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EMANUELE BARBATI/IO, SAN FRANCISCO E L´AMORE TORMENTATO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

26
OTT
2012

 

Una nuova voce si sta facendo largo nel panorama italiano. Si tratta di un giovanissimo lizzanese, il quale ha da poco inciso il suo primo album ufficiale. Alle soglie del tour che lo porterà in giro per l’Italia, ci parla della sua musica.
 
Ormai vi è un dato innegabile: la Puglia è una madre prolifica di talenti eccezionali. Lo dimostrano i numerosi emergenti che oramai occupano con grande savoir-faire lo scenario nazionale: parliamo di scrittori, artisti, ma soprattutto di cantanti. Sarà la nostra dieta mediterranea o il profumo di salsedine che in talune giornate arriva fino all’entroterra, non so. Ma nella nostra regione nascono alcune fra le voci destinate alla ribalta. Basti pensare a Emma, onnipresente sulle riviste di ogni genere; ad Alessandra Amoroso, che è stata una delle prime salentine a conquistare il grande pubblico; o ancora, a Pierdavide Carone e a tantissimi altri. Tutti usciti dai talent show, è vero. Eppure, se si scruta a fondo si può trovare ancora un viso nuovo. È il caso di Emanuele Barbati, giovanissimo cantautore, il quale dopo essere stato notato da un grande produttore, ha finalmente fatto uscire il suo primo disco ufficiale. Emanuele, lizzanese, è la dimostrazione di come il talento prima o poi trova il modo di emergere.
 
Il 3 ottobre è stata una data particolarmente importante per te, vero?
«Decisamente, perché è uscito il mio primo disco ufficiale: “Sulla stessa via”. Un album realizzato con il supporto e il sostegno di Puglia Sounds e con l’aiuto di un grande produttore musicale, Simone Bertolotti, il quale, oltre a essere il marito della nota cantante L’Aura eil tastierista di Elisa, è anche il produttore di alcune fra le personalità italiane di maggior rilievo, come Laura Pausini e Giusy Ferreri. È stata una grande soddisfazione per me essere notato da un professionista come lui. Prima di questo disco infatti avevo realizzato un altro album, “Come sempre”. Si trattava di un disco autoprodotto, poiché sentivo davvero la necessità di emergere in qualche modo e di cominciare perlomeno a farmi conoscere nell’ambito musicale».
 
Così giovane e hai già due album all’attivo: è ammirevole. Questa tua passione per la musica da cosa nasce? È innata o scoperta in seguito?
«Direi che è innata, poiché sono praticamente cresciuto in mezzo ai suoni e alla musica. Mio padre suonava la chitarra, per cui anche il mio approccio agli strumenti è avvenuto in maniera del tutto naturale. Si può dire che tutti gli eventi fondamentali della mia vita, tutti i percorsi intrapresi hanno avuto a che fare con la musica. Naturalmente ho voluto coltivare e migliorare questa mia inclinazione naturale; pertanto ho studiato prima pianoforte e poi sono approdato anche io, come mio padre, alla chitarra. Inoltre mi sono laureato in musicologia. Ritengo, insomma, che la passione e la tecnica debbano andare di pari passo.»
 
Di cosa parlano le tue canzoni? Hai un tema ricorrente?
«Diciamo che l’argomento predominante è senz’altro l’amore, e soprattutto quello tormentato. Ecco, parlare o meglio “scrivere”d’amore mi riesce facile, poiché spesso nei testi delle mie canzoni riesco a buttar giù sentimenti e sensazioni che a voce non saprei esprimere, se non attraverso il canto.»
 
Amore tormentato? Vuoi dire che sono canzoni autobiografiche?
«Più o meno. Nascono da una base fortemente autobiografica, da un mio vissuto personale, ma poi si allargano verso la fantasia. Partendo dall’evento reale cerco di dare sfogo all’immaginazione e all’inventiva, fantastico su ciò che sarebbe potuto accadere, su come poteva essere. In pratica ruoto attorno a una situazione realmente vissuta, immaginandone però diversi scenari.»
 
Insomma, come diceva Pirandello “la vita o la si vive o la si scrive”. Sei d’accordo?
«Beh, da alcuni punti di vista è proprio così. La scrittura, che sia riferita a un romanzo o al testo di una canzone, ti aiuta a esprimere sensazioni e a esplorare territori che non si conoscono in realtà, o che si conoscono in parte. La mente può viaggiare molto più lontano del corpo ed è in grado di arrivare laddove la realtà non ce lo permette.»
 
Immagino che ogni canzone sia un pezzo ‘e core. Ma ce n’è qualcuna a cui sei particolarmente legato?
«Amo tutte le mie canzoni, perché ognuna di esse è legata a un evento, a un periodo o a uno stato d’animo particolare. Tuttavia, probabilmente, i due brani che mi coinvolgono maggiormente sono “Acero” e “Scarpe gialle”. Il primo fa riferimento a una presa di coscienza di un amore che sta finendo. Il secondo, al contrario, di un amore che sta nascendo. L’inizio e la fine di una storia sono due momenti estremamente importanti nella vita di un uomo.»
 
Il titolo dell’album, “Sulla stessa via”, invece a cosa si riferisce?
«Richiama il titolo di una canzone che vi è all’interno e che a sua volta ha un significato ben preciso. Avete presente quella tipica frase che si sente dire quando si sta parlando di amori finiti, vecchi compagni di classe o amici di infanzia che poi non abbiamo più frequentato? “Le nostre vite hanno preso strade diverse”. Significa che alcune persone hanno condiviso per alcuni momenti la strada assieme a te, ma poi, a causa di scelte diverse, hanno preso altre vie. Ecco, io ho riflettuto su questo e sono arrivato alla conclusione che non si viaggia su strade diverse: la via è sempre quella; sono solo diversi i momenti. Chi si trova prima e chi dopo. Chi viaggia dietro di noi e chi invece è qualche passo più avanti. L’idea di due strade diverse presuppone l’impossibilità di incontrarsi nuovamente. Camminando, invece, sulla stessa via non è necessario dire addio alle persone perché basta rallentare o accelerare per ritrovarci di nuovo a condividere ilcammino.»
 
In questi giorni è in corso la promozione del singolo “Defaillance” il cui testo, se non erro, ha una caratteristica particolare.
«Esatto. È un brano interessante, poiché fa il verso a quelle canzoni d’amore italiane particolarmente smielate e melodiche. Prendo un po’ in giro questo genere di testo, che spesso cade nello stucchevole. Ho cercato di dire la mia, insomma. Il video di questa canzone, inoltre, è stato girato a San Francisco: un’esperienza straordinaria. Ci sono stato la prima volta per approfondire i miei studi ed è stato un grande piacere tornarci per girare il video di “Defaillance”. San Francisco è una città splendida, davvero.»
 
Dalla tua esperienza in America, hai avuto modo di riscontrare alcune differenze con l’Italia?
«Assolutamente. In primo luogo sono rimasto particolarmente e favorevolmente colpito dalla serietà dei produttori discografici, anche quando hanno a che fare con artisti emergenti. È straordinaria la loro professionalità, davvero fuori dal comune. Anche nella distribuzione vi è un’attenzione particolare, viene investito parecchio denaro. Negli Stati Uniti si crede nel valore dell’arte e della cultura, una cosa che nel nostro Paese purtroppo a volte manca. In Italia un ragazzo alle prime armi ha molta difficoltà a emergere, e questo è dovuto anche all’eccessiva preponderanza dei talent show. “Amici” o “XFactor” sfornano anno dopo anno un considerevole numero di cantanti, che rappresentano un porto piuttosto sicuro per le case discografiche, le quali non hanno timore di investire su di loro, poiché sono personaggi già noti e amati dal grande pubblico. È venuta a mancare la ricerca di giovani emergenti, il dover andare in giro per locali e concerti nelle piazze a caccia del talento su cui puntare. E questo è davvero un peccato.»
 
È vero: almeno il 70% delle voci “nuove” escono dai talent show. Quali sono invece i cantanti ai quali ti ispiri?
«Del panorama italiano, adoro i grandi cantautori come Francesco De Gregori, Niccolò Fabi e Daniele Silvestri. Insomma, cantanti che hanno qualcosa da raccontare, i cui testi delle canzoni narrano delle intere storie. Amo molto, però, anche la musica d’oltreoceano; in particolare mi piacciono Ben Harper e Bob Dylan. Inoltre mi sono avvicinato alla musica punk rock, sul genere dei Green Day, per intenderci.»
 
Come definiresti il tuo modo di fare musica?
«Mi rifaccio un po’ a quest’ultimo stile e cerco di creare un contrasto fra la musica, allegra e vivace, e il testo, malinconico e riflessivo.»
 
C’è una curiosità che mi affascina sempre quando mi trovo innanzi a uno scrittore o a un autore di testi. Hai dei riti particolari che esegui prima di metterti a scrivere? Non so, gesti scaramantici, meditazioni yogiche...?
«Ecco, questa è una cosa di cui mi sono accorto di recente. Se me l’avessi chiesto qualche tempo fa ti avrei risposto di no: non sapevo di averne. Eppure, mi sono reso conto di una piccola mania, non saprei se è proprio un rituale, ma di sicuro è una costante: quando lavoro al testo di una canzone devo avere la scrivania completamente sgombra da qualsiasi oggetto. Deve essere pulita. E poi accendo delle candele: creano atmosfera.»
 
Cosa ti riserva l’immediato futuro?
«Tra un po’ partirò con un Tour di presentazione del cd: terrò dei concerti in tutta Italia e non vedo l’ora di cominciare.»
 
Deve essere una bella emozione.
«Immensa. Tuttavia, non si tratterebbe dei miei primi concerti, anzi diciamo che sono un veterano del live. Ho cantato con diversi artisti, tra cui – e ti cito uno degli ultimi gruppi coi quali ho avuto l’onore di condividere il palco – i Sud Sound System. Collaborare con altri cantanti è una cosa che amo molto, perché ritengo l’unione di più voci non fa che raddoppiare i talenti. Come dicevo, ho già tenuto concerti e sono abbastanza avvezzo a questo genere di emozione. Però, devo ammettere che questa volta sarà diverso perché si tratterà del mio primo disco importante. È tutta un’altra storia.»
 
Come definiresti l’emozione di stare su un palco di fronte a centinaia di persone?
«Beh, l’emozione è indescrivibile ma credo di poterla riassumere in un’unica frase: sento di stare al posto giusto. Sento che quello è il mio destino, il luogo dove ho sempre sognato di essere.»
 
Qual è il tuo obiettivo finale, il tuo sogno più grande?
«L’obiettivo? L’obiettivo è quello di non arrivare, ma di continuare a camminare. Quando si arriva ci si siede e si sta fermi. Io mi auguro, invece, di non fermarmi mai e di andare sempre avanti.»


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