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Città a misura d´uomo/Leuca, come ti ridisegno il quartiere

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
AGO
2014

Il Piano di Rigenerazione Urbana ha consentito ai cittadini “governare” e scegliere la metamorfosi della storica zona di Lecce.

«Dalle loro finestre e sulle loro poltrone vedono passare generazioni di abitanti e cambiare la città. Hanno visto giovani famiglie invecchiare, gli studenti mescolarsi ai migranti, conoscono a menadito la storia di chi vive nel quartiere, gli aneddoti e gli eroi che sono mescolati alla quotidianità. Questi osservatori privilegiati fanno di mestiere i barbieri, i parrucchieri, la lavandaia, il riparatore di bilance, il venditore di motociclette. La loro vita su via Leuca è scandita dal passaggio delle auto, un rumore che tiene compagnia, e il via vai della gente di passaggio che molto spesso qui non sa nemmeno di essere in città, a pochi passi dal centro. Hanno idee piuttosto chiare sulla segnaletica, sul verde, sulla necessità di animare la strada, farla vivere» (Estratto da Parrucchieri e barbieri). Ogni città di medie o grandi dimensioni ha al suo interno un’area particolarmente esposta e sensibile al cambiamento socio-culturale, che catalizza e anticipa quelle che saranno le linee di tendenza del fenomeno su vasta scala. Nel caso di Lecce si tratta del popoloso quartiere Leuca, situato al confine con il comune di Cavallino, che dal 2009 è protagonista del Laboratorio del Piano di rigenerazione urbana promosso grazie alla Legge Regionale n. 21/2008 (“Norme per la rigenerazione urbana”). L’iniziativa, finalizzata al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, ambientali e culturali, si è articolata negli anni attraverso una serie di iniziative, tra cui appunto l’ideazione e realizzazione della brochure Parrucchieri e barbieri. Il soggetto capofila del progetto è stato inizialmente il Laboratorio Urbano Aperto nato a San Cassiano (Lecce) nel 2003, e costituitosi in associazione culturale nel 2005, coagulando attorno a sé un gruppo eterogeneo di professionalità «dall’architetto all’agronomo, dall’urbanista al funzionario pubblico, dal regista al comunicatore, dal sociologo al giornalista, dal filosofo e dall’esperto in scienze politiche al giurista, dal fotografo al musicista, dal professionista alla persona che ha a cuore i problemi del territorio, dall’esperto in animazione, partecipazione, mediazione a chi da sempre si adopera in vario modo e si spende per e all’interno della propria comunità, ai neofiti, ai visionari, ai realisti, tutti accomunati da una missione, che ciascuno modula e arricchisce in funzione del proprio retroterra culturale, disponibilità, sensibilità e competenze». Il metodo di lavoro adottato si caratterizza sin da subito come profondamente innovativo. «Il tentativo è di superare il concetto di partecipazione che produce consenso acritico adottando il potere della creatività che produce spazio e scenari futuri. Soggetto della progettazione partecipata è la persona. La persona vive il proprio spazio. Lo spazio è modificato dall’incontro con un’altra persona attraverso un processo di reciproca stimolazione creativa in forma di laboratorio. Pertanto, data la natura multidisciplinare, le attività e i campi di sperimentazione del Laboratorio Urbano Aperto sono eterogenei e multiformi, ma con obiettivi molto precisi: sperimentare, promuovere, fare progettazione partecipata, ricercando nuove relazioni tra il territorio e i suoi abitanti e/o ricostruendo rapporti storicamente persi e significativi per gli abitanti. Incentivare scambi culturali e promuovere la messa in rete di realtà che perseguano le medesime finalità, compresi enti pubblici e privati, associazioni culturali, consorzi, cooperative. Ricominciare a immaginare, pensare, programmare, progettare il presente e il futuro del proprio quartiere, della propria città, del proprio territorio significa riappropriarsi di una pratica troppo spesso snaturata, spersonalizzata, decontestualizzata, fatta sprofondare nella burocrazia e allo stesso tempo, un modo per tornare a essere e a sentirsi gruppo solidale, collettività, comunità». Tra le prime iniziative proposte, c’è stato il Dog Park “Lazzaro” ideato dall’associazione Randage, presentato durante il laboratorio Scusi, per Via Leuca? svoltosi nell’ottobre 2009, e basato su alcune brevi interviste, attraverso cui veniva esaminato il rapporto degli abitanti del quartiere con gli animali presenti nella zona. Così l’associazione presentò all’epoca il progetto: «l’intervento riguarda l’individuazione di un’area da destinare a area per cani liberi, luogo di incontro, ricreazione e socializzazione, che si aggiunge all’unica esistente a Lecce nella zona Palio. L’idea è nata dall’alto numero di cani di proprietà presenti nella zona, oltre che dalla presenza sul web di un gruppo su Facebook chiamato Aree cani liberi a Lecce con più di 600 iscritti. Peraltro, durante i dialoghi con alcuni abitanti e nel corso del planning for real, sono state indicate alcune possibili localizzazioni, quali: il Parco Tafuro, una parte delle cave e una piccola area localizzata in via Puccini, attualmente occupata da un parcheggio improvvisato. Inoltre, l’associazione promuoverà la costituzione di un comitato di gestione dell’area, con a capo un responsabile che si farà portavoce di richieste o di esposti nel caso di danni o di comportamenti inadeguati. La localizzazione e il dimensionamento di questa area, dipende anche dalla disponibilità della medesima, che si intende verificare con l’ausilio del gruppo di progettazione». Il Dog Park è stato poi effettivamente realizzato all’interno del Parco Tafuro, che ormai da dieci anni è uno dei principali luoghi di aggregazione del quartiere. Invece l’ultima iniziativa, in ordine di tempo, a vedere la luce nell’ambito del Piano di rigenerazione urbana è stata l’Orchestra popolare di via Leuca promossa dall’associazione culturale Papagna (composta da Raffaella Aprile, Emanuela De Giorgi e Rocco Nigro). «Il progetto, che nasce nell’ambito della dimensione sociale, si compone di tre seminari di preparazione e un workshop, dedicati al mondo della musica e allo scambio interculturale, con l’obiettivo specifico di creare un’orchestra. Lo scambio sonoro di culture, sarà un contributo attivo per la creazione di un repertorio musicale che unisca le canzoni tradizionali e religiose delle differenti etnie di cui il quartiere è popolato. L’orchestra si propone di generare queste nuove sonorità, frutto dell’incontro e della pratica di laboratorio e delle prove aperte a tutti gli abitanti del quartiere, che saranno presentate nell’ambito di un evento a coronamento del percorso intrapreso dall’associazione e da tutti i partecipanti». I seminari sono partiti a marzo, per poi “culminare” con un concerto il 6 giugno; un’occasione, questa, per presentare alla comunità l’orchestra quale “attrice” di primo piano nella vita del quartiere. Come tutti i cambiamenti socio-culturali, è impossibile determinare e quantificare a oggi profondità e ripercussioni dei progetti realizzati. Certamente però, se si vuole consentire alle comunità di agire, dirigere, “incanalare” proficuamente le rivoluzioni che attraversano il territorio, la strada da percorrere non può essere che questa. Perché l’assunzione di responsabilità passa, necessariamente, attraverso il coinvolgimento, all’insegna della riscoperta della creatività.



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