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Divo Giulio, addio!

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

10
MAG
2013

 

Non avrei mai immaginato possibile commemorare la scomparsa di Giulio Andreotti, un uomo senza tempo di quelli che ci sono già quando vieni al mondo e che ti accompagnano per la vita. È la prova provata che l’immortalità non può esistere e che anche il Divo si è “logorato” quando ha perso infine il “potere”. Confesso di aver provato sempre grande simpatia per l’uomo Andreotti anche quando, ed è accaduto spesso, non ho condiviso né la collocazione ideologica del politico né le scelte programmatiche dell’uomo di stato. Ho subìto, come molti penso, il fascino della sua ironia e autoironia, l’arguzia delle sue battute al fulmicotone, la sua romanità disincantata, lo spessore culturale dello studioso, la capacità di scandagliare l’animo umano e di parlare alle persone, infine, ma non per ultimo, la comunione nella fede calcistica giallorossa. Non provo simpatia per i tanti commentatori, opinionisti e giornalisti che in presenza di eventi luttuosi si sperticano in falsi peana elogiativi del “caro estinto” che hanno dileggiato e insolentito fino al giorno prima e non voglio unirmi al coro. D'altronde si può provare un sentimento di umana tristezza non certo di profondo dolore per la scomparsa di un nonagenario che ha avuto una vita piena e ricca come la sua. Mi piace però ricordarlo e rendere omaggio alla sua memoria perché indubbiamente rappresenta una delle pietre miliari che hanno segnato la via democratica del nostro Paese. Coerente e fedele alle proprie idee politiche come alla propria fede cattolica, aveva l’innegabile qualità dell’ascolto e della ricerca della mediazione quando questa non degradava nella negazione dei propri principi. È stato l’uomo politico italiano che più di ogni altro ha salvaguardato il delicato equilibrio, necessario negli anni ’70 ed ’80, tra la difesa del diritto di Israele all’esistenza ed alla conservazione della propria integrità nazionale e l’altrettanto inalienabile diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. La politica estera andreottiana di equidistanza, duramente contrastata da una parte negli USA dai falchi filo israeliani propensi all’eliminazione totale dei terroristi di Arafat e dall’altra dai comunisti nostrani che sponsorizzavano una nuova e definitiva diaspora del popolo ebraico, ha preservato il nostro Paese dall’ingiuria terroristica, salvo rarissimi episodi, subìta da molte nazioni occidentali. Molti suoi detrattori lo hanno accusato di essere cinico, quando non addirittura mefistofelico (ricordate Belzebù?) nel perseguire i suoi obiettivi politici. Personalmente sono propenso a ricordarlo determinato e realista. C’è una sua definizione che, a mio avviso, lo descrive perfettamente: “Il compito di un uomo politico non è quello di trovare le soluzioni migliori possibili ma quello di applicare le meno disastrose.”
È un consiglio che potrebbe essere utile ai molti improvvisatori della politica odierna.
 


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