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CONGEDATE IL CAPORALE MONTI!

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

20
APR
2012

 

Chi aveva festeggiato l’avvento di Monti alla guida del Paese, è stato servito. Il lacchè dei tecnocrati europei ha applicato scrupolosamente le direttive dei famelici mastini di Bruxelles. A noi servi della gleba restano solo le lacrime perché anche il sangue ci è stato prosciugato
 
Era consuetudine, in epoche storiche ritenute barbariche da noi uomini civilizzati del XXI secolo, esaudire l’ultimo desiderio espresso dai condannati alla pena capitale. Oggi, considerandomi a pieno titolo una delle 60 milioni di cellule che formano il corpo di questa Nazione condannata alla morte civile, sociale ed economica, vorrei rivolgere una supplica al Tribunale che ha pronunciato la sentenza di morte, dando voce ai milioni di giovani e meno giovani italiani che sono stati espropriati del loro futuro. Congedate il caporale Monti e rimandatelo a vivere nella realtà virtuale delle polverose aule bocconiane. La vita reale del Paese è quanto di più distante dalla sua visione cattedratica.
In tono deferente rivolgo questa supplica innanzi tutto al Presidente Napolitano, ricordando che in qualità di Primo Magistrato è stato l’artefice dell’arruolamento del Caporale e continua ad essere il suo maggiore sponsor. Quindi estendo la supplica ai Giudici a latere del suddetto Tribunale, i leader dei partiti che ne hanno avallato l’arruolamento e che, ob torto collo, continuano a sostenerlo.
Perché definisco Monti un caporale? È presto detto.
Come era solito ricordare il principe De Curtis, in arte Totò, il genere umano si compone di uomini e di caporali, là dove questi ultimi sono uomini mediocri, dotati di una elevata dose di cinismo, che vengono promossi ad un grado superiore per sorvegliare, alla stregua degli aguzzini, l’esecuzione del lavoro sporco che gli alti ufficiali riservano alle truppe, vera carne da macello. E cos’altro può essere considerato il professor Monti? Non è l’uomo della provvidenza, non è un politico né tantomeno uno statista. È un tetragono burocrate allevato a Bruxelles, nella roccaforte della burocrazia europea, fedele servitore dei tecnocrati che guidano da troppi anni la Comunità Europea ed intransigente esecutore della volontà della Banca Centrale Europea, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, la triade che ha imposto la dittatura della finanza all’occidente e che decide della vita e della morte di milioni di cittadini europei inermi.
In tempi non sospetti, tra il 5 al 20 novembre del 2011, a cavallo del periodo che va dalle dimissioni del governo Berlusconi all’insediamento della compagine Monti, proprio sul nostro settimanale sono comparsi tre miei articoli nei quali esprimevo tutte le mie preoccupazioni, motivandole, per la pericolosità della soluzione alla crisi che si andava delineando. Ricordo anche di essermi sentito una Cassandra circondato come ero dai peana di beatificazione dell’uomo che ci avrebbe portato, nuova Fenice, alla rinascita dalle ceneri della stagione berlusconiana. È poco elegante autocitarsi, e me ne scuso, ma mentre nelle piazza italiane si stappavano le bottiglie di spumante per la caduta del dittatore, concludevo uno di quegli articoli con queste testuali parole “Significa che il copione era già stato scritto, a Bruxelles e a Francoforte, e la nostra compagnia di guitti della Commedia dell’Arte ne ha messo in scena la rappresentazione più gradita al Signore di turno (UE e BCE). Ma vorrei esortare quanti sabato 12 novembre hanno brindato ad un nuovo 25 aprile, ad avere il pudore di non scendere in piazza tra un mese per protestare contro i provvedimenti del nuovo governo. Perché una cosa è assolutamente certa: la commedia evolverà in dramma e sarà davvero lacrime e sangue.”
Ebbene sono trascorsi poco meno di cinque mesi da quei giorni, molti di più dei famosi 100 giorni che vengono spesso considerati dai nuovi governi i più produttivi per dare nuova linfa vitale al Paese, e siamo approdati al dramma che paventavo, dove le lacrime ed il sangue non sono purtroppo solo in senso figurato. Coloro i quali avevano salutato nel Caporale Monti il demiurgo capace di risanare il Paese, sono quelli che oggi versano le lacrime più copiose, mentre il sangue che viene versato, come al solito, è quello della povera gente. I partiti ed i loro leader, ai quali non era parso vero di poter scaricare su altre spalle la loro congenita incapacità di sviluppare una decente, seppur minima, progettualità politica, mostrano chiari segni di astinenza dalla diretta gestione dei privilegi e delle sopraffazioni, degli interessi personali e corporativi (prova ne sia il modo in cui non stanno affrontando, ne tantomeno risolvendo, lo scandaloso problema dei costi della politica). Il Capo dello Stato ha sempre più crescenti difficoltà a sostenere, nei confronti dei cittadini, la validità della scelta Monti e del governo tecnico, portando avanti una difesa d’ufficio che non può convincere neanche il più sprovveduto degli osservatori. La perniciosa azione del governo ha prodotto persino il miracolo di una ritrovata unità sindacale, il che la dice lunga sulla evidente inadeguatezza di molti decreti legislativi e di molti progetti di legge.
La Confindustria è passata in pochi mesi dalla santificazione del bocconiano alla richiesta di rottamazione, atto finale di quella che, al di là di ogni ragionevole dubbio, è considerata la peggiore presidenza della storia confindustriale.
I grandi quotidiani nazionali ed internazionali (gli ultimi articoli del Wall Street Journal ne danno significativa testimonianza), dopo averne salutato con enfasi eccessiva l’avvento, ne stanno prendendo le distanze, avendo verificato la mancanza di prospettiva di una politica governativa volta esclusivamente a fare cassa per placare le ire di Bruxelles. Unica nota fuori dal coro il quotidiano fondato da Scalfari il quale, per non venir meno alla tradizionale faziosità del suo direttore e del suo editore, continua a sventolare il vessillo montiano. Per rassicurare quanti potrebbero pensare ad una mia avversione preconcetta nei confronti del Caporale e dei suoi ministri, ho scattato alcune foto di questi cinque mesi vissuti dal nostro Paese, raccogliendole in un album che ora voglio sfogliare con voi.
La prima diapositiva ci mostra il grafico dell’inflazione al dicembre del 2011 che fissa il tasso medio al +2,8%. Oggi, quattro mesi dopo, siamo al +3,3% e la tendenza è all’aumento.
La seconda foto ce la fornisce l’ISTAT e riguarda il cosiddetto “carrello della spesa” dei prodotti acquistati con maggiore frequenza, aumentato su base annua del 4,2% ben al di sopra dell’inflazione. Poi sempre l’ISTAT ci consegna l’istantanea sulla disoccupazione al mese di marzo: 8,8%, il dato più alto dal secondo semestre 2002. Strettamente legato a questo, è di pochi giorni fa, lo stato della produzione industriale a -6,8%, peggior dato dal novembre 2009. A seguire trovo una foto di novembre di una pompa di benzina con un prezzo che si aggira intorno a 1,650 euro al litro, ed una foto della stessa pompa oggi con un prezzo vicino ai 2 euro al litro (e nel giro di un mese le accise sono aumentate prima di 10 centesimi al litro e poi di altri 5). Abbiamo la foto di due nostri ragazzi, due militari, che per aver svolto il loro dovere languono in una prigione indiana da due mesi, in sfregio di ogni regola del diritto internazionale, vittime soprattutto di un governo pusillanime, guidato da un Caporale appunto, arrogante con i deboli e pavido con chi fa la voce grossa, incapace di pretendere il rispetto delle regole. Sfogliamo poi le foto di tre fiocchi rosa: il primo riguarda la nascita della così detta “riforma delle pensioni”, il secondo la “riforma del lavoro” ed il terzo la reintroduzione dell’odiosa imposta sulla prima casa battezzata con l’acronimo raccapricciante “IMU”. È pur vero che, come recita un celebre detto napoletano, “ogni scarafone è bello a mamma soia” ma in questo caso più che scarafoni sono nati dei mostri. E, a proposito di IMU, che a pagare saranno sempre i soliti noti lo dimostra il fatto che tra le categorie esentate dal balzello, in prima linea, ci sono le Fondazioni Bancarie, tanto care al Caporale, che notoriamente sono indigenti e sono proprietarie di fatiscenti stamberghe nelle peggiori periferie delle città. Ma sentite questa: se vi è un pensionato che, per motivi di ridotta autonomia, è impossibilitato a vivere da solo nella casa di proprietà ed è costretto ad usufruire dell’ospitalità, pagata, di una Casa di Riposo, ebbene per il Caporale Monti il pensionato non dovrà pagare l’IMU come prima casa, ma come seconda casa. E vi risparmio gli scatti che ritraggono la nostra Borsa, l’andamento dei titoli di stato, le 83.000 aziende fallite dall’inizio dell’anno, le decine di imprenditori che sono stati “suicidati”, i 5 milioni di concittadini che vegetano al di sotto della soglia di povertà.
Con questo non voglio affermare che il governo pecchi di immobilismo, al contrario dimostra un iperattivismo che a volte rasenta la frenesia. Il problema è che lo fa non tenendo conto dello stato di salute, parecchio compromesso, della nazione. Vedete è come accadeva nei secoli scorsi, quando la medicina aveva ancora enormi limiti di conoscenza, dove i cerusici ed i grandi dottori in presenza di un ammalato grave, del quale non sapevano riconoscere i segni della patologia, adottavano la terapia del salasso. Nel 90% dei casi il paziente, già fortemente debilitato di suo, moriva. È esattamente la cura che stanno applicando a tutti noi.
Permettetemi allora di reiterare la supplica: congedate il Caporale Monti! E se proprio dobbiamo soccombere, concedeteci il privilegio di scegliere noi stessi, attraverso libere elezioni, i carnefici.


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