Orrori Sui Social / Quando La Diffusione Dei Video è Dannosa
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Orrori sui social / Quando la diffusione dei video è dannosa

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
MAG
2019

Lo sviluppo tecnologico e la sua crescita iperbolica hanno trovato immediata applicazione nei diversi settori della vita, ivi compreso quello della sicurezza pubblica e la prevenzione dei crimini. Fra i vari strumenti tecnologici, i sistemi di videosorveglianza si stanno rivelando particolarmente efficaci tanto da essere considerati presidi essenziali per la sicurezza.

A tal proposito, però, è stato necessario rivedere tutta la normativa inerente al loro impiego affinché sia equilibrato il rapporto fra l’utilizzo e la tutela della privacy. In tal senso, si sono espressi l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali - che ha dettagliato e specificato le norme in materia e Il Ministero dell’Interno - attraverso direttive emanate dalle prefetture. Sono, inoltre, stati consultati e istruiti gli Enti Locali e l’ANCI, al fine di rendere univoche le modalità adottate dagli apparati di sicurezza statali con l’azione delle polizie locali.

Il tutto è stato raffrontato con le norme del codice civile e penale e con le numerose espressioni della Cassazione in merito all’impiego e all’utilizzo del materiale proveniente dalla videosorveglianza. Ciò che emerge, è la notevole importanza che rivestono questi sistemi, a condizione che siano rispettati alcuni requisiti imprescindibili quali l’unificazione dei sistemi di acquisizione, distribuzione e conservazione delle immagini, l’individuazione dei soggetti responsabili e l’attenta valutazione in merito all’impiego dei dati stessi.

La videosorveglianza, quindi, sebbene possa essere impiegata per indagini giudiziarie o di polizia, al pari degli appostamenti, non deve assolutamente invadere e ledere la libertà dei cittadini ai quali non deve essere limitata la possibilità di frequentare i luoghi pubblici senza dover subire violazioni della privacy e costrizioni senza giusta causa. I filmati sono compatibili con le esigenze di sicurezza solo se strettamente pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per i quali sono raccolti e in seguito trattati.

Sono esclusi gli impieghi statistici, pubblicitari e mirati alla programmazione o gestione delle attività connesse al territorio. Come in tutte le azioni di prevenzione e repressione del crimine, la videosorveglianza deve essere adottata, prioritariamente, a fini dissuasivi e preventivi e, in subordine ai fini della contestazione d’infrazioni e definizioni del contenzioso insorto.

La diffusione delle immagini riprese senza consenso terzo è, quindi, assolutamente esclusa se non in casi in cui sia attentamente valutata dalle autorità competenti e soltanto per particolari esigenze investigative o istruttorie, così come accade per la pubblicazione delle foto segnaletiche. Nonostante le norme in materia siano ormai univoche anche in ambito comunale, è sempre più ricorrente la pubblicazione, sulle piattaforme social della rete internet, di filmati o fotogrammi che ritraggano cittadini rei d’infrazioni stradali, dell’abbandono di rifiuti e di animali domestici, nonché delle c.d. incivilities. Sebbene si possa intuire la buona fede di chi attua queste iniziative, c’è il rischio d’incorrere in gravi violazioni rilevabili d’ufficio o a seguito d’istanza dei ricorrenti. Infatti, l’esame e il relativo impiego delle immagini provenienti da videosorveglianza, competono a figure specifiche, con l’impiego della massima riservatezza e, l’attuazione delle azioni conseguenti, è esclusivo retaggio delle autorità di polizia e giudiziarie. L’uso della videoregistrazione comporta la valutazione della proporzionalità fra impiego delle immagini e la gravità del reato che non può essere attuata da chiunque.

La diffusione disinvolta dei filmati, sebbene si tenti maldestramente di rendere irriconoscibili i soggetti, rischia di delegittimare il ruolo delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, consentendo, a chi spesso è incompetente, di trarre conclusioni avventate, impedendo, di fatto, il diritto di esercitare la difesa. La pubblicazione delle immagini, priva delle specifiche autorizzazioni, rischia di originare processi sommari e fuori dai luoghi preposti. La diffusione delle immagini dei presunti colpevoli, si traduce in un’iniqua anticipazione della pena ancora prima della sentenza. Non è, quindi, assolutamente giustificato l’uso di porre alla gogna mediatica, soggetti che siano sospettati di reati marginali specie se, in contrapposizione, si dimostra totale disinteresse per la sicurezza dei cittadini, così com’è accaduto nei giorni scorsi in merito alle violenze protratte verso un pensionato di Manduria per mano di un gruppo di ragazzi di Manduria. Chi desidera davvero rendersi utile alla società, svolga correttamente i compiti per i quali è formato o, in alternativa, si dedichi al volontariato. In Italia, sino a nuove indicazioni, la giustizia si eroga solo nelle aule dei tribunali.



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