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Paolo Miola/Una professione di fede

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

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LUG
2013
A trecento anni dalla sua fondazione, l’Arciconfraternita del Carmine festeggia con una lunga serie di eventi e manifestazioni, guidata dallo stesso spirito che l’ha contraddistinta in questi tre secoli di vita e il suo Priore ripercorre con noi le tappe più significative di questi anni
 
Era il lontano 1713 quando venne fondata ufficialmente la confraternita della SS. Vergine del Carmine: erano anni di grande espansione per il fenomeno confraternale, “spinto dagli impulsi del sentire devozionale degli Ordini monastici attivi sul territorio”, ormai connotativi della stessa fisionomia spirituale e sociale martinese. Oggi a trecento anni dalla sua fondazione, lo spirito religioso e devoto della Confraternita, non pare provato dal tempo, anzi, manifesta tutta la sua vitalità dando vita a una lunga serie di eventi e progetti, volti a celebrare tre secoli di storia, ma soprattutto di fede. Quella fede sincera e profonda che anima le parole di Paolo Miola, priore dell’Arciconfraternita del Carmine, emblema di una reverenza viscerale nei confronti della Vergine Madre, forza superiore e costante in grado di orientarlo e guidarlo nelle scelte più difficili. Umile servitore della Chiesa, così come preferisce definirsi, Paolo Miola ripercorre con noi le tappe più significative di questi anni, ribadendo gli obiettivi principali, tramandati all’interno della Confraternita di generazione in generazione: l’importanza di una squadra di confratelli e consorelle sempre uniti, pronti a confrontarsi e a spalleggiarsi nei momenti di difficoltà, mantenendo sempre vivo il loro legame con la Vergine del Carmine. 
Sign. Miola è già al suo secondo mandato come Priore dell’Arciconfraternita del Carmine, come si è avvicinato a questa realtà?
«Sono cresciuto in una famiglia che è sempre stata devota alla Madonna del Carmine, quindi col tempo ho maturato anche io la stessa devozione e mi sono avvicinato alla Confraternita, in maniera del tutto naturale, fino a diventarne Priore». 
Il suo ruolo comporta delle responsabilità notevoli, ha mai avuto difficoltà in questi anni?
«Amministrare una Confraternita non è molto semplice, specie se si considera che la nostra conta circa 1500 soci, quindi è una delle più numerose, però con l’aiuto e la collaborazione degli altri si riesce a gestire tutto. Non è semplice celebrare i trecento anni della Congregazione se non si è supportati da una buona squadra che collabora costantemente per la realizzazione dei vari eventi. Può capitare che si commetta qualche errore, però anche in quei casi è importante mostrarsi sempre umili, solo così si riesce a superare tutto». 
Trecento anni di Confraternita sono tanti e rappresentano un importante patrimonio storico e culturale: quali sono i tratti distintivi che hanno caratterizzato tutti questi anni?
«L’Arciconfraternita del Carmine è stata sempre un punto di riferimento per Martina e il suo obiettivo principale è quello di mantenere sempre viva e alta la devozione alla Madonna. Non si sono mai riscontrati grossi problemi tra i vari soci. Negli anni ’50 si avvertiva un forte senso di campanilismo, rispetto alle altre Confraternite, perché a Martina le congregazioni hanno avuto sempre un ruolo molto forte, però devo dire che questo spirito di attaccamento si è un po’ allentato negli ultimi anni: c’è molta più collaborazione, grazie a un buon coordinamento che permette il confronto e l’aiuto reciproco su determinate questioni. Per quanto riguarda l’Arciconfraternita del Carmine ci sentiamo custodi di un’antica tradizione diffusa dai nostri avi e che cerchiamo ancora di perpetuare. Tenere l’abito liturgico e indossarlo nelle processioni, per noi assume un’importanza estremamente significativa, vuol dire affidarsi alla protezione della Madonna, rafforzando il nostro legame con Lei».
Tra la gente è ancora molto sentita la cultura della congregazione o si è ridotto il numero delle iscrizioni?
«Con gli anni abbiamo avvertito un forte calo delle iscrizioni all’Arciconfraternita: con una mortalità di circa quaranta soci all’anno, ci sono più o meno dieci, massimo sedici nuovi soci. Fortunatamente quest’anno ci saranno 34 nuovi confratelli e consorelle che professeranno e si consacreranno alla Madonna il prossimo 16 luglio». 
Chi entra a far parte dell’Arciconfraternita ha degli obblighi da rispettare?
«Sì, bisogna frequentare l’oratorio e partecipare alle manifestazioni religiose più importanti, tra cui la processione durante la festa della Madonna del Carmine e quella del 1 novembre, quando facciamo il pellegrinaggio di preghiera al cimitero. Infine c’è il versamento del canone annuo, perché la Confraternita comporta annualmente dei costi di gestione e garantisce al proprio socio il funerale». 
Per la celebrazione dei trecento anni avete organizzato numerosi eventi, ce ne sono altri in cantiere?
«Sì, quest’anno abbiamo iniziato con vari eventi, primo fra tutti la presentazione del libro che narra la storia dei trecento anni della nostra confraternita, di Nicola Marturano e a cura di Antonio Alemanno e Vito Fumarola. Abbiamo organizzato una serie di incontri affrontando svariate tematiche, a marzo ci siamo recati in pellegrinaggio a Roma, mentre ad aprile abbiamo accolto l’arrivo dello Scapolare indossato da Papa  Giovanni Paolo II. A conclusione di questi primi sei mesi di iniziative ed eventi, domenica 7 luglio c’è stata la trasmissione della messa dalla Chiesa del Carmine in diretta Rai. Speriamo di riuscire a dar vita ad altri importanti appuntamenti nel corso dell’anno».
Ho sempre visto la Chiesa del Carmine come un punto di raccordo, come se fosse in grado di catturare la partecipazione di tutta la cittadinanza lì residente, anche per quanto riguarda i giovani: conferma la mia impressione?
«Sì, esatto! C’è un grande affiatamento e una buona partecipazione da parte della gente e anche i giovani rappresentano una componente attiva per la Chiesa, sebbene siano pochi quelli presenti all’interno della Confraternita.  Uno degli appuntamenti focali è rappresentato dalle solenni quaranta ore, durante gli ultimi tre giorni di carnevale. È una tradizione che continua ancora: c’è un predicatore e si presta ascolto alla sua voce, affinché sia di conforto per quelle persone che vivono situazioni difficili e delicate. D’altra parte, aiutare e ascoltare le famiglie in difficoltà è anche una delle massime prerogative della nostra Confraternita che si pone l’obiettivo di mostrare tutta la vicinanza nei confronti dei confratelli indigenti, pur mantenendo sempre un’adeguata discrezione».
Facciamo un bilancio di questi anni: come li ricorderà e cosa le hanno trasmesso?
«Ho ricevuto tante soddisfazioni: sicuramente posso dire che ho più ricevuto che dato. Essere priore di una Confraternita così grande, comporta una forte responsabilità, però la gioia più grande è riuscire a vivere costantemente un attaccamento sempre più forte nei confronti della Vergine Madre, in grado di aumentare la propria spiritualità e devozione. Ci sono tanti momenti di tensione, ma la vicinanza della Madonna è la soddisfazione più bella. Il mio ruolo di Priore cerco di viverlo non come una carica, ma come un umile servitore della Chiesa, perché è anche grazie alla squadra che mi sostiene, i miei amici confratelli, che è possibile portare avanti il nostro compito. Abbiamo trascorso due anni molto impegnativi, sia per la costruzione della nuova cappella gentilizia, sia per la celebrazione dei 300 anni dell’Arciconfraternita, tuttavia, tra circa un anno lascerò il mio incarico (al termine del secondo mandato) e vorrei lasciare come obiettivo principale della nostra Confraternita, quello di formare sempre una squadra, mantenendo viva la nostra devozione verso la Madonna e portando sempre testimonianza del nostro operato verso l’intera cittadinanza».  
 


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