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Salva-Taranto/ Il decreto che (non) convince

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

9
GEN
2015
L’Ilva finisce di nuovo nelle mani dello Stato, con un intervento pubblico temporaneo. Per la città sono previsti fondi per le bonifiche, risorse per il Porto e per il Museo. Tutto bene, quindi? In effetti no, visto che la ri-nazionalizzazione del siderurgico di fatto ha ottenuto l’effetto di posticipare i termini per l’applicazione dell’Aia
 
 
 
“Vuoi vedere che quest’anno la Stella Cometa ha sbagliato rotta e che, invece di fermarsi sulla Grotta di Betlemme, dove più di duemila anni fa nacque Cristo in un a misera e fredda mangiatoia, ha fatto la sua sosta sul capoluogo jonico?”. Era questo il commento a caldo dei tarantini il giorno di Natale, quando apprendevano dagli organi di stampa radiotelevisivi che il Consiglio dei Ministri aveva varato il giorno precedente, il “decreto salva-Taranto” “promettendo” una barca, anzi un bastimento, carico di miliardi di euro da destinare alla nostra città bimare.
Così comunicata la notizia ha avuto il sapore di un grande e inatteso regalo messo sotto l’albero di Natale luminoso di Piazza Maria Immacolata dal vecchio e sempre pur caro Babbo Natale. Ma a cosa dovrebbe o dovrà, il dubbio è lecito in questo caso, servire questa massa enorme di denaro? Con essa il “buon padre” di famiglia del Governo italiano, Matteo Renzi, avrebbe pensato di poter risolvere in maniera radicale e, quindi, definitiva, alcuni gravi problemi che assillano il capoluogo ionico e che ne fanno una città dai primati negativi per quanto attiene la disoccupazione, ma soprattutto il numero altissimo di decessi causati dall’inquinamento ambientale.
Atti della Procura alla mano sembrerebbe, almeno fino ad oggi, che l’unico imputato per i  guasti ambientali tarantino debba essere patron Riva, ma così non è, e lo sappiamo bene, perché è dall’intera zona industriale dell’area occidentale ionica che derivano i danni ambientali ed ecologici in generale.
Sul caso Ilva si attendono i giudizi della Magistratura nel processo in atto, intanto, l’Ilva sembra che sia diventata come la donna da tutti verbalmente rifiutata, ma che poi tutti vorrebbero sposare presto, e comunque. Vedasi la serie di proposte pervenute da alcuni continenti extraeuropei per rilevare il grande colosso d’acciaio della città di Taras.
Intanto è ancora lì, ma, nel frattempo, Renzi, ormai definito dagli italiani “il salvatore della Patria a parole”, è intervenuto nel citato decreto annunciando che l’Ilva sarà commissariata e che nel tempo potrebbe ritornare nelle proprietà dello Stato.
Come dire che il signor Renzi abbia dimenticato che prima di chiamarsi Ilva il colosso era semplicemente quarto Centro Siderurgico e che era alle dipendenze dell’Iri di un tale Romano Prodi, nome ricorrente in questi ultimi tempi per la corsa alla poltrona del Quirinale. Il tutto viene fatto sfavillare, come la stella cometa insegna, nello stesso giorno in cui viene definitivamente  cancellato il tanto discusso e chiacchierato articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il che significherà che, all’indomani della nuova proprietà statale dell’Ilva, lo stesso Stato potrà disporre come vorrà del personale che dovrà portare avanti la produzione dell’acciaio del Siderurgico.
Sempre con lo stesso denaro promesso si dovrebbe dar vita finalmente al rilancio del Porto industriale, alla  bonifica del quartiere Tamburi e della Città Antica e, come se fosse un pozzo di San Patrizio, ci sarebbe anche spazio per ridare lustro al già illustre, per sua natura, però, Museo Nazionale, da alcuni anni ribattezzato, con il nome di Martà.
Troppa grazia Sant’Antonio. Proprio nel giorno di Natale!
Gli entusiasmi del Sindaco, Ippazio Stefano, dovranno adesso vedersela con gli umori dei cittadini e dei sindacati e delle varie realtà operative del territorio; infatti si preannuncia una strada tutta in salita e per nulla in discesa.
In politica 36 mesi non sono una eternità e i giorni passano velocemente e, se nulla di concreto si vedrà, la situazione finirà per precipitare per un motivo molto semplice; infatti non si fa niente senza non ricevere qualcosa. Anche nel nostro caso il prezzo che Taranto dovrebbe pagare è quello di piegare nuovamente la testa al potere governativo che dovrà far passare “ope legis” la condotta del gasdotto di Tempa Rossa a pochi chilometri di distanza dalla costa ionica.
Nel giorno di Natale e dintorni, fateci fare, una volta tanto, il mestiere di indovino per dire subito che il risultato finale di tutta questa operazione sarà che Tempa Rossa andrà avanti con il suo gasdotto, che Renzi dovrà andare a scuola da Pinocchio per apprendere in quale orto dei miracoli piantare il suo zecchino d’acciaio perché possa fruttificare quegli alberi degli zecchini d’oro (meglio lo zecchino d’oro delle voci innocenti dei bimbi) per onorare i non pochi gravosi impegni assunti.
Se la nostra previsione dovesse avverarsi ce la vediamo già davanti agli occhi la scena, ridicola e drammatica al tempo stesso, di chi da una parte si strapperà le vesti per la disperazione, e, dall’altra, chi invece se la riderà a crepapelle.
Se fino ad oggi nel Martà poteva essere la bellissima riproduzione della testa di Eracle, colossale in bronzo, realizzato da Lisippo alla fine del IV sec. A.C. e collocata sull’acropoli tarantina e oggi in copia all’ingresso del Martà a farsi le risate presumibili, tra qualche mese del nascente 2015 ci sarà anche la copia della Persefone in trono, una volta a Taranto e oggi a Berlino, che farà, sempre in copia, bella mostra perennemente nel Museo Martà di Taranto, la cui eccellenza è sì legata a risorse economiche ma soprattutto a una progettualità che ne faccia un contenitore fruibile da parte di ogni studente come di un’aula didattica aperta pronta a descrivere, approfondire e incantare i tarantini e gli studiosi sulla meravigliosa e irripetibile storia magno-greca del capoluogo ionico. 
Altro che le promesse di Renzi!
 


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