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Ugo Vairo/Una speranza per tutti

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

12
OTT
2012

 

Ritorniamo sul tema delle cardiopatie congenite grazie a una figura preziosissima per il nostro paese: il Direttore dell’U.O.C. di Cardiologia dell’Ospedale Pediatrico “Giovanni XXIII” che da Bari lancia un chiaro appello: “Autorità Regionali e Aziendali si attivino affinché la Cardiologia Pediatrica Pugliese possa diventare un modello da imitare”   
 
Ricorderete l’intervista fatta a Maria Palmitessa, presidente dell’Associazione A.B.C di Ester, uscita su un numero di Extra di circa qualche mese fa: si parlava dell’impegno a sostegno dei piccoli bambini cardiopatici e fu proprio in quella occasione che entrai a contatto con una realtà così complessa come la cardiopatia congenita. Navigando tra riviste, pagine internet e manuali di medicina alla scoperta di ulteriori informazioni e conoscenze, non solo ho appreso di tecniche diagnostiche invasive, come angiocardiografia e cateterismo cardiaco -che al solo pensiero metterebbero i brividi a chiunque-, ma ho anche avuto la fortuna di incrociare più volte il nome di un uomo, stimato da tutti e citato costantemente in omaggio alla sua bravura e professionalità, che oltre a rappresentare una vera e propria eccellenza del nostro paese, è anche cordiale, socievole e cortese: si tratta del Prof. Ugo Vairo, direttore dell’U.O.C. di Cardiologia dell’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari. La cardiochirurgia pediatrica è una branca della medicina di altissimo livello e, come lui stesso mi spiega, non è presente nemmeno in tutte le regioni italiane: per questo Vairo per tanti anni ha portato avanti un progetto volto ad aiutare i piccoli extracomunitari che altrimenti avrebbero avuto un solo destino segnato. Mentre parliamo di come impostare l’intervista, lui ribalta il mio intento iniziale di mettere in risalto il suo profilo medico e continua a ribadirmi gli unici due obiettivi per i quali si batte da lungo tempo, così capisco che il frutto di tutta la riconoscenza che ho letto nei suoi confronti non deriva solo dai suoi studi e dalle sue esperienze, ma dalla determinazione e dalla passione che lo portano a credere fermamente nella sua missione.
 
Prof. Vairo è direttore dell’U.O.C. di Cardiologia dell’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari: com’è la nata la scelta di specializzarsi nel campo della cardiologia pediatrica?
«La cardiologia pediatrica è una branca ultraspecialistica coltivata in genere da medici già specialisti in cardiologia e si è sviluppata in Italia come pratica prevalentemente ospedaliera. Io ho iniziato a occuparmi di cardiologia pediatrica presso l’Ospedale Monaldi di Napoli dove, grazie alla guida del compianto prof. Federico Marsico, uno dei padri della Cardiologia Pediatrica, è cresciuta una delle più grandi scuole per la diagnosi e la cura delle cardiopatie infantili».
 
Quali sono le tappe più importanti che hanno scandito la sua carriera professionale?
«Come ho già detto la formazione presso la cardiologia pediatrica di Napoli è stata fondamentale.  Il fascino e la passione per la cardiologia pediatrica era tale da spingermi al confronto con altre realtà: da Napoli mi trasferii a Roma presso l’Ospedale Bambino Gesù, dove rimasi per circa quattro anni in qualità di borsista e prima di entrare nel “ciclo lavorativo” ho effettuato alcuni periodi di perfezionamento presso il Children’s Hospital di Boston e presso l’Ospedale Ramon y Cayal di Madrid».
 
Nello specifico, cos’è una cardiopatia congenita? Quali sono le cause più diffuse che concorrono al generarsi di queste patologie?
«Una cardiopatia si definisce congenita se è presente sin dalla nascita. Tra le cause che provocano queste patologie può esserci sicuramente un fattore genetico, ma non dobbiamo sottovalutare che a volte possono essere causate anche dall'esposizione della madre a fattori ambientali dannosi, come radiazioni, abuso di alcool, farmaci e inquinanti, oppure a causa di malattie infettive contratte durante i primi mesi di gravidanza». 
 
È possibile effettuare una diagnostica più sicura tramite apparecchiature mediche come l’elettrocardiogramma o l’ecocardiografia, ritenute semplici e non invasive, ma nel caso del cateterismo cardiaco o dell’angiocardiografia, ci sono alcuni rischi che possono compromettere la vita del bambino?
«In queste ultime tre decadi, la cardiologia pediatrica ha subito una rapida evoluzione e gran parte dell'interesse e dei progressi si sono orientati verso lo studio e la cura dei neonati e dei lattanti.  Nell'ambito della diagnostica cardiologica, uno degli impul­si maggiori è venuto dall'impiego dell’ecocardiografia e questo lo dimostra il fatto che attualmente molti pazienti vengono indirizzati alla correzione chirurgica a partire dalla sola valutazione ecocardiografica. Il cateterismo cardiaco e l'angiocardiografia conservano, comunque, il loro tradizionale ruolo nella definizione diagnosti­ca di quasi tutte le cardiopatie congenite complesse e in parecchie valutazioni post-chirurgiche e ci tengo a precisare che se il numero dei cateterismi cardiaci diagnostici si sia notevolmente ridotto, lasciando il posto alle indagini ecocardiografiche, non altrettanto può dirsi del cateterismo terapeutico, che apre orizzonti sempre più ampi: oggi quasi il 70% delle cardiopatie congenite in storia naturale o post-chirurgica beneficia di un trattamento transcatetere. Purtroppo quella del cateterismo cardiaco è una pratica che spesso spaventa, perché è abbastanza invasiva, ma i rischi connessi a essa sono molto limitati. Inoltre, alla diagnostica tradizionale angiografica ed ecocardiografica si è affiancata la Risonanza Magnetica Nucleare che permette non solo studi morfologici ma anche valutazioni funzionali molto accurate».
 
A seconda della gravità delle patologie, negli ultimi anni c’è stato un progresso scientifico-tecnologico che attraverso tecniche terapeutiche e chirurgiche più avanzate, abbia permesso un aumento delle probabilità di vita di un bambino cardiopatico?
«Sì, grazie ai progressi della cardiochirurgia, della terapia intensiva, della diagnostica non invasiva e delle procedure di emodinamica interventistica, oggi l’85% dei bambini nati con anomalie cardiache raggiunge l’età adulta. In Italia i cardiopatici congeniti adulti sono circa 80.000 e ogni anno, circa 3500 nuovi soggetti entrano a far parte della comunità GUCH (Grown Up Congenital Heart Disease). Anche per i pazienti GUCH lo specialista di riferimento è il cardiologo esperto nella diagnosi e cura delle cardiopatie congenite».
 
Prima di stanziarsi a Bari la Sua eccellenza medica ha lasciato il segno in altri reparti di diverse città. Durante il suo periodo di lavoro in Basilicata è stato anche Presidente dell’Associazione ‘Ricerca e Progressi in Cardiologia Pediatrica’, attuando protocolli di collaborazione con l’Albania: di cosa si occupava il suo progetto?
«Prima di vincere il concorso per primario di cardiologia pediatrica a Bari, sono stato per dieci anni a Potenza presso l’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo dove ho praticamente fondato la Cardiologia Pediatrica Medico-Chirugica. Nella piccola Regione Basilicata, poco più di 500.000 abitanti, sono stati curati bambini cardiopatici e adulti con cardiopatia congenita provenienti da tutte le regioni limitrofe, compresa la Puglia. Affiancato da uno dei migliori cardiochirurghi d’Italia, il dott. Fiore Iorio, e da un ottimo cardio-anestesista pediatra, il dott. Giuseppe Adurno, insieme abbiamo ottenuto risultati brillanti che la comunità italiana dei cardiologi e cardiochirurghi pediatri ancora ci invidia e ovviamente, il tutto è stato reso possibile grazie all’appoggio costruttivo delle Autorità Sanitarie e Amministrative che hanno favorito notevolmente la crescita del Centro. 
Sono ancora presidente dell’Associazione Ricerca e Progressi in Cardiologia Pediatrica, la cui sede è stata trasferita a Bari, ma purtroppo non sono riuscito a proseguire nell’organizzazione di programmi di assistenza per i piccoli pazienti cardiopatici extracomunitari così come è avvenuto in Basilicata, dove per circa nove anni abbiamo curato bambini prevalentemente di nazionalità albanese. Durante quegli anni in Basilicata, è stato fondamentale il contributo finanziario della Regione (250.000 €/anno), la collaborazione della Caritas di Potenza e dell’Associazione Amici del Cuore di Matera e l’aiuto del Comune di Potenza che ha reso disponibili una serie di alloggi per i bambini cardiopatici con le rispettive mamme». 
 
Quindi come ha già accennato, da parte sua c’è ancora la volontà di riorganizzare un progetto simile rivolto ai bambini extracomunitari, ma …
«Sì, la volontà c’è tutta, ma la Puglia è una Regione grande con tante esigenze, per questo dal mio personale punto di vista, non è facile riuscire a promuovere e ottenere mezzi sufficienti per replicare un simile progetto. Tuttavia, si tratta di importanti iniziative che potrebbero aiutare bambini che altrimenti non verrebbero assistiti, dal momento che la cardiologia pediatria è una branca medica di alto livello, perciò è totalmente assente nei paesi più poveri e non è nemmeno tanto diffusa in tutte le regioni d’Italia, quindi la Puglia dovrebbe sentirsi onorata e soddisfatta di avere un reparto così qualificato. La cardiologia pediatrica medico-chirurgica, organizzata nel nostro ospedale come struttura di terzo livello (cardiologia, emodinamica, cardiochirurgia, terapia intensiva cardiologica)  è unica in tutta la Regione Puglia e se consideriamo che la Calabria e la Basilicata non hanno Strutture Complesse di Cardiologia Pediatrica, è facilmente comprensibile come la nostra Cardiologia Pediatrica sia la sola presente su un vasto territorio che va da Napoli in giù, tra l’altro i Centri di terzo livello di cardiologia pediatrica in Italia sono dodici di cui cinque presenti negli ospedali pediatrici di Torino, Genova, Firenze, Roma e Bari. Penso che tutto questo sia più che sufficiente a dimostrare la rilevanza che la Cardiologia Pediatrica dell’Ospedale Giovanni XXIII rivesta nello scenario nazionale e particolarmente in quello regionale, se si considera anche il nostro bacino d’utenza, perché accogliamo pazienti provenienti dalla Campania, dalla Basilicata e dalla Calabria. Ritengo che sia doverosa una maggiore attenzione e considerazione da parte delle Autorità Regionali e Aziendali. Tra i centri di cardiologia pediatrica prima citati, oltre la metà promuove, a mia conoscenza, progetti di assistenza per bambini cardiopatici di altre nazionalità. Io e il mio gruppo di medici infermieri, siamo disponibili ad assistere bambini cardiopatici extracomunitari con programmi di assistenza sia nel nostro Ospedale che nel loro paese di origine, ma tutto questo comporta organizzazione e soprattutto progetti da finanziare e al momento non mi risulta che ci sia questo grande interesse».
 
Che messaggio o consiglio darebbe a tutte le famiglie che vivono queste situazioni così delicate?
«Dopo lo sconforto nell’apprendere la notizia della cardiopatia di un figlio, il consiglio è sempre quello di affrontare il problema con razionalità e lucidità. Sia che si tratti solo di un sospetto, sia nel caso di una diagnosi accertata è sempre doveroso consigliare i pazienti sul centro di cardiologia pediatrica a cui rivolgersi e il nostro è attivo 24 ore su 24. Sono molti gli ospedali della Puglia che fanno riferimento alla nostra Cardiologia Pediatrica per vari tipi di problematiche che coinvolgono neonati, lattanti, bambini, adolescenti e adulti con cardiopatia congenita. Le principali attività che svolgiamo nel nostro centro sono: diagnostica prenatale, diagnostica cardiologica generale in età pediatrica, diagnostica delle cardiopatie congenite, diagnostica delle patologie non malformative, sorveglianza del cardiopatico congenito operato (anche di quello divenuto adulto), applicazione di tutte le procedure di trattamento transcatetere (emodinamica interventistica) delle lesioni cardiovascolari congenite. Le aree di eccellenza sono: ecocardiografia, ecocardiografia fetale, emodinamica interventistica, follow-up del cardiopatico congenito operato, diagnosi e trattamento delle aritmie in epoca neonatale. Quindi ringrazio tutti i medici e i pediatri che collaborano con noi nell’assistenza ai nostri comuni pazienti. Tuttavia nella nostra regione ci sono parecchie strutture cardiologiche e tanti medici che “by-passano” il Centro di Riferimento Regionale e devo ammettere che durante la mia esperienza in altri paesi, non ho mai avuto modo di registrare comportamenti così evidenti e sistematici come accade qui. Cerco di essere più chiaro facendo un esempio: per quanto concerne la diagnostica prenatale e soprattutto gli aspetti relativi alle informazioni da dare ai genitori riguardanti la malformazione cardiaca, siamo coinvolti, seppure coinvolti, solo tardivamente, in questo modo si verifica che il counseling parentale precoce non è fatto da specialisti cardiologi esperti in cardiopatie congenite, ma da specialisti di altre branche. Nulla da eccepire sulle capacità diagnostiche di alcuni di questi specialisti, ma è evidente e palese che non possedendo una formazione e una cultura cardiologica, possono trasmettere al primo incontro con i genitori informazioni imprecise, sbagliate e non autorevoli, che condizionano negativamente “l’iter gestionale” del feto con cardiopatia congenita. Oltre a registrare in regione un sovvertimento dell’incidenza delle cardiopatie congenite, assistiamo a un crescente numero di trasferimenti in utero di feti con cardiopatia, in altre regioni d’Italia. Capisco che qualche esempio negativo del passato abbia lasciato un brutto ricordo, ma oggi le cose sono cambiate e il nostro centro di Cardiologia Pediatrica può competere con i migliori centri Nazionali ed Europei e a testimonianza di ciò c’è la nostra attività scientifica, intrapresa a livello nazionale e internazionale».  
 
È il caso di dire che ogni volta che entra in una sala operatoria, nelle sue mani è affidata la vita di un bambino, quanto è difficile convivere con questa consapevolezza?
«Se sia facile o no è sempre il mio lavoro e la faccio con tutta la passione che c’è!».


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