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I conflitti nel mondo alla luce dello scontro tra USA e Iran

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

10
GEN
2020

“L’Iran non vuole la guerra né l’escalation, ma si difenderà da ogni aggressione” lo ha riferito Javad Zaraf. L’obiettivo finale di Theran resta l’espulsione delle truppe USA dalla regione. Dopo il raid statunitense contro Qassem Soleimeni, comandante delle brigate al Quds delle Guardie della Rivoluzione islamica, il mondo si era interrogato su come avrebbe risposto la Repubblica Islamica protetta da Soleimeni per oltre vent’anni con la difesa avanzata.

Le ragioni che hanno portato all’uccisione del generale iraniano sono state elencate dal presidente americano Trump, in quanto il “terrorista, progettava nuovi attacchi contro gli interessi americani”. Ci saranno nuove sanzioni per il governo iraniano, e l’invito a Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna a uscire dall’accordo nucleare iraniano firmato nel 2015 (JCPOA) con il quale i nemici di Washington hanno potuto dotarsi di missili a corto raggio e cruise per bombardare le due basi m Iraq, è stato chiaro.

“L’Iran non avrà mai la bomba nucleare” ha aggiunto Trump per poi avviare un dialogo di distensione rivolgendosi al popolo e al leader iraniano dichiarando che “gli Usa sono pronti ad abbracciare la pace con Theran”.

I quesiti oltre a quelli leciti degli analisti, per i tuttologi da tastiera, dispensatori di paure al calar delle tenebre sono innumerevoli. Chi e come agirà per primo? Ci saranno incursioni mirate, una guerra asimmetrica o cyberattacchi? Ignorano gli ultimi che il conflitto tra americani e iraniani non è l’unico nel mondo. Non solo guerre, forti crisi politiche ed umanitarie sono diffuse nei vari continenti.

Una delle meno conosciute è la situazione in Birmania. Protagonisti della conflittualità sono i Rohingya, una minoranza musulmana proveniente dal Bangladesh e i Kachin, minoranza cristiana. Definita la “guerra più lunga al mondo” va avanti da decenni, con l’esercito centrale opposto alle varie milizie ribelli in lotta per l’indipendenza e per il controllo di preziosi giacimenti. Per l’immenso numero di sfollati le organizzazioni umanitarie parlano di una possibile catastrofe umanitaria. In Burkina Faso ci sono le proteste sociali delle “camicie rosse” contro il governo, come quelle contro l’aumento del prezzo del carburante. A nord del Paese africano, alcuni gruppi di jihadisti, controllano alcune zone con sanguinosi attentati riconosciuti dagli estremisti islamici. Oltre ai continui scontri lungo le zone di confine, tra Pakistan e India, il conflitto dura da decenni e i test missilistici di New Delhi continuano ad inasprire i rapporti tra i due Paesi. Nella Repubblica Centrafricana, uno dei paesi più poveri al mondo, dal 2012 è in corso una guerra civile. Lo scontro è tra il governo centrale e i ribelli anti-balaka, miliziani cristiani autori di diversi massacri nei confronti delle popolazioni musulmane. Sempre in Africa, nel Sudan del Sud, la guerra civile nata nel dicembre 2013 si è conclusa dopo cinque anni di scontri e oltre mezzo milione di sfollati. Il trattato di pace firmato da Addis Abeba sembra fragile tanto da non garantire a lungo la tregua tra le due etnie.

Dopo la Rivoluzione dei Gelsomini durante la Primavera Araba in Tunisia, nel 2011 con la caduta del vecchio regime, dopo le elezioni è nato un nuovo governo. Per una forte crisi economica e per i problemi dovuti alle formazioni estremiste islamiche, il paese mediterraneo è di nuovo in crisi.

Della guerra in Yemen si sente parlare poco. È la più devastante guerra umanitaria contemporanea. Dal 2015 lo scontro tra le forze ribelli Huthi, appoggiate dall’Iran e la coalizione diretta dall’Arabia Saudita ha provocato morti e sfollati. Nei territori controllati dagli Huthi, la polazione è vittima di bombe, della fame e dell’epidemia del colera.

Il continente africano è teatro di un numero crescente di scontri. Da anni la guerra civile infiamma in Somalia, dove si muovono gruppi legati ad al-Queda e la milizia islamica radicale al-Shabaab, che negli ultimi anni continua a colpire sia obiettivi militari e civili. In Nigeria continua una guerra decennale violentissima e Bobo Haram è in uno stato di completo disordine. La Siria e l’Afghanistan sono considerati i luoghi più pericolosi al mondo. La crisi siriana inizia nel 2011 con le dimostrazioni pubbliche contro il regime del presidente Bashar al-Assad tra Aleppo e Damasco per poi espandersi a livello nazionale e trasformarsi nel 2012 in una vera e propria guerra civile. In Afghanistan, nel distretto di Gomal e nell’area attorno a Kabul innumerevoli sono i conflitti armati tra milizie della sicurezza afghana e i talebani. Il paese è nel quarantesimo anno consecutivo di conflitto, dilaniato dall’invasione sovietica, la guerra civile, l’insorgenza talebana, l’invasione statunitense e l’ascesa dell’Isis. L’elenco potrebbe continuare con il Venezuela, l’Ucraina e il Donbass, l’Egitto, la Libia, il Kenya, il Mali, la Mauritiana, il Mozambico, il Ruanda, il Senegal, la Colombia, il Messico etc. etc.

Mentre il mondo sta transitando dall’era unipolare a guida americana a un nuovo multipolarismo, molti popoli pagano alto il prezzo della libertà perché “Fino a che tutti non sono liberi, nessuno è libero (M.L King)”. 



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