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Morti annunciate/Santa non doveva morire

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

28
DIC
2012

 

Un caso di stalking, drammatico come tanti, finito in tragedia. Un racconto di non vorremmo mai più ascoltare la cui fine. Se n’è parlato in un convegno a Martina Franca
 
"Stalking" è un termine inglese che significa cacciare, appostarsi, pedinare, inseguire, e nel significato più conosciuto, si riferisce prettamente a questo tipo di atteggiamenti che, ripetuti nel tempo, affiggono la vittima, molto spesso una donna, causandogli stati di ansia e paura, compromettendone la quotidianità o provocando disagi psico-sociali. Gli attori principali, quindi, sono lo stalker e la vittima.
Lo stalker è molto spesso un collega di lavoro, un ex compagno o un vecchio amico che cerca di recuperare un precedente rapporto andato perso. E' un individuo che ha subito un lutto a livello sentimentale, che ha risentito particolarmente dell'abbandono, e che non riesce a superare questo stato psichico. I sentimenti che prevalgono in lui sono di amore, desiderio morboso, rabbia, a causa del rifiuto e dell'allontanamento ricevuto, e vendetta. La vittima diventa un'ossessione per lo stalker: un’ossessione così intensa, che molti psicologi diagnosticano questo caso come "patologia". Purtroppo non esiste una cura per questo tipo di comportamenti. Lo stalker non se ne rende conto, ma per la vittima il suo comportamento diventa un vero e proprio incubo, da cui non ci si può risvegliare.
Un caso frequente: la donna non ha il coraggio di denunciare l'ex compagno; passano mesi ed anni in cui cresce a dismisura il senso di inquietudine e di abbandono; la donna si sente sola, scoraggiata, chiusa in se stessa e abbandonata al suo destino di vittima. E di solito non c’è un happy end.
Non sempre infatti si ha la fortuna di incorrere in organizzazioni come quella del "Quinto comandamento", un'associazione con sede principale in Napoli, e sedi distaccate in numerose regioni italiane, che offre, a chi voglia e ne abbia bisogno, un supporto reale e tangibile, a livello legale e psicologico, fungendo da punto di riferimento e da contatto con la polizia.  Un nucleo che si sta impegnando attivamente nel cercare di tutelare il diritto di libertà di queste persone, cercando di rafforzare la legislatura e cercare pene più rigide per chi viola in qualsiasi maniera la riservatezza altrui, anche evitando eventuali evoluzioni di queste "violazioni" ed episodi orripilanti che nessuno vorrebbe più dover sentire.
«Un martirio» lo definisce Annamaria Sporesi, sorella di Santa, giovane vittima di questo fenomeno. Santa era una ragazza piena di energia e di vita. Un vita stroncata dall'arrivo di un uomo che ha cominciato ad apparire, dapprima ad intermittenza, in seguito costantemente, in ogni luogo che lei frequentava. Come una densa coltre velenosa, aleggiava in ogni anfratto dei suoi pensieri angosciati. I giorni diventarono mesi, e i mesi anni, e Santa non varcava la soglia di nessuna porta da sola. Temeva così tanto in un folle gesto dello stalker, da sentire la necessità di dover essere sempre in compagnia di un familiare. Inutili i pellegrinaggi continui alla caserma della polizia.
«Signorina, piccolina com'è se avesse voluto farle del male gliel'avrebbe già fatto, non possiamo mica metterle la scorta» è la vergognosa risposta delle forza dell'ordine. La disperazione culmina in un uggioso giorno d'autunno. Per un fortuito e micidiale caso, Santa aveva deciso di tornare a casa sola, in auto. «Al massimo lo incontrerò sotto casa ad aspettarmi!», aveva ironizzato lei. O per meglio dire, aveva profetizzato. Perchè eccolo lì, sotto il portone di casa sua. Aggredita sotto gli occhi dell'intero condominio, invano è stato l'aiuto del padre che strappa di dosso le mani di lui dal corpo esanime di Santa, al grido «lasciami finire, che poi m'ammazzo pure io!».
Santa è una vittima dello stalking, come le 127 donne del 2011 e le 113 del 2012.
Vittime di follia.
Vittime di povertà legislativa, sociale e culturale.
Vittima di un mancato diritto di tutela della libertà della propria persona.
Gandhi diceva: «Ritengo che la donna sia la personificazione di quella che io chiamo "non violenza", che significa amore infinito capace di assumere il dolore. Permettiamo alla donna di estendere questo amore a tutta l'umanità. A lei è dato di insegnare la pace ad un mondo lacerato».
 


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