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Taranto, exIlva: a chiuderla ora smetterebbe di uccidere solo fra vent'anni

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

11
APR
2019

Pochi minuti prima della scadenza del termine perentorio imposto dal primo cittadino di Taranto, i dati da lui richiesti per conoscere l’entità del rischio sanitario legato alle emissioni dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal, sono arrivati sulla sua scrivania.

Asl, Ispra e Arpa hanno prodotto un dossier che conferma come i valori delle sostanze nocive riscontrati nell’ultimo anno siano in aumento ma rientrino nei parametri normativi. Circa le emissioni di diossina, che la centralina della masseria Carmine rilevava con entità pari a quelle ante sequestro, sono ancora allo studio degli esperti.

Da una ricerca triennale del Dipartimento ambiente e salute dell'Istituto superiore di sanità, il latte materno delle donne che vivono a Taranto e Statte registra concentrazioni di diossine e Pvb notevolmente superiori a quelli presenti nel latte delle donatrici residenti nella provincia. Eppure, nonostante l’incremento degli inquinanti, i loro valori sono inferiori ai limiti imposti. Così dichiarano gli enti preposti alle verifiche.

E con l’aumento dei valori crescono anche le patologie a carico della cittadinanza, specie quelle oncologiche. Perché la diretta proporzionalità fra inquinamento e patologie è scientificamente provata così come la prosecuzione del rischio anche molti anni dopo la cessazione delle cause. In teoria, arrestare l’attività inquinante dell’ArcelorMittal in questo momento ridurrebbe le patologie immediatamente connesse alla qualità dell’aria ma diverrebbe efficace contro l’incremento dei tumori, solo fra circa un ventennio. Ogni soluzione, anche la più radicale, in merito allo stabilimento siderurgico di Taranto così come per le altre industrie inquinanti, è tardiva. A fronte di una situazione così preoccupante per l’area ionica, qualunque siano le soluzioni da adottare, quindi, devono essere tempestive e radicali. Se a fronte di valori limite, il numero delle patologie, specie le oncologiche, è in aumento, la risposta evidente è che i limiti sono troppo alti e che le conseguenze dei valori vicini ai limiti sono pari a quelle con loro coincidenti.

A fronte di questo stato di fatto, l’unica cosa possibile è interrompere i conflitti fra schieramenti pro e contro lo stabilimento e arrendersi all’evidenza: prima la fabbrica Ilva, oggi ArcelorMittal, per quanto possa essere utile al Paese (e non sembra che lo sia), uccide la popolazione e il territorio. Su questo si può solo riflettere e smettere ogni forma speculativa. C’è chi dall’inquinamento di Taranto ha dato inizio alla propria fortuna economica, chi della carriera politica, chi della fama professionale. Ora bisogna categoricamente smettere di usare un dramma a proprio vantaggio e, nell’immediato, riscoprire il pudore evitando di giustificarsi con argomentazioni offensive. I responsabili, presenti e passati, di questo scempio, possono solo scusarsi con i morti, presenti, passati, futuri, cercando il coraggio di allontanarsi dal proprio ruolo se incapaci di trovare una soluzione.

Non c’è nessuna “ragione di Stato” (e deve esserci per non definirla un crimine verso l’umanità) che possa giustificare la condizione in cui versa la vivibilità di Taranto. Chi ha fatto carriera politica sulle sciagure di questa parte dell’Italia, eviti di offendere l’intelligenza dei cittadini di Taranto e smetta d’insegnare loro come soffrire e difendersi. Intanto, si goda i propri privilegi facendo il meno possibile per evitare di causare altri disastri. Quando il siderurgico di Taranto sarà solo un cattivo ricordo, resterà, comunque, l’infinito elenco di vittime causate da quella fabbrica di voti e di morte.



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