MENU

Speaking/Parlando s´impara

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

26
LUG
2013
Perché noi italiani non abbiamo un buon rapporto con le lingue straniere? Colpa dei sistemi d’insegnamento e del doppiaggio dei film. Ma se proprio volete esprimervi nella lingua di Shakespeare, c’è sempre tempo e modo, come ci spiega l’interprete Simone Izzo 
 
Originale e divertente è stato il ciclo di incontri diretto e organizzato da Simone Izzo, interprete e insegnante di lingue straniere. Terminato la scorsa settimana, dopo otto incontri, il ciclo ha raggiunto l’obiettivo mirato: agevolare la pratica dello “speaking”, cioè rendere la conversazione in lingua inglese fruibile e piacevole per tutti.  Il corso, di livello medio avanzato, consisteva nella lettura di due classici in lingua originale, “Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni” e lo “Strano Caso Del Dott. Jekyll e Di Mr Hyde” e nella conversazione riguardanti i brani dei testi, oltre che nell’analizzare i costrutti grammaticali presenti all’interno di essi. La brevità del corso (otto incontri,  uno alla settimana) ha reso il percorso piacevole e leggero a tal punto da raggiungere la totalità di ventidue partecipanti tra cui studenti e adulti. 
Simone come nasce l’idea di svolgere un corso di inglese strutturato in questa maniera?
«L’idea è nata dall’esperienza che ho maturato sul campo, con l’insegnamento nella scuola pubblica, nelle scuole private e presso l’Università. Nel corso della mia esperienza,  mi sono accorto che nei corsi specifici, quelli di preparazione per le certificazioni  “Trinity” o “Cambridge”, in realtà lo speaking, e quindi la conversazione, è l’aspetto che viene maggiormente trascurato, in quanto tutti gli esami in genere sono impostati sullo scritto. Spesso la preparazione di questi corsi è mirata a superare l’esame, piuttosto che acquisire il linguaggio, che per me è fondamentale. Oltre agli attestati che certificano le competenze, è necessario possedere queste competenze e metterle in pratica, ragion per cui ho scelto i testi  semplificati della letteratura internazionale che abbiamo analizzato durante gli incontri, al fine di sollecitare i partecipanti a dialogare il più possibile e superare quella barriera che si incontra quando si va all’estero e si chiedono informazioni alla reception o all’aeroporto. Naturalmente abbiamo messo in pratica le regole grammaticali che si studiano durante la scuola e non si praticano mai».
Sarà strutturato sempre nella stessa maniera?
«Sì, con un incontro a settimana dopo le ore 20 per comodità lavorative. Ho pensato di estendere questo progetto anche agli studenti,  prendendo accordi con gli insegnanti di Taranto che hanno dimostrato un’alta soglia di interesse.  I professori riscontrano difficoltà a fare “speaking” con una classe di 25 studenti, soprattutto considerando che bisogna seguire un programma ministeriale prestabilito, che prevede la grammatica e la letteratura  da spiegare nelle 2 o 3 ore di insegnamento previste durante la settimana. La mia attività sarebbe da supporto all’attività scolastica». 
Si svolgerà a scuola il programma per gli studenti?
«No, presso la libreria Mondadori in orario pomeridiano: saranno cinque incontri settimanali, uno per ogni classe, dalla prima alla quinta, per gruppi differenti ma con livelli omogenei, in maniera tale da formare delle classi di una ventina di studenti che vengono selezionati dalle diverse scuole. Gli studenti non si confronteranno con i loro colleghi, ma con quelli di altre scuole che provengono quindi da esperienze di studio differenti; sarà sicuramente importante confrontarsi per loro». 
Perché in Italia non si riesce a imparare bene l’inglese? La scuola italiana ha ancora molte lacune da colmare a differenza dei paesi del Nord Europa o anche dell’Est Europa, dove conoscono benissimo l’inglese. 
«Da noi in Italia anche l’Università, nella facoltà di Lingue e letterature straniere, in realtà è molto improntata sullo studio della letteratura e non della lingua parlata e pratica. Con il tempo, è cominciato a cambiare il trend e sono nate le facoltà prima di ”interpretariato”, mutato poi in Mediazioni linguistiche e culturali; il processo è stato lento. In particolare è da considerare che in Italia, così come in Francia e in Spagna, abbiamo il problema del doppiaggio dei film piuttosto che la sottotitolatura in lingua; nei Paesi dell’Est o in quelli Scandinavi per scelta, non c’è il doppiaggio e da piccoli sono abituati alla lingua originale. Capita spesso che molti abitanti dei Paesi dell’Est, parlino l’italiano perché per anni e anni hanno seguito il “Maurizio Costanzo show” o “Domenica in”, di conseguenza a loro riesce facile dimostrare le competenze che hanno acquisito in maniera recettiva». 
I corsi invernali dureranno tutto l’anno?
«No, rimarremo su questo formato, quindi un impegno settimanale di 8 incontri, in maniera tale da non scoraggiare chi si appresta a partecipare; naturalmente sono ben accetti i suggerimenti dei primi partecipanti per applicare delle correzioni».  
 
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor