le osservazioni, semplici quanto logiche, cristalline al limite del ragionamento matematico quanto concrete, provenienti, ancora una volta, dalle nuove generazioni che, rimuovendo i costrutti strumentali, risolvono con logica lapalissiana, problemi sociali che, fra esseri evoluti, non dovrebbero neppure esistere. Piuttosto che cogliere il messaggio ottimista, l’unico valido della vicenda, c’è chi, come la nota scrittrice Elena Stancanelli, ha obiettato sulle qualità linguistiche di Simone, sicuramente con encomiabili finalità ma nel momento, nel contesto e nel modo sbagliati, così come l’obiettivo scelto. Quale tipo di confronto linguistico avrebbe potuto avere Simone con un drappello di facinorosi irragionevoli neofascisti, quando la lingua italiana, in questo momento, è travisata anche in Parlamento e nelle sedi di governo?



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