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Dopo la tragedia/ Il ragazzo dai pantaloni rosa

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

7
MAR
2014
Teresa Manes è la madre di Andrea, che a 15 anni si è tolto la vita perché vessato da persecuzioni omofobe. Non ha superato il dolore e il senso di colpa, ma ora ha scritto un libro e parla con gli studenti, affinché ciò che accaduto a suo figlio non si ripeta più
 
“Il ragazzo si tolse la vita, il 20 novembre a Roma, forse per una delusione d’amore per una ragazza, una sua compagna di scuola del Liceo Cavour”: questo è quanto è emerso dall’inchiesta della Procura che ha chiesto l’archiviazione del procedimento. Il Pm ha escluso il bullismo quindi, ma le accuse della mamma, Teresa Manes, sono state più che pesanti, definendo atteggiamenti di scherno e di bullismo subìti dal ragazzo a scuola, di cui lei è venuta a sapere solo dopo la morte. A scuola, il Liceo Scientifico Cavour, è apparsa una scritta che lo definiva “frocio”; Andrea sembrava forte, ma ha deciso di farla finita con una sciarpa legata al collo dentro casa. La mamma di Andrea è stata a Taranto presso il circolo fotografico Il Castello e il caffè letterario Cibo Per La Mente per parlare del suo libro, di suo figlio e di quello che non sapeva o meglio vedeva, e che ha scoperto dopo.
Perché pantaloni rosa?
«Erano dei jeans che lavandoli si scolorirono, avevano assunto il colore rosa, Andrea voleva metterli lo stesso».
Perché ha scritto il libro?
«Ho rivissuto e risentito il dolore che mi accompagnerà a vita; attraverso il libro ho voluto documentare ciò che ho provato e che provo tutt’ora, con lo scopo che entri nelle ossa del lettore, per evitare che queste tragedie si ripetano. Ho scritto il libro anche per me stessa, per andare avanti, perché ho capito che il dolore è un’energia che va trasformata se non si vuole essere sopraffatti da esso. Non mi piace chiamarlo libro, piuttosto documento. Da quando l’ho scritto, mi reco nelle scuole e parlo con gli studenti, perché anche se il mio Andrea non c’è più, ci sono tanti Andrea che soffrono in silenzio a cui dico di trovare il coraggio verso sé stessi e di riprendersi la vita».
Cosa senti di consigliare agli adulti?
«Non ho molti consigli da proferire oltre che incitare di parlare con i propri figli … come madre mi sento un fallimento e il dolore che ho provato non sarà mai equiparabile a quello di Andrea. Quando si provano dei dolori estremi, bisogna intervenire sulla personalità, a un certo punto bisogna lasciarsi morire e nascere di nuovo. Ora ho imparato ad apprezzare di più la vita: nel libro parlo infatti di rieducazione del pensiero».
Qual è l’intervento della scuola?
«Nella scuola si sente parlare molto di omofobia e anche di bullismo, ma non esiste l’informazione: alcuni insegnanti risultano a essere persino dannosi».
Prima del gesto estremo e di leggere la chat su facebook, si è mai accorta che Andrea soffrisse? 
«No, mai. Poi mi sono guardata indietro e ho rivisto sguardi, atteggiamenti e tutto mi è tornato in maniera molto più chiara. Ho capito che Andrea si provocava mortificazione, ma io pensavo che fossero dei momenti, che fosse normale per un adolescente alzare un muro con i propri genitori e parlare con i suoi compagni di scuola e amici».
Adesso con il suo secondo figlio Daniele si comporta alla stessa maniera?
«Assolutamente no, perché adesso ho sviluppato alcune paure che mai vorrei si riflettessero su di lui; certo vorrei che Daniele vivesse in una campana di vetro, ma devo riuscire a trovare un equilibrio, evitare di maturare in lui delle insicurezze».
 



Commenti:

Anna netti 7/MAR/2014

Sono stata felice di conoscere una donna la cui forza mi ha travolta!!!

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